Qualcuno si ricorderà qualche anno fa, esattamente nel settembre 2009, una clamorosa protesta di Daniela Santanché in coincidenza con la fine del ramadan. Si era recata con altri esponenti dell’allora Movimento dell’Italia fuori della Fabbrica del vapore di Milano, spazio concesso agli islamici per festeggiare la fine del ramadan per una manifestazione contro l’uso del burqa. Successero fatti mai del tutto chiariti, con gli islamici che lamentavano il suo tentativo di strappare il velo ad alcune donne, fino a quando uno di loro l’avrebbe spintonata facendola cadere a terra. Ci furono le ovvie denunce del caso, anche perché l’uomo autore dello spintone venne identificato. Adesso per quegli episodi si sta celebrando il processo: il pubblico ministero ha chiesto per la Santanché un mese di reclusione e 100 euro di multa per il reato di manifestazione non autorizzata. Invece per il suo aggressore, un egiziano di nome Ahmed El Badry, sono stati chiesti 2mila euro di multa. Per la Santanché sono state chieste tutte le attenuanti del caso per essere incensurata e per aver collaborato con la giustizia; per l’egiziano nessuna attenuante in quanto ha colpito una persona, per di più di sesso femminile.