Mentre piazza del Duomo è gremita di “grillini”, pure “battezzati” da vecchi ruderi di ondivaga stravaganza politica come Dario Fo e Adriano Celentano, su Sky va in onda un confronto tra i candidati alla Regione Lombardia. È un confronto a scarto ridotto, perché manca il candidato del centrodestra e segretario della Lega Nord, Roberto Maroni. E manca pure quello del “Movimento 5 Stelle”, che è probabilmente sul sagrato a inneggiare alle battute del suo guru.



Davanti al conduttore all’americana, che più che americano gioca a fare l’americano, si comincia con una polemica che vorrebbe essere garbata per l’assenza di Maroni. Ma il conduttore non lo scusa, Gabriele Albertini, il candidato dei neocentristi con Mario Monti, tira fuori addirittura una maglietta con punto interrogativo sotto il simbolo della Lega, sia Umberto Ambrosoli (candidato del centrosinistra), sia Carlo Maria Pinardi di “Fermare il declino” dicono che è grave sottrarsi a un confronto utile alla democrazia.



Poi si parte con delle domande che non sembrano un confronto di grandi visioni e di idee. Infatti, anche il conduttore riporta la manifestazione di piazza Duomo con Grillo e chiede ai candidati un giudizio su questo “Movimento 5 Stelle”. Il fatto incredibile è che da una settimana, tra rifiuti di interviste in televisione e manifestazioni di piazza, alla fine sembra che gli altri debbano tutti parlare della strategia elettorale di Grillo.

C’è anche un certo imbarazzo, quasi si coglie un timore per il successo di Grillo nelle parole di Gabriele Albertini “L’indignazione dei grillini è anche la nostra”, mentre Ambrosoli aggiunge: “Il Movimento 5 Stelle esprime un disagio comprensibile, bisogna ascoltare le loro proposte e alcune noi le abbiamo inserite nel programma”. Solo Pinardi prende veramente le distanze, dicendosi “preoccupato per le proposte dei grillini, e in particolare di quella sull’Expo 2015”. Che Grillo vorrebbe cancellare. La risposta dei tre candidati è all’unisono, ma piuttosto macchinosa: difesa dell’Expo, non farla diventare una “cattedrale nel deserto” per quella che si costruisce, limitarla nei costi, come è già avvenuto e, soprattutto, dimostrare che siamo capaci di farla, cercando di cogliere un’occasione.



Si arriva alla nuova “etica” dopo gli scandali. C’è tutta la sequenza delle spese per l’aragosta e la nutella, per le biro e la spesa al supermercato, e via cantando, che per fortuna viene risparmiata. Ma non si svicola dal “conquibus”. La domanda è questa: “Dopo i recenti scandali che hanno colpito l’istituzione cosa farebbe come primo atto?”. Insomma, che cosa state facendo per le liste pulite e per le retribuzioni? “Conserviamo il buono che è stato fatto” dice Albertini, ma subito ricorda che ai candidati è stato fatto sottoscrivere un impegno “a dimettersi da incarichi ove ci siano rinvii a giudizi non colposi contro la pubblica amministrazione”. Ambrosoli precisa: “Dimezzare ciò che è previsto oggi per la spending review: 3500 euro per i consiglieri regionali”. Pinardi aggiunge che 4000 euro per un Governatore sono più che sufficienti.

Ma il conduttore all’americana vuole la massima trasparenza e, a beneficio del grande capo delle Agenzie delle entrate e di Equitalia, Attilio Befera, che guadagna formalmente quasi il doppio della regina Elisabetta (ha rinunciato ai trecentomila euro di Equitalia), chiede il reddito dei tre candidati: Albertini è sui 290mila euro, Ambrosoli e Pinardi sono oltre ai 150mila euro. Per loro non c’è bisogno del “cartismo”, la famosa People’s Charter realizzata da Fergus O’Connor nel 1838 per garantire l’indennità ai candidati del popolo. In effetti, rispetto a quello che guadagnano, ci perderebbero a fare i consiglieri regionali.

La domanda più interessante riguarda la proposta di macroregione e la ricaduta del 75% in Lombardia. Ambrosoli è contrario alla macroregione e dice che in Lombardia, considerando gli interessi sul debito si arriva già al 78%. Pinardi è più possibilista sulla macroregione e sulle tasse slitta via chiedendo un generale abbassamento della pressione fiscale. Aperto a una riforma dello Stato con tre grandi macroregioni, a un possibile stato federale e a un’autonomia fiscale è invece Albertini.

Dibattito alla fine anche interessante su alcuni punti, ma troppo schematico e forse fuorviante rispetto a quello che accade in piazza Duomo, dove Fo urla “ribaltate tutto”. L’impressione è che quella piazza gremita faccia un po’ paura anche e condizioni i candidati anche dentro allo studio televisivo. Pur con il dibattito all’americana.