Gabriele Albertini non la manda a dire. Né a Formigoni (proseguiremo quanto di buono è stato fatto, dice, ma “non ci appartiene una certa logica clientelare che ha inquinato la bontà del sistema”), e men che meno a Maroni, di cui accusa pesantemente il “neocentralismo regionale”. “Sul buono scuola cincischia, dice e non dice e il perché è presto detto: non ci crede, come non ci ha mai creduto il suo alleato Tremonti, il ministro delle tasse dei governi Berlusconi-Maroni”. E ancora: “Serietà nella politica vuol dire non creare illusioni folli con slogan demagogici come il 75% di tasse al Nord o l’abolizione dell’Imu”. Senza risparmiare, naturalmente, Ambrosoli. Dal rapporto con Formigoni al programma su famiglia e lavoro, dalle unioni omosessuali alle “avances” di Bersani, ilsussidiario.net ospita oggi un Albertini a tutto campo.



Albertini, Ambrosoli ha fatto (prima di lei) il suo Patto civico. In che cosa la sua “Lombardia civica” è più civica del Patto di Ambrosoli?

Vorrei precisare – per onore di cronaca – che la prima candidatura civica è la nostra. Se ne è parlato già alla fine dell’estate. Anzi, dopo le prime “avances” – andate a vuoto – da parte del centrosinistra all’avvocato Ambrosoli perché si candidasse, io gli avevo proposto di lavorare insieme al progetto di un nuovo governo della Lombardia.  E infatti la nostracandidatura, ancora oggi, è l’unica a non avere alle spalle gli apparati dei partiti che – grazie al finanziamento pubblico – possono permettere ad Ambrosoli (come del resto anche a Maroni) di condurre una campagna con dovizia di mezzi.



Tutti parlano di primato della Lombardia in Europa. Lei come lo intende?

La Lombardia è la Regione più avanzata, quella che dialoga alla pari con le principali realtà come Baviera e Rhone Alpes. Produce il 28% del prodotto manifatturiero italiano, è la porta principale per operare in Italia ed essere al centro del mondo, è ancora oggi la locomotiva economica d’Italia e produce un Pil pari a quello della California. Va preservata e sviluppata nelle sue eccellenze.

Maroni dice di voler fare una macroregione con le altre Regioni del Nord. Che ne pensa?

Se parliamo delle Macroregioni pensate da Gianfranco Miglio in un celebre studio della Fondazione Agnelli, ritengo che siano un valido contributo perché si possano mettere a sistema forze e strumenti. Se le dobbiamo interpretare come l’avamposto delle politiche egoistiche e demagogiche promosse dalla Lega e come fonte di ricatto verso lo Stato centrale, non le considero neanche.



Lei non è di sinistra, infatti ha militato per lungo tempo nel Pdl. Perché un elettore di centrodestra dovrebbe votare lei e non Maroni, alleato del Pdl?

Rivendico il mio percorso politico sin qui condotto. Ho portato l’esperienza professionale e imprenditoriale negli incarichi che ho ricoperto, a partire dalla guida di Milano. Ritengo – come altri amici, tra cui Mario Mauro – di interpretare la parte moderata del centrodestra italiano, quella liberale e riformista che trova come naturale sbocco e riferimento il Partito Popolare Europeo, che guarda all’Europa non come una realtà da sfuggire, ma come un’opportunità. E’ tempo di superare una fase politica in cui la demagogia e il populismo hanno prevalso. Logiche di cui la Lega da una parte e il presidente Berlusconi con i suoi fedelissimi dall’altra, sono l’esempio principe. Dobbiamo avere il coraggio di portare avanti politiche con quell’autentico spirito riformista che animò De Gasperi nel dopoguerra. Serietà nella politica vuol dire concretezza e soprattutto non creare illusioni folli con slogan demagogici come il 75% di tasse al Nord o l’abolizione dell’Imu. 

Formigoni ha rivendicato, nei suoi quasi vent’anni di governo, una politica fondata su un nuovo rapporto pubblico-privato. Tale modello non dovrebbe dispiacere neppure a lei. Ci dica cosa non ha funzionato e che cosa lei intende fare in proposito

Quello che è stato fatto in questi anni – nella sanità, con il sistema dell’accreditamento; per la libertà di educazione, con il buono scuola; per il welfare,  con politiche di sostegno alla famiglia e alle nascite – ha prodotto risultati eccellenti: i bilanci in pareggio da anni nella sanità parlano da soli. E’ una visione che ci appartiene e che vogliamo accrescere. Quello che non ci appartiene è una certa logica clientelare che ha inquinato la bontà del sistema; e quello che ci preoccupa per il futuro sono gli accordi appena stipulati con la Lega e la sua visione statalista, che rischiamo di buttare a mare quel modello.

 

Sanità e istruzione: ci dica perché votare Albertini e non Maroni.

Perché Maroni ha una concezione diversa della sussidiarietà e una visione neocentralistica regionale. Se si legge il suo programma, ad esempio, sul buono scuola “cincischia”, dice e non dice e il perché è presto detto: non ci crede come non ci ha mai creduto il suo alleato Tremonti, il ministro delle tasse dei governi Berlusconi-Maroni. Essendo per noi una conquista di assoluta civiltà introdotta in Lombardia, non solo vogliamo mantenere il buono scuola ma potenziarlo, sapendo che bisognerà trovare nuove risorse nella virtuosità del sistema e in nuove opportunità di entrata come il federalismo demaniale, di prossima attuazione. Ed ecco quindi evidente una delle tante criticità nell’alleanza tra Lega e Pdl. Immagino l’imbarazzo di molti esponenti del fu Popolo della Libertà rispetto a questa visione differente da parte dei barbari sognanti.

 

Ambrosoli promette un tasso di occupazione al 70%. E lei?

Non intendo illudere nessuno. L’obiettivo della crescita occupazionale, come il mantenimento dei posti di lavoro, è uno dei primi punti del nostro programma, ma siamo fermamente contrari a logiche dirigiste che vedo sempre più animare settori che sostengono Ambrosoli: vedi alla voce Fiom/Sel. Vogliamo puntare alla liberalizzazione dei mercati, allo snellimento della burocrazia per l’avvio di attività, a fondi di  garanzia per finanziamenti da parte delle banche, tassazione ridotta a zero per gli stage e forme di incentivo per gli apprendistati. Fondamentale, inoltre, un riequilibrio – con un ruolo di player da parte della Regione – tra domanda e offerta di lavoro: meno parrucchieri, più tornitori. Questo vale per diverse aree della nostra Regione che non vedono assorbire la domanda di lavoro proveniente dalle aziende in quanto manca manodopera. Incentivi alle aziende non solo piccole ma anche medie – quelle che più competono con i mercati globali – per creare nuovi posti di lavoro in ambito di ricerca e sviluppo. Nella medesima logica va sviluppata un’immigrazione programmata, che consenta di dare dignità e sicurezza a chi lascia il proprio Paese e risposta positiva e trasparente alla domanda del mercato del lavoro e della società.

 

La campagna elettorale nazionale ha visto l’intervento del card. Bagnasco il quale ha esortato i cattolici ad essere uniti sulle “questioni eticamente sensibili”. Iniziamo dal dibattito sulla famiglia sollevato di recente.

Il nostro pensiero al riguardo è quello di Bagnasco, ma anche quello espresso nella Costituzione italiana: la famiglia è costituita da una coppia composta da uomo e donna, ed è aperta alla procreazione. La procreazione è il motivo fondante della prima cellula dell’organismo sociale che è appunto la famiglia. Non è necessario essere cattolici per riconoscere che la famiglia sta all’origine della storia dell’umanità ed è presente in tutte le civiltà, di tutte le epoche, compresa quella attuale.

 

Ma ci sono anche coppie omosessuali. Lei cosa pensa in proposito?

Non possono essere considerate famiglia. Apparteniamo a una civiltà tollerante in cui non vi sono divieti, riguardo l’unione tra persone omosessuali. Sono però dell’idea che il codice civile sia più che sufficiente per garantire a questo tipo di unioni tutte le tutele necessarie. O che comunque qui si debba intervenire per tutelare le convivenze etero o omosessuali di fronte a circostanze non previste – penso al recente caso Bevilacqua – senza equiparare automaticamente le convivenze alla famiglia.

 

Non crede sia dunque necessario introdurre il matrimonio?

No e come me la pensano tantissimi omossessuali che non desiderano affatto questa omologazione verso “la normalità eterosessuale” e che ritengono – del tutto laicamente – che i diritti dei bambini, compreso quello di crescere confrontandosi con l’identità maschile e quella femminile, siano più importanti dei desideri degli adulti.

 

Lei cosa intende fare per le famiglie lombarde?

Intendo metterle nelle condizioni di svolgere positivamente e liberamente il loro ruolo di accoglienza, cura, educazione: ad esempio garantendo un’assistenza domiciliare sempre più completa che consenta ai malati e agli anziani – anche non autosufficienti –  di continuare a vivere in famiglia. O permettendo alle mamme e ai papà anche di stare a casa, invece che dare una cospicua parte dello stipendo alla baby sitter. O ancora, coinvolgendo i pensionati in forme integrative di welfare: dalla custodia dei bambini al doposcuola ai piccoli servizi alla quarta età. Analogamente intendo promuovere una tassazione proporzionata al numero di componenti familiari; e che tenga conto dei costi di certe scelte: voglio introdurre ad esempio uno sgravio ulteriore – oltre a quello previsto dallo Stato – per quelle coppie che decidono di affrontare un’adozione internazionale i cui elevati costi sono ben noti. E’ un aiuto che sento importante a fronte di un atto di amore che varca i nostri confini.

 

Cambiando argomento, come giudica la presa di posizione di Formigoni e la sua candidatura per il Pdl al Senato in Lombardia?

È stata una sua scelta che non condivido. Una scelta fatta per convenienza politica, l’ha detto lui stesso in conferenza stampa. Molti altri vicini a lui, come Mario Mauro, ma non solo, hanno continuato per la strada intrapresa, riconoscendosi nei valori del Ppe e rifiutando questo rapporto di sudditanza del Pdl alla Lega. La virata di Formigoni, inoltre, ci ha messo anche in grandi difficoltà.

 

Come mai?

Perché in tre mesi di lavoro con lui avevamo sviluppato una rete di contatti, con aree e personalità politiche di tutta la regione con cui avevamo stabilito un percorso di collaborazione, che di colpo è venuta meno. Ci siamo trovati in pochissimi giorni a dover affrontare uno sforzo gigantesco per riuscire a raccogliere quasi 13mila firme in tutta la Regione senza avere un apparato di partito e senza avere un euro che non sia il contributo privato di chi ci vuole aiutare. Ce l’abbiamo fatta e non era scontato.

 

Quanto spenderà lei in campagna elettorale?

Quello che avevo programmato era di spendere circa 400mila euro. Come detto, sia Maroni che Ambrosoli hanno alle spalle gli apparati di partito che dispongono del finanziamento pubblico. Noi no. La nostra è anche una scelta di sobrietà. Vedere tappezzare la Lombardia di costosissimi manifesti di  sei metri per tre quando molti lombardi fanno fatica ad arrivare alla fine del mese ci fa dire di no: è uno schiaffo alla miseria.

 

Maroni ha detto che chi vota Albertini fa vincere Ambrosoli, mentre Monti ha detto che il suo Movimento potrà mettere in difficoltà la Lega. Si sente davvero vincente o sta solo ricoprendo il ruolo del “disturbatore”?

Guardi, il sondaggio più recente che ho avuto modo di vedere mi dà al 15% con una lista civica neonata, senza nessuno alle spalle se non il civismo dei cittadini lombardi. La Lega, invece, che ha il suo segretario che è stato ministro dell’Interno fino a poco più di un anno fa, che è un partito che può spendere milioni di euro e che è in campo da oltre 30 anni, viene data alle stesse percentuali. Vorrei poi aggiungere una cosa molto interessante riguardo alla Lega.

 

Dica pure.

Come si legge nel libro Lega Spa – I politici, la famiglia, il malaffare di Alessandro Da Rold, il fautore della trasformazione del finanziamento pubblico, cancellato dal referendum e trasformato in rimborso elettorale, di fatto quadruplicando i proventi per i partiti, è stato proprio l’allora tesoriere della Lega, Maurizio Balocchi, scomparso nel 2010. Ecco come “Roma ladrona”, quindi, paga i manifesti elettorali e tutti i costi ingentissimi della campagna elettorale del “barbaro sognante”.

 

Ieri Bersani si è rivolto al Presidente Monti per chiedere indirettamente a lei un passo indietro. Come commenta?

Voglio dire chiaro e forte che non abbiamo nessuna intenzione di ritirare la nostra candidatura. Noi siamo centrali; noi prendiamo voti sia dal centrodestra – ci riteniamo, forse con un po’ di orgoglio, la parte migliore del centrodestra, quella rimasta allo “Spirito del 1994”, della prima Forza Italia – sia da quell’elettorato di centrosinistra spaventato dalle commistioni con Sel/Fiom e ora Ingroia. Invito Bersani a concentrarsi nella competizione. Noi, con Movimento Lombardia Civica, corriamo per vincere. Puntiamo ad essere determinanti per il futuro e per il benessere della Lombardia e quindi dell’Italia. Bersani si concentri nel raddrizzare la sua campagna elettorale e lasci stare messaggi che servono solo ad alimentare i retroscena e le dietrologie degli osservatori dei palazzi della politica.