Le campagne elettorali in corso hanno un’enorme potenzialità: possono introdurre un principio basilare di Meritocrazia nella nostra Società e in Regione Lombardia, che potrebbe candidarsi a diventare una sorta di laboratorio per un’Italia migliore. Nell’attuale situazione di crisi infatti e con un panorama futuro incerto, nessuno può ritenere al sicuro i suoi “diritti acquisiti”, a maggior ragione se sproporzionati, poco utili alla società e discutibili. Nessuno può pretendere un contributo pubblico per la propria causa personale se non ha valutato preventivamente che la collettività non ritenga vi siano cause più meritevoli. Le Regioni, grazie alla potestà legislativa sancita dalla Costituzione, potrebbero rivelarsi all’avanguardia nel processo di ridefinizione delle procedure di reclutamento e di gestione del Personale Pubblico, anche ricoprendo un ruolo esemplare nei confronti degli altri soggetti pubblici e privati. Potrebbero essere pronte, quando i vincoli economico-finanziari lo consentiranno, a favorire l’ingresso di nuove forze e professionalità nei nostri enti. Inoltre, grazie alla loro dotazione finanziaria e al loro ruolo politico, avrebbero il compito di incentivare politiche di merito nel mercato del Lavoro, nell’Economia e nell’Istruzione.
Regione Lombardia è un ente abbastanza efficiente ed equilibrato, anche in relazione alla sua gestione dell’ambito sanitario e delle spese per il personale, ma il nodo dell’efficienza e della qualità delle risorse umane – il famoso Merito – resta una questione centrale per un’Amministrazione agile, che costituisca un valore aggiunto, e non un peso, per il territorio di riferimento. Quello che spaventa non è la spesa in sé né il numero complessivo dei dipendenti, ma la scarsa attenzione agli aspetti di selezione, valutazione e incentivazione del Lavoro, che vengono quotidianamente mortificati dal clientelismo politico, dal modello organizzativo iperburocratico, dalla tutela di diritti astratti e non sempre meritati o di bisogni che dovrebbero essere l’oggetto e – non il soggetto – dell’attività dell’Amministrazione Regionale.
Regione Lombardia si deve impegnare a garantire procedure trasparenti, imparziali ed efficaci, privilegiando la sostanza e il riconoscimento del Merito, oltre che la semplice osservanza della legittimità formale. E’ doveroso rispetto al fabbisogno di competenze delle nostre organizzazioni, nel pieno rispetto del principio costituzionale circa l’accesso alle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso. Un nuovo approccio al reclutamento delle risorse umane e all’analisi di quelle nuove competenze necessarie al pubblico impiego, va di pari passo con l’integrazione del mercato del lavoro pubblico con quello privato. Solo prevedendo nuove forme di selezione, preselezione e introducendo un ultimo “colloquio motivazionale”, che consenta ai dirigenti di scegliere le risorse più adeguate tra le finaliste del concorso, si potrà realizzare quello scambio tra competenze maturate in campi diversi che tanto servirebbe per rendere più competitivo tutto il Paese. Questo principio deve riguardare anche le nomine “di fiducia”, che non devono diventare la “camera di compensazione” della politica, dove restituire crediti acquisiti. Possono invece trasformarsi in ulteriori ambiti dove esprimere competenze e idee, anche – ma non solo – di natura politica. Un’ulteriore idea per aprire il mercato del lavoro pubblico, che tende ad essere regionale e molto chiuso: prevedere l’introduzione di un “incentivo al trasferimento” per quei candidati meritevoli, che siano disposti anche a spostarsi dal territorio d’origine, con la finalità di supportare una vera “Cultura dell’amministrazione pubblica”.
Saranno necessarie misure di Management e Spending Review sui costi del personale e delle forniture ed un conseguente piano di riallocazione degli esuberi, anche tramite l’introduzione di misure di sostegno al reddito e di politiche attive per chi perde il lavoro. Allo stesso tempo, sarà necessario introdurre un piano di valutazione del Management e di riduzione degli stipendi fuori mercato, in modo da mantenere in pianta organica i dirigenti che hanno un costo produttività allineato al Mercato, invece di licenziare tutti in una logica di spoil system.
Bisogna separare nettamente quanti lavorano in modo eccellente, interpretando correttamente il ruolo della P.A. e sono una risorsa per l’Amministrazione, retribuendoli ed incentivandoli correttamente, da chi e’ stato assunto solo per lenire uno stato di bisogno o per motivi clientelari e che comunque non riesce a cambiare atteggiamento culturale di fronte alle sfide del nuovo millennio. Questi ultimi vanno aiutati diversamente, con supporti e sostegni extralavorativi, che non possiamo approfondire in questa sede.
Per chi invece rimane bisogna prevedere una serie di “novità”:
Nuovi contratti di lavoro basati sul Merito, che valorizzino gli obiettivi raggiunti, la partecipazione ai progetti e non la sola anzianità in azienda.
Forme di conciliazione tra lavoro e vita familiare, con introduzione del telelavoro.
Incentivi economici e professionali per chi amministra bene con obiettivi di medio lungo periodo (obiettivi su diminuzione dei costi, aumento del numero di laureati e giovani, obiettivi di qualità nel servizio al cittadino etc.).
Incentivi interni con obiettivi di breve e medio periodo per l’erogazione di retribuzione variabile (e non “a pioggia”).
Introduzione di una forma di valutazione sul raggiungimento degli obiettivi di performance propedeutica ad una riconferma nel ruolo al termine del periodo di gestione di una società partecipata.
La cultura italiana può ben sposarsi con servizi ad alto valore aggiunto, senza continuare ad investire solo in settori tradizionali, ma facendo scelte coraggiose e innovative, che monetizzino la nostra sensibilità, creatività e concretezza, valorizzando il Talento nostrano. Sarebbe sufficiente un piccolo incentivo per dare ossigeno ad un settore che potrebbe portare il nostro Paese verso la modernità, invece di privilegiare investimenti solamente per infrastrutture e costruzioni fisiche. Investire nel settore dei servizi, altamente concorrenziale e “veloce”, in cui il gradimento possa essere definito direttamente dal mercato, significa abolire tutti quei costi burocratici e quelle condizioni legislative che non gli hanno permesso finora di decollare.
Allo stesso modo, una società moderna deve dotarsi di servizi alla persona professionali, evitando di caricarne tutto il peso sulla popolazione femminile. I primi quattro risultati di questa forma di investimento sarebbero: 1. Un aumento importante dei posti di lavoro, anche grazie all’emersione del lavoro nero. 2. Un incremento di servizi migliori e a minor costo per le imprese ( internet, IT, e-commerce, internazionalizzazione, consulenza, selezione etc) e per le famiglie ( assistenza domiciliare, trasporto, asili nido etc.) 3. Un moltiplicarsi di occasioni di impiego qualificato per i laureati in materie umanistiche ed economiche, che faticano a trovare lavoro, e per gli over 50, che l ‘hanno perso. 4. Un aumento del tasso di occupazione femminile, grazie ad un maggiore equilibrio di genere nei lavori di cura di bambini e anziani e nei lavori domestici.
Le politiche del lavoro legate al settore privato sottendono una grandissima potenzialità per il nostro Paese. Fino ad oggi sono state sprecate moltissime risorse in formazione, in cassa integrazione e mobilità, che non solo non hanno risolto i problemi dei cittadini, ma in alcuni casi li hanno addirittura aggravati. Regione Lombardia deve impegnarsi per spostare il focus del suo intervento dalla formazione e da politiche di sostegno al reddito a misure di politiche attive, che facilitino un incontro tra domanda e offerta e che diano sostegno e orientamento a giovani e donne. La Regione dovrebbe essere la “cabina di regia” di un sistema misto pubblico/privato che valorizzi i tanti attori dell’intermediazione, che svolgono un ruolo positivo anche a livello sociale. Verrebbero così abbattuti quei rimedi da assistenzialismo vecchio stampo, che rischiano paradossalmente di distogliere alcuni da una sana ricerca dell’occupazione, oltre che il personale in esubero degli Assessorati e delle società pubbliche competenti. Il fattore Merito andrebbe introdotto a maggior ragione nella gestione delle crisi aziendali pubbliche o private.
La gestione degli esuberi non dovrebbe avere come unici parametri l’anzianità e la numerosità del nucleo familiare, ma dovrebbe prevedere delle formule di valutazione del Merito effettivo di ciascun lavoratore. E’ giusto che lavori chi ha investito tempo, passione ed energia, conquistando con fatica e impegno un ruolo e non chi ha più figli, ma magari “occupa” una sedia in un ufficio, lavorando il meno possibile. I primi rafforzano le aziende e il sistema Paese, i secondi creano un danno a tutti. Chi ha reale bisogno e necessita di un aiuto non sarà abbandonato, ma supportato da altre forme di assistenza sociale.
In una Regione come la Lombardia, eccellente a livello europeo, non si può tollerare un sistema formativo inutilmente burocratico e non al passo con i tempi. In particolare l’Università deve trasformarsi per essere più vicina al mercato, alle nuove tecnologie, alle nuove competenze richieste. Deve diventare più internazionale e passare dalla tutela di chi ci lavora alla tutela di chi la frequenta: i professionisti di domani. Sono necessarie una serie di modifiche, alcune da parte del Ministero dell’Istruzione.
Per esempio:
La revisione delle graduatorie con l’inserimento di parametri che valutino percorsi con alternanza pubblico/privato e insegnamento/lavoro, ovvero più aderenti al mercato.
La valutazione dell’esperienza professionale accanto agli altri parametri o a pubblicazioni talvolta discutibili.
L’introduzione di una soglia minima di giovani come docenti di ruolo.
L’attinenza ad una graduatoria internazionale degli atenei nella concessione di fondi pubblici.
La predominanza di professionisti di una certa età a ricoprire ruoli manageriali e di controllo garantisce certamente una tutela in termini di esperienza acquisita sul campo. L’altro lato della medaglia però è il rischio di una certa insensibilità a progettare il futuro con gli occhi di chi deve viverlo, guardando invece al passato con logiche conservatrici. Per invertire questo trend potrebbero essere introdotti criteri di inserimento per i giovani, le minoranze etniche e le sensibilità femminili nei CDA, nei partiti, nelle Associazioni di rappresentanza dei lavoratori. Alcuni criteri tecnici di eleggibilità, come l’aver maturato una precedente esperienza nel ruolo o l’aver ricoperto incarichi dirigenziali per almeno 5 anni, non rappresentano necessariamente il miglior termometro del Merito e andrebbero sostituiti o affiancati da criteri che non escludano gran parte del Talento e dell’energia rivolta al futuro del Paese.