Il centrodestra stacca il centrosinistra del 3,5% nelle elezioni politiche in Lombardia ed è in testa con il 35,7%. E’ quanto emerge dall’ultimo sondaggio di Renato Mannheimer, da cui risulta una crescita rispetto a quanto rilevato da Roberto D’Alimonte lo scorso 8 gennaio, secondo cui a livello regionale Berlusconi era al 32,5%. Ilsussidiario.net ha intervistato Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia dal 1970 al 1974, e fondatore dell’osservatorio politico Globus et Locus.



Per quali motivi in Lombardia il centrodestra avrebbe superato il centrosinistra nei sondaggi per il Parlamento?

E’ un fatto che si spiega con la dinamica dei mutamenti di consenso che la cosiddetta “rimonta” di Berlusconi sta mettendo in moto. L’accordo Lega-Pdl e la convergenza di Formigoni, che a sua volta porta in dote un certo numero di voti, spiegano i risultati del sondaggio di Mannheimer. La vittoria tattica che questo accordo garantisce a Berlusconi sta mettendo in atto una controtendenza pericolosa per l’ipotesi di una vittoria della sinistra. Una difficoltà della sinistra in Lombardia, considerata come l’Ohio delle prossime elezioni politiche, avrebbe un ovvio impatto strategico a livello nazionale. Ciò dimostra come abbia funzionato l’intuizione di Berlusconi, secondo cui l’operazione chiave era riuscire a mantenere l’unità anche elettorale in Lombardia. La Lombardia si conferma vicina al centrodestra, come avviene da diverse legislature.



Per quale motivo?

La Lombardia è una regione ricca, in cui gli “have” sono di più degli “have not”. I possidenti e i soddisfatti non sono i più adatti a scegliere il cambiamento e la redistribuzione, e dovunque c’è soddisfazione per la propria condizione di benessere, la tendenza a non amare il rischio del cambiamento è congeniale. Per questi motivi la Lombardia tende a preferire lo status quo al cambiamento.

Quindi i motivi sono esclusivamente di tipo economico?

No, non dobbiamo dimenticarci che fin dall’epoca di Manzoni la Lombardia ha una tradizione di moderatismo nei rapporti con la famiglia e la religione. E ciò si spiega con il fatto che è una regione con una forte tradizione di presenza valida della Chiesa ambrosiana. Un altro fatto che di solito gli intellettuali trascurano è che la Lombardia non è Milano. La metropoli è il luogo dell’innovazione, del progresso e del cambiamento, e in quanto tale è di sinistra. L’antagonismo nei confronti di Milano spinge dunque i lombardi a scelte diverse da quelle della città capoluogo.



Secondo lei il Pdl è in testa anche nelle elezioni regionali?

Sono in modo convinto tra gli sponsor di Ambrosoli, e del resto ho collaborato molto alla vittoria di Pisapia. Anche sabato sera il candidato governatore del centrosinistra mi ha citato per due volte come un termine di riferimento esperienziale. Ciò però non mi porta a dire che la vittoria di Ambrosoli sia una strada in discesa. Non sarà facile battere un avversario forte come Maroni, che ha un alto indice di notorietà, è stato un buon ministro degli Interni e porta avanti un discorso molto interessante per esempio sull’euro-regione.

 

Un candidato leghista può riuscire davvero a conquistare il Pirellone?

 

Il fatto che Maroni sia leghista suscita il sospetto di una visione chiusa, anziché aperta quale sarebbe indispensabile per rendere progressista l’idea dell’euro-regione. Maroni però riporta la Lega a Miglio piuttosto che a Bossi. L’idea di lasciare il 75% delle tasse sul territorio è inoltre pieno di serietà e di suggestioni, in quanto a tutti gli elettori piacerebbe trattenere i soldi che invece sono prelevati da parte del Fisco. Per tutte queste ragioni, ritengo che la vittoria di Ambrosoli sia tutt’altro che scontata e che vada conquistata con una campagna elettorale che non sarà facile.

 

Che cosa ne pensa della proposta di Ambrosoli di una banca regionale per lo sviluppo?

 

La trovo una buona idea. La Regione, su mia proposta, aveva già creato una finanziaria, valida per una fase in cui il problema dello sviluppo lombardo sembrava meglio influenzabile con degli strumenti finanziari piuttosto che bancari. Oggi però è avvenuta una trasformazione dell’economia lombarda, la cui conseguenza è stata la presa di ruolo e di importanza delle piccole imprese e la trasformazione verso il terziario, due settori che hanno più problemi di banca che di finanza. Una banca regionale per lo sviluppo potrebbe quindi giocare un ruolo positivo per la nostra economia.

 

(Pietro Vernizzi)