Sarà che il cardinale Angelo Scola non è più una novità da scoprire, sarà che siamo in campagna elettorale e quindi “di politica non si può parlare”, ma il tradizionale incontro tra l’arcivescovo di Milano e i giornalisti in occasione della festività del loro patrono, san Francesco di Sales, è andato come doveva andare: una riflessione e un dibattito su cosa significhi informare e su cosa questo significhi soprattutto per i giovani. Giovani oggi più che mai “fuori dal recinto” dell’informazione, del lavoro, della politica ma che sono nel cuore dell’arcivescovo, che del rapporto con loro – vedi l’incontro che si è svolto giovedì 24 in Università Statale ma amplificato in tutta la diocesi attraverso la diretta streaming e i social network – ha fatto un fattore distintivo del suo magistero. Unico rimbalzo mediatico fuori tema il riferimento alla eventualità di un nuovo Concilio, dichiarata da Scola non necessaria in quanto a forma perché “basta attuare compiutamente il Vaticano II”.
Ad introdurre l’incontro, che ha visto il dialogo con l’arcivescovo condotto da Enrico Mentana, l’anteprima dei risultati dell’indagine, promossa dall’Istituto Toniolo, sui Millennials, ossia i giovani che hanno compiuto i 18 anni dopo il 2000, in pratica gli under 30. Focus del professor Alessandro Rosina, coordinatore della ricerca, ovviamente sul settore riferito all’informazione. Una generazione, quella tra i 18 e i 29 anni, che è la prima interamente digitale, che – parole di Mentana – “è curiosa, ha strumenti di conoscenza impensabili fino a pochi anni fa, letteralmente il mondo in tasca con lo smartphone, ma che poi non ha nient’altro. È una generazione che vive il dramma di una socializzazione virtuale che è un placebo per una socializzazione reale inesistente”. Ma i Millennials, dice la ricerca, sanno essere disincantati: se guardano al mondo dei giornali online ritenendoli più affidabili di quelli cartacei e dell’informazione televisiva, non confidano però che tramite il mondo digitale possa affermarsi una vera innovazione della società e della politica. Senza speranza, quindi?
Il cardinale Scola, citando lo scrittore francese Charles Péguy, ricorda che “per sperare bisogna fare un’esperienza di gioia, e che per questo bisogna essere in rapporto con l’altro”. Quindi il problema dei giovani non è solo dei giovani perché “educa e costruisce civiltà una comunità di adulti che sa passare la propria esperienza. Il fatto è che la generazione tra i 30 e i 50 anni, quella su cui si deve appoggiare la rinascita, è come afasica”. Quindi, riprendendo una metafora calcistica introdotta da Mentana, il cardinale ricorda che “per mettere la palla al centro bisogna partire dalla realtà con tutte le sue sfaccettature. I valori infatti non sono un elenco, sono tali solo se esercitati. E dove faccio esperienza di questi valori? Nel reale”.
Il problema quindi, sottolinea l’arcivescovo, è “non tirarsi fuori dalla realtà, cosa che invece in molti – e anche diverse realtà ecclesiali – fanno”. La “tirata d’orecchie” riguarda anche i giornalisti. “Occorre rendere la realtà così com’è”, richiama il cardinale Scola, “lasciarsi interpellare da lei e comunicarla per quello che è. Troppo spesso viene invece scambiato il verosimile con il vero; è un discrimine sottolissimo, ma essenziale. Voi giornalisti dovreste andare a rileggervi le “prescrizioni” dettate dal vostro patrono nella Filotea: seguite sempre l’interpretazione più benevola del fatto, interpretate sempre a favore del prossimo, se un avvenimento ha cento aspetti fissate lo sguardo sul più bello, quando il peccato non è scusabile, abbiate compassione…”
“Come dire? Tutto questo è attualità”, ha sottolineato con uno dei suoi arguti sorrisi l’arcivescovo. Che, al termine, si è preso un’altra licenza rispetto all’inopportunità di parlare di politica in campagna elettorale quando ha ricordato come “l’Italia dei mille campanili è stata costruita da uomini del Movimento cattolico e del Movimento operaio che, dopo una lunga giornata di duro lavoro, si mettevano gratuitamente ad amministrare i propri comuni. E la politica era un’altra cosa…”
(Daniela Romanello)