Caro Direttore,

Sono un’insegnante di scuola primaria. Scrivo per dire che non condivido la scelta delle colleghe che hanno voluto proporre agli alunni lo spettacolo: “Piccolo Uovo”, andato in scena al Teatro “Litta” di Milano.

Lo spettacolo è tratto dal racconto di Francesca Pardi che, con la sua compagna, ha fondato la casa editrice “Lo stampatello”. Così scrivono: “Lostampatello nasce per colmare un vuoto nell’editoria infantile, quello rappresentato dalle famiglie in cui i genitori sono due donne o due uomini che si amano. Sono sempre di più i figli di coppie omosessuali in Italia ed è fondamentale per ogni bambino specchiarsi nei racconti e nei libri illustrati. In Italia si calcolano almeno 100.000 minori che vivono con almeno un genitore omosessuale la maggior parte (nati all’interno di un’unione eterosessuale) a loro insaputa. In un paese in cui l’omosessualità è ancora “l’offesa peggiore” il senso comune sembra ritenere inopportuno mettere a conoscenza i figli della realtà affettiva e materiale vissuta dai loro genitori. Un tema eluso con i bambini e del quale in Italia non esiste rappresentazione per l’infanzia. Nata con l’ambizione di riempire questa lacuna la casa editrice si propone di allargare il proprio sguardo sui temi della famiglia, prendendo in considerazione quelle esperienze che meno trovano posto nella letteratura per bambini, ma che vissute in prima persona possono far sorgere nei bambini mille domande o un forte senso di alterità.”



Ciò che dicono suscita in me una domanda: “Quali sono i bisogni dei bambini che vivono con almeno un genitore omosessuale?”.

Rispondo dicendo che questi bambini hanno i bisogni di tutti gli altri bambini.

Tutti hanno bisogno di crescere e per far questo hanno bisogno di adulti che li aiutino a conoscere la realtà nella sua totalità fino al suo significato ultimo. Noi adulti ci occupiamo di questo o proponiamo loro opinioni? Li lasciamo in balia delle impressioni e alla superficie della realtà?



Ripenso a questo punto ai bambini che ho davanti ogni giorno, alla responsabilità che ho nei loro confronti e a proposito dello spettacolo “Piccolo Uovo” mi chiedo: “I messaggi  che lo spettacolo trasmette sono veri? E’ vero che una famiglia formata da un padre e da una madre è come la coppia omosessuale con figli? E’ vero che un bambino può crescere nello stesso modo in entrambe?”

Come faccio a capire se è vero? Lo capisco paragonando i messaggi del testo con le esigenze più profonde del mio cuore: con l’esigenza di verità, di giustizia, di bene, di amore, inscritte in ogni uomo.



A questo punto dico che la persona umana ha nel cuore il desiderio infinito di un padre e di una madre. Fin dall’antichità gli uomini hanno scritto miti e racconti che testimoniano l’importanza del rapporto con il padre e con la madre. Come posso dire che due mamma sono la stessa cosa di un padre e di una madre? Non posso. Anche la storia passata, le generazioni vissute nei secoli prima di noi ce lo testimoniano.  

Come posso dire che un bambino può crescere nello stesso modo in situazioni diverse? Non è vero. E allora mi chiedo: “Di quale situazione un bambino ha bisogno per crescere?” La realtà lo dimostra: è una famiglia con un padre e una madre.

Certo può succedere che per vari motivi uno non li abbia, ma il desiderio infinito di un padre e di una madre rimane. Penso allora che direi il falso se dicessi che i messaggi del testo “Piccolo uovo” sono veri. Non posso ingannare me stessa, il mio cuore e nemmeno i bambini.

Prima di concludere vorrei dire che c’è un altro messaggio nello spettacolo che non risponde a verità.

Nella recensione del libro, da cui è stato tratto lo spettacolo, si legge: “Piccolo uovo non vuole nascere perché non sa dove andrà a finire. Parte allora per un viaggio che lo porterà a conoscere i più diversi tipi di famiglia… Altan presta la semplicità del suo mondo felice per descrivere come ognuna di queste possa essere un luogo meraviglioso in cui crescere.”

A tal proposito è esperienza di ogni essere umano venuto al mondo che fin dal suo concepimento “si è trovato addosso” un desiderio sconfinato, infinito, di vivere, di nascere. Perché dovrei dire ai bambini che un uovo non voleva nascere? Inoltre, quale persona prima di nascere si è scelto il padre e la madre? Meno male che ciò non avviene. Invece, tutti ci  “ritroviamo addosso”, fin da quando siamo nel grembo di nostra madre, la capacità di riconoscere le voci di nostra madre e di nostro padre. Perché dovrei far assistere i bambini ad uno spettacolo dove il piccolo uovo si sceglie i genitori. Un bambino non sceglie i genitori; li trova.

Concludo dicendo che lo spettacolo non è adatto ai bambini. Essendo persone in crescita non sono in grado di valutare i messaggi in esso contenuti e di capire le scelte di vita delle persone omosessuali. Lo spettacolo li disorienterebbe.

 

(Elisabetta Baldo)