I musulmani di Milano, in attesa di una Moschea dove professare il proprio credo, sono pronti a fare ricorso al Tar del Lazio, per vedersi riconoscere le proprie ragioni, forti di una legge regionale (la numero 12 del 2005) che, di fatto, stabilisce l’obbligo di individuare luoghi specifici per le funzioni religiose. Dopo le parole di apertura di Francesco Cappelli, assessore al dialogo interreligioso, le associazioni musulmane meneghine studiano l’azione legale contro il comune di Milano, facendo per di più affidamento su un precedente, quando il Tar accolse un ricorso analogo della comunità islamica di Sesto Calende. Ma il portavoce del coordinamento delle associazioni islamiche, Davide Piccardo, sembra smorzare i toni e annuncia: “Il ricorso è una delle ipotesi sui cui stiamo ragionando”, ma continua ad invocare a gran voce la realizzazione di una moschea costruita secondo adeguati criteri architettonici. Palazzo Marino prende tempo: a due anni e mezzo dall’insediamento di Giuliano Pisapia, il rapporto della giunta con le comunità musulmane non è certo decollato. Le comunità musulmane sono però stanche. di aspettare. Roberto Biscardini, consigliere comunale socialista, incalza Palazzo Marino: “Dopo due anni e mezzo si è riflettuto abbastanza, bisogna agire”. Rimane insoluto il problema dell’area da destinare, non ancora individuata. Piccardo dichiara: “Se potessimo acquistare un’area da privati lo faremmo, ma è la legge a prescrive che sia assegnata una zona idonea. Noi non chiediamo contributi pubblici. Siamo pronti, abbiamo un progetto preliminare e la garanzia di finanziamenti, da privati italiani e anche dall’estero, da fondazioni e donatori, nel rispetto totale delle leggi”. E conclude: “Vorremmo vederci riconosciuto un diritto, che in questo caso dipende, però, dalla volontà della politica”.