Quali sono, di preciso, lo scopo e la tattica del Carroccio? Dopo le esternazioni su Formigoni da parte del segretario della Lega Lombarda, Matteo Salvini, l’ipotesi più probabile è che all’indomani del voto i leghisti scaricheranno il Pdl e i formigoniani. Il governatore uscente, sembra che sia già stato scaricato. Dopo la notizie che è indagato anche per associazione a delinquere nell’ambito dell’indagine sulla distrazione di fondi dalla fondazione Maugeri, Salvini ha, infatti, dichiarato: «Mai avuti grandi rapporti con Formigoni e se in Lombardia si vota è perché la Lega, a un certo punto, ha fatto sciogliere il consiglio regionale». Poi, ha aggiunto: «Formigoni è comunque una pagina del passato e se ha qualcosa da rimproverarsi penalmente ne risponderà personalmente». A chi gli ha fatto notare che l’assessore alla sanità è stato, a lungo, leghista, ha risposto: «Sui nostri assessori non c’è mai stata alcuna inchiesta». Giancarlo Pagliarini, ministro del Bilancio nel primo governo Berlusconi, militante della prima ora della Lega nord che ha lasciato nel 2007, ci spiega cosa sta succedendo.
Salvini ha detto di non aver mai avuto nulla a che fare con Formigoni. Cosa ne pensa?
Beh l’assessore alla sanità, come è noto, è stato per anni uno della Lega. Ora, se consideriamo che l’80% della bilancio della Regione è destinato alla sanità, significa che un leghista era a capo della maggioranza delle risorse lombarde. Mi pare evidente che la Lega abbia aiutato Formigoni nel gestire la parte più grossa della spesa della Regione. Insomma, è del tutto impossibile sostenere quello che dice Salvini.
Ha fatto, inoltre, presente che sui loro assessori non ci sono state inchieste
A dire il vero, l’ex presidente del Consiglio lombardo leghista, Davide Boni, è indagato per corruzione. Non dimentichiamo, inoltre, che benché la parte di programma scritta da Maroni sia stata prodotta autonomamente, nel programma di coalizione la parte relativa al Pdl è stata scritta da Formigoni.
Perché, allora, Salvini si è prodigato in affermazioni del genere?
Penso che si sia trovato costretto a giustificare l’alleanza della Lega con il Pdl, invisa a gran parte della base. Che non capisce, in particolare, perché Maroni, all’epoca in cui ancora governava assieme al Pdl, non si dimise nel momento in cui gli apparve chiaro che Berlusconi non avrebbe mai portato a compimento uno tra i punti del programma di coalizione fondamentale per la Lega; un punto che, curiosamente, torna da protagonista nel corso di questa campagna elettorale.
Quale?
Pdl e Lega proposero, in uno dei sette punti del programma, di dare attuazione ad un progetto di legge già depositato dalla Regione Lombardia, inteso a consentire che l’80% dell’Iva e parte di altre tasse (come le accise sui tabacchi) rimanessero sul territorio che le aveva prodotte. Nella sesta “missione” si era parlato di «attuazione al disposto dell’articolo 119 della Costituzione, assegnando agli enti territoriali le più idonee fonti di finanziamento, trovando il giusto equilibrio tra autonomia, equità ed efficienza» e di «approvazione, a tal fine, da parte del Parlamento della proposta di legge “Nuove norme per l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione”, adottata dal Consiglio Regionale della Lombardia il 19 giugno 2007».
Perché, secondo lei, Maroni non si dimise?
E’ una domanda che giro a Maroni stesso. La stessa che, per certo, so che si pongono almeno 500mila militanti leghisti.
Poste queste premesse, come crede che si comporteranno i leghisti, se mai dovessero vincere le elezioni? Ci saranno ritorsioni nei confronti del Pdl?
Probabilmente, se potessero, sì. Ma non potranno. Non dimentichiamo che gran parte dei consiglieri spetterà al Pdl, senza i quali la Lega non potrebbe gestire da sola la Regione. Tutte le promesse elettorali quali la macroragione del nord potranno essere mantenute esclusivamente con il suo appoggio. Nel momento in cui il Pdl decidesse di votare contro Maroni, la legislatura finirebbe immediatamente. E il Pdl potrebbe pur sempre staccare la spina anche ai governi regionali di Veneto e Piemonte.
(Paolo Nessi)