Grazie ad Area C gli ingressi delle auto nella Cerchia dei Bastioni sono calati di 41mila unità al giorno. E’ il bilancio a un anno dall’entrata in vigore della congestion charge, che ha portato nelle casse comunali introiti da oltre 13 milioni di euro. Ilsussidiario.net ha intervistato Simonpaolo Buongiardino, amministratore di Confcommercio Milano.



Ritiene che a un anno dall’entrata in vigore il bilancio di Area C sia positivo?

E‘ giusto cercare di perseguire gli obiettivi di miglioramento della città, e tra questi c’è sicuramente la fluidificazione delle strade. E’ nello stesso tempo sbagliato attaccare sempre l’auto, che è una delle massime espressioni di libertà. Permette cioè di muoversi secondo il proprio modo di essere, vivere la città e trasportare gli oggetti di cui si ha bisogno. In linea di principio, Confcommercio è sempre stata contraria ad Area C, ma ci rendiamo conto che da qualche parte bisogna cominciare e quindi non abbiamo fatto le barricate. Abbiamo quindi giocato la carta del dialogo per modificare l’impianto della congestion charge in modo da renderlo meno impattante.



Quali sono state le conseguenze della vostra scelta di puntare sul dialogo?

Dal punto di vista del traffico di servizio siamo riusciti nel nostro intento, così pure per quanto riguarda l’aumento del numero di piazzole di scarico e scarico. Rimane invece irrisolto il problema della limitazione di accesso per l’utenza privata, che si ripercuote in una minore vendita all’interno dei nostri negozi. E’ un problema che è rimasto insoluto, abbiamo provato a risolverlo con i Giovedì di Milano, che però non sono ancora decollati. La nostra proposta è quella di cercare di mitigare gli effetti di Area C con lo spegnimento anticipato. Ci proveremo ancora quando il provvedimento a marzo-aprile dovrà essere convertito da sperimentale in strutturale, cercando di lavorare sull’orario di spegnimento per anticiparlo.



I negozi a Milano hanno subito delle conseguenze per l’introduzione di Area C?

Sì, anche se sono conseguenze che si sommano alla crisi dei consumi, e quindi è difficile dire fino a che punto siano state causate dall’Area C.

Lei che cosa nei pensa della class action dei residenti contro Area C?

Il presupposto della class action è che in quanto residenti non devono pagare per rientrare nelle loro abitazioni. Quando escono non pagano nulla, perché le telecamere rilevano solo le entrate, mentre quando rientrano si trovano a pagare. In linea di principio mi trovo d’accordo con i residenti sul fatto che sia una cosa fastidiosa e anche un po’ discutibile. Certo è che se, anziché alle 19.30, le telecamere si spegnessero alle 18 i residenti non avrebbero questo problema. Gli interessi dei cittadini e quelli dei commercianti vengono quindi a coincidere.

 

In quali altri modi l’Area C poteva essere gestita meglio?

 

Avrei preferito un provvedimento più legato all’emissione di gas. Le vetture più moderne e quindi meno inquinanti avrebbero potuto non pagare, e a seconda delle emissioni le auto sarebbero state divise in classi ciascuna delle quali sarebbe stata tassata in modo diverso. Si sarebbe così introdotto un concetto pregnante, incentivando l’utenza a ringiovanire il parco auto. Una vettura nuova è certamente meno inquinante di una che ha più di cinque anni. Sarebbe stato quindi preferibile e anche più rispettoso degli obiettivi di Area C.

 

Il fatto di investire i proventi di Area C su mezzi di trasporto e bike sharing è qualcosa di cui può beneficare anche il commercio?

 

Fin dall’inizio l’amministrazione ha parlato dell’utilizzo di queste risorse nella gran parte per lo sviluppo della mobilità sostenibile. Quando Palazzo Marino interviene sul ripianamento dei conti dell’Atm compie un atto dovuto, in quanto indipendentemente da Area C è qualcosa che tutte le amministrazioni precedenti hanno sempre attuato. Il bike sharing è invece una cosa interessante, nella linea di tendenza della slow motion e tra l’altro con biciclette ben fatte e robuste. E’ quindi un servizio decisamente interessante, anche se la realizzazione di nuove piste ciclabili non deve andare a scapito di pedoni, automobilisti e motociclisti.

 

(Pietro Vernizzi)

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