Il comune di Milano, dopo il via a libera in consiglio comunale arrivato il 7 luglio, inizierà a raccogliere il testamento biologico dei milanesi. Diventa infatti operativo – a partire dall’11 novembre – in largo Treves 2 l’ufficio preposto. Da gennaio lo sportello si trasferirà nella Casa dei diritti, che il Comune aprirà in via De Amicis 10. Palazzo Marino anticipa così il Parlamento sulla strada del riconoscimento di un diritto che il legislatore non ha ancora riconosciuto in maniera definitiva; il testamento biologico è infatti ancora privo di valore legale, mancando ancora una legge in materia. Ma di cosa si tratta in concreto? Il testamento biologico, in poche parole, è l’insieme delle dichiarazioni e delle disposizioni scritte spontanee – che chiunque può lasciare a medici e familiari – in cui vengono messe nero su bianco le proprie volontà per quanto riguarda il “fine vita”, sia in caso di morte sia nell’eventualità che si cada in uno stato di coma irreversibile o di totale incoscienza. Presso l’ ufficio dell’assessorato alle Politiche sociali sarà così possibile depositare le “attestazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari”. Nello specifico, con questa formula, si fa riferimento a prelievi e trapianti di organi e di tessuti in caso di morte cerebrale. Il cittadino che vorrà usufruire del servizio, potrà inoltre indicare se desidera la cremazione e la dispersione delle ceneri. La delibera del 7 luglio si appella all’articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”. Inoltre, “gli atti depositati al registro possono essere richiesti dal dichiarante o da persona di sua fiducia, ma anche dal responsabile della struttura sanitaria presso cui si trova la persona”. Il fine ultimo è quello di stimolare il legislatore nazionale, dopo il provvedimento sulle unioni civili . Ecco cosa ha dichiarato l’assessore Pierfrancesco Majorino: “Continuiamo sulla strada dei diritti, con semplicità, contando sulla partecipazione dei cittadini e chiedendo al parlamento di uscire dal suo surreale immobilismo”.



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