E’ il centro dell’economia nazionale e, in questa fase, pure della politica. Quanto accadrà in Lombardia sarà determinante per decidere l’assetto futuro degli equilibri parlamentari nazionali e, di conseguenza, quello del governo. Chi vince in Regione, alle politiche, si aggiudica 27 seggi in più al Senato. E, se il centrosinistra non conquista pure Palazzo Madama, sarà obbligato ad accordarsi con il centro di Monti. Secondo Alessandro Amadori, sondaggista fondatore dell’istituto di ricerca Coesis, tuttavia, non dobbiamo attenderci particolari sorprese. Specialmente, sul fronte della conquista del Pirellone. 



Sembra che l’annuncio del raggiungimento dell’accordo tra Lega e Pdl abbia, di recente, messo in ombra la candidatura di Ambrosoli

In realtà, l’annuncio non è ancora stato decodificato dagli elettori al punto da produrre effetti sulle intenzioni di voto. A differenza di quanto lascerebbe intendere il suo impatto mediatico, non ha determinato conseguenze. In sostanza, benché il quadro delle intenzioni di voto in Lombardia sia leggermente distinto da quello nazionale, rispetto al distacco tra i due schieramenti notiamo una certa analogia; in Lombardia è inferiore, ma pur sempre a vantaggio del centrosinistra.



Com’è possibile che l’annuncio dell’intesa non abbia prodotto risultati?

Era prevedibile. Tutti i sondaggi eseguiti in precedenza sono stati effettuati dando per scontata la coalizione di centrodestra formata da Pdl e Lega.

Eppure, un conto è assumere la coalizione come ipotesi verosimile, un altro rispondere ad un sondaggio quando la coalizione si è effettivamente costituita. L’elettore non è forse indotto psicologicamente a rispondere in maniera differente a seconda dei casi?

Non direi. L’elettore di centrodestra non avrebbe per nessuna ragione al mondo capito perché Pdl e Lega sarebbero dovuti andare separati. Assumere la coalizione come già formata è stato il metodo più naturale per formulare le domande.



Da cosa dipende, quindi, il tracollo dal centrodestra?

Gli elettori gli imputano la caduta del governo e la fine prematura della legislatura. C’è una regola non scritta destinata a verificarsi praticamente sempre: chi ha mandato in rovina la propria stessa maggioranza paga pegno. Anche in Lombardia c’è stato un terremoto politico, un processo di destrutturazione dell’offerta politica che ha disorientato gli elettori del centrodestra. Non si capisce perché il processo di sgretolamento dovrebbe essere diverso da quello che si è determinato a livello nazionale. A meno che in campagna elettorale non venga elaborato un progetto innovativo in termini di idee e contenuti in grado di rianimare il dibattito tra gli elettori, non sarà possibile invertire il trend.

A quanto ammonterebbe il distacco tra i due principali schieramenti?

Direi che il distacco tra il centrodestra e il centrosinistra, anzitutto, è attorno ai 5-6%. Una forbice decisamente inferiore al 10-15% nazionale, ma pur sempre sufficiente per destinare il centrosinistra alla vittoria.

Attorno a che percentuale si collocano?

Il centrosinistra veleggia sul 35%, il centrodestra attorno al 30%. Quest’ultimo, se consideriamo anche la presenza del movimento del Tremonti, resta in ogni caso su questa cifra. Al limite, si può ipotizzare un incremento di 1 punto percentuali.

E Albertini?

La sua lista, più quelle di centro che lo sostengono, sono date attorno al 5-6%. Si trattata della candidatura che nelle intenzioni avrebbe dovuto scompaginare le carte in tavole mentre è stata giocata, tutto sommato, in sordina.

L’opposto di quanto sta accadendo sul piano nazionale

Esatto. Mentre all’indomani delle politiche il centrosinistra, se non otterrà la maggioranza anche in Senato, sarà costretto ad allearsi con il centro per governare, in Lombardia può farne tranquillamene a meno. Sta di fatto che, considerando l’analogia tra le due elezioni, anche alle politiche il centrodestra mi pare destinato a perdere la Lombardia.

Albertini sarà candidato anche al Senato nella lista di Monti; se, conscio della probabile sconfitta, facesse un passo indietro dalla candidatura in Regione (cosa che, finora, ha detto di non essere intenzionato a fare)?

Si tratterebbe dell’unica vera variabile in grado di modificare il quadro. Se si ritirasse dalla competizione, facendo confluire i suoi voti su Maroni, il distacco dal centrosinistra potrebbe affievolirsi notevolmente.

Il resto dei voti a chi andrà?

All’area  che si colloca a sinistra del Pd e ai grillini.

 

(Paolo Nessi)