Ieri il Consiglio regionale della Lombardia ha provato l’intollerabile esperienza della violenza.

Un piccolo gruppo di studenti ha interrotto i lavori del Consiglio regionale, impegnato nella discussione della legge di bilancio, accusando la maggioranza di voler ridurre le risorse per il diritto allo studio. 

E questa è la prima forma di violenza, operata nei confronti delle istituzioni democratiche e dei principi che regolano il confronto, anche caratterizzato da prese di posizioni fortemente discordanti, tra maggioranza e opposizione; perché ogni discussione tra i rappresentanti dei cittadini non può che avvenire nel rispetto delle regole fondamentali della democrazia, che oggi sono state umiliate.



L’amarezza è aumentata dalle dichiarazioni di esponenti del Movimento 5 Stelle che dichiarano solidarietà ai violenti, invece che difendere le istituzioni di cui fanno parte.

Ma ieri vi è stata anche violenza fisica, nei confronti degli uomini delle forze dell’ordine, che hanno prima subìto lanci di uova e vernice e poi hanno dovuto fronteggiare un raggruppamento organizzato, poche decine di persone che più che studenti sembravano guerriglieri, con caschi, scudi, bastoni e volti coperti. L’inevitabile scontro ha visto quattro agenti medicati in ospedale, a cui va tutta la mia solidarietà.



Infine, l’ultima violenza è quella contro la ragione, la violenza che rifiuta non solo di capire, ma persino di ascoltare. I responsabili della violenza erano attirati solo dallo scontro fisico, non avendo per nulla interesse a conoscere i provvedimenti della legge di bilancio ed in cosa consiste il diritto allo studio in Regione Lombardia. Un approccio pre-politico, velleitario e aggressivo, l’esatto contrario di quei principi di libertà ed eguaglianza che loro stessi affermano di perseguire.

Non mi rivolgo quindi a questi rissosi, perché non meritano nessun dialogo, ma agli studenti, alle loro famiglie, ai docenti ed ai dirigenti scolastici, ed a tutti i cittadini che sono realmente interessati, come me, alla qualità dell’istruzione.



Una qualità confermata ancora dai recenti dati Ocse-Pisa sulle competenze acquisite dagli studenti quindicenni, che hanno evidenziato come la Lombardia si collochi al di sopra della media Ocse in tutte le aree di indagine, ponendosi al livello altri Paesi di prima categoria, come la Finlandia, i Paesi Bassi, il Belgio, il Canada. Sono i risultati del modello lombardo, che coniuga la qualità con l’efficienza e con la lotta agli sprechi.

Anche le risorse per il diritto allo studio devono quindi essere utilizzate con oculatezza, per le famiglie veramente bisognose e per riconoscere quei servizi che effettivamente rendono effettivo il diritto allo studio. 

Questi supporti, che consistono principalmente nei servizi di mensa, trasporto, fornitura di libri di testi, sono operati essenzialmente dai Comuni e dalle Province, sulla base delle norme statali e grazie a finanziamenti originariamente trasferiti per questo scopo.

Per dare un ordine di grandezza, si consideri che gli ultimi dati Istat ci dicono che i Comuni lombardi spendono ogni anno circa 695 milioni di euro, e le Province altri 113 milioni, per servizi di mensa, trasporti, libri di testi, servizi educativi, per la scuola primaria e secondaria, esclusa la scuola dell’infanzia ed esclusa l’edilizia scolastica.

Sono cifre enormi, mentre la Regione interviene, in una logica di sussidiarietà verticale, per sostenere le situazioni di necessità, a partire dal trasporto scolastico per gli studenti disabili, prima con 2,5 milioni ed ora con ulteriori 10 milioni sulla base del recente accordo con l’Unione delle Province Lombarde.

In tale situazione la dote scuola fu istituita nel 2008, utilizzando le risorse statali trasferite per le borse di studio e la fornitura dei libri di testo, allora pari a 20 milioni. Inizialmente i fondi statali coprivano tutto il fabbisogno mentre, nel tempo, da un lato è aumentato il numero dei beneficiari e quindi il costo complessivo (arrivato a quasi 37 milioni), dall’altro le risorse statali sono scese a soli 5 milioni.

Parallelamente, il ministero dell’Istruzione, mentre ha ridotto le risorse per le azioni regionali, ha attivato interventi a gestione diretta, come il recente “Welfare dello studente”, contenuto nel decreto legge del ministro Carrozza (poi legge 128/2013), che destinerà risorse agli studenti per pagare il trasporto scolastico. Oppure con il recentissimo ddl del Governo che prevede la detrazione fino a mille euro per l’acquisto di testi scolastici.

A queste condizioni la Regione, in ossequio ai principi di buon governo, non può che concentrare le risorse del proprio bilancio sulle famiglie più bisognose, evitando interventi che si sovrappongono con quelli già attivi del ministero, dei Comuni e delle Province.

Spenderemo al meglio i 10 milioni complessivi disponibili, attraverso l’individuazione di indicatori efficaci, per i quali auspichiamo che la riforma dell’Isee risolva alcune situazioni non sostenibili, tra cui la situazione di redditi prodotti all’estero, dando un giro di vite al fenomeno dei finti poveri, ma anche al contrario prevedendo trattamenti più favorevoli per i nuclei familiari numerosi, per chi ha a carico una persona disabile, per chi si trova in stato temporaneo di inattività lavorativa.

In questo senso abbiamo inteso qualificare la spesa pubblica di Regione Lombardia per la promozione della qualità ad ampio raggio, dal rinnovato investimento di 60 milioni in edilizia scolastica, al potenziamento della scuola digitale, al mantenimento della possibilità per le famiglie anche non benestanti di poter accedere alle scuole paritarie, allo sviluppo delle scuole universitarie professionali, ma soprattutto alla prosecuzione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, a cui si iscrivono ormai il 18 per cento degli studenti usciti dalla scuola secondaria di primo grado e che non esisterebbero se la Regione non li finanziasse con quasi 100 milioni del proprio bilancio.

Questi sono i veri compiti della Regione, che come Giunta perseguiamo con convinzione e competenza, al di là di ogni uso strumentale degli studenti e della scuola, che abbiamo visto operare non solo dal M5S, ma persino dal Pd, che si conferma un partito attirato dai movimenti di vuota contestazione nonostante il nuovo corso prospettato da Renzi.