“I manager del Corriere della Sera sono del tutto privi di un piano industriale ed editoriale, e sono mossi soltanto dal disegno politico di Sergio Marchionne e John Elkann”. Lo afferma Gianni Gambarotta, ex direttore di Corriere Economia ed attuale direttore strategie di PMS. La decisione del Cda di Rcs di vendere la storica sede di via Solferino al fondo Usa Blackrock in cambio di 120 milioni di euro ha portato alla diffida formale da parte del comitato di redazione del Corriere, rivolta innanzitutto all’amministratore delegato Pietro Scott Jovane. Come sottolinea Gianni Gambarotta, “la vera domanda che dobbiamo porci è per chi lavori Scott Jovane”.



Gambarotta, per chi lavora Scott Jovine?

Lavora per John Elkann, con l’obiettivo di mettere in atto la fusione tra il Corriere della Sera e La Stampa. La Fiat è azionista al 100% de La Stampa ed è il primo azionista del Corriere della Sera. Il progetto in corso è quello di unire le due testate, e chi controllerà entrambe sarà John Elkann. 



La ritiene un’idea vincente?

Dal punto di vista dell’informazione è un progetto demenziale. La fusione tra i due quotidiani non fa che unire le rispettive debolezze, dimenticando inoltre che il pubblico delle due testate è diverso. L’unica cosa che ha senso è mettere insieme le concessionarie di pubblicità e i centri stampa. Le testate devono però rimanere distinte, in quanto i lettori più fedeli sono legati al loro quotidiano e fonderle può creare disaffezione.

Che cosa c’è all’origine di questa idea che lei giudica sbagliata?

C’è il fatto che nessuno tra i vertici di Rcs ha delle competenze editoriali. Scott Jovine viene da Microsoft dove era semplicemente abituato a eseguire le decisioni prese negli Stati Uniti. Una volta approdato ad Rcs si è trovato ad essere il comandante di un’armata Brancaleone. A mancare è infatti un progetto editoriale e industriale per Rizzoli/Corriere della Sera.



Lei ritiene che John Elkan sia uno sprovveduto?

Non è affatto uno sprovveduto, ma è sostanzialmente un uomo di potere. In questo momento ha dei progetti industriali che gli interessano molto di più del futuro di Corriere della Sera e Stampa. Ha però capito che i giornali d’opinione sono molto utili a chi detiene il potere e non vuole perderlo. Nell’ottica di uno spostamento del baricentro di Fiat dall’Italia agli Stati Uniti, un saldo controllo su Corriere della Sera e La Stampa può essere molto utile.

Elkann e Marchionne vogliono poter dettare le loro condizioni al governo?

Il disegno di Elkann e Marchionne non è quello di condizionare la politica, ma semplicemente di avere gli strumenti per difendere le loro scelte negli stabilimenti Fiat nei confronti di eventuali attacchi da sindacati e partiti.

 

Qual è il ruolo che assume la vendita del palazzo di via Solferino nella strategia complessiva?

Il punto è che una volta che uno ha venduto i gioielli di famiglia, anche se fa cassa nell’immediato, alla lunga si ritrova al punto di partenza. L’anno scorso Rcs ha venduto la casa editrice francese Gallimard, poi le testate periodiche, adesso la sede di via Solferino.

 

Qual è la ragione di queste svendite?

Il Corriere si trova nella stessa situazione di tutti gli altri grandi quotidiani, con la differenza però che il management precedente ha compiuto delle acquisizioni a prezzi folli indebitando la casa editrice. La conseguenza è che ora devono vendere tutto un pezzo dopo l’altro, a differenza di Repubblica che non ha una situazione di indebitamento. La stessa Repubblica sta attraversando diverse difficoltà, in quanto non rende più e cerca di compensare facendo funzionare il web. Il fatto però di non avere i 2,25 miliardi di euro di debiti di Rcs consente al quotidiano di Ezio Mauro di avere una navigazione più tranquilla.

 

(Pietro Vernizzi)