Ancora una giornata di tribolazioni per lo sciopero nazionale dei mezzi di trasporto pubblico attualmente in corso. Questa volta, hanno aderito le principali sigle confederali, ovvero Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl Trasporti e Faisa Cisal. L’agitazione sindacale durerà 24 ore, con modalità diverse di città in città. A Milano, in particolare, avrà luogo da inizio servizio alle 8.45 e dalle 15.00 alle 18.00. Trenord, invece, farà circolare i propri treni dalle 6.00 alle 9.00 e dalle 18.00 alle 21.00. Per fare il punto sulla situazione rispetto al capoluogo meneghino, ilSussidiario.net ha contattato Rocco Ungaro segretario generale della FILT-Cgil Lombardia. «Per il momento – spiega – sappiamo che le metropolitane sono completamente ferme. L’adesione è stata piuttosto alta. I dati sul trasporto di superficie, invece, arriveranno pian piano nel corso della giornata». Tutti si chiedono il perché di questa ennesima manifestazione. «Ci rendiamo perfettamente conto dei disagi che arrechiamo ai cittadini. Purtroppo, ad oggi, lo sciopero è l’unico strumento messo a disposizione dalla legge per far valere le proprie ragioni. Ragioni che, se ascoltate dalla politica, produrrebbero vantaggi non solo per i lavoratori del settore, ma anche per gli utenti». Ecco perché: «Anzitutto, l’agitazione di oggi è stata proclamata dopo dopo 4 rinvii, a fronte dell’immobilismo del governo rispetto a temi non solo contrattuali. In particolare, al 2011, i tagli del governo Berlusconi avevano dimezzato le risorse. Rischiavamo il blocco totale del trasporto pubblico. Con Monti sono stati recuperati una serie di capitoli. Dopo mesi di sofferenze siamo giunti ad una definizione un po’ più precisa di tali risorse. Ancora tuttavia, non vi è certezza sul 25% di esse. Si tratta di un miliardo e 400 milioni che il governo voleva vincolare al trasporto pubblico, ma che le regioni hanno ottenuto di gestire autonomamente. Potrebbero, quindi, non essere usate per il trasporto». Ecco, quindi, la prima richiesta: «rivendichiamo l’utilizzo di questi soldi. Tanto più che è il settore è in crescita. Con la crisi, infatti, nelle grandi aree metropolitane c’è stato un aumento decisivo della richiesta. Oltretutto, a Milano, con l’Area C, sempre più persone hanno iniziato a utilizzare i mezzi pubblici». All’interno di tale contesto, poi, vi è la vertenza sul rinnovo contrattuale che dura da più di 4 anni.
«Le aziende del trasporto, pubbliche e private, sono ancorate ad una gestione ricattatoria: si ricattano i lavoratori perché ricattino a loro volta il governo per farsi dare i soldi. Riteniamo, in ogni caso, che il nuovo contratto vada inserito nell’ambito del contratto più esteso, quello della mobilità. Questo, per impedire al settore di subire concorrenza sleale. Con le privatizzazioni e le gare previste dalla legge, infatti, avere un contratto unico della mobilità darebbe più tutele ai lavoratori». E infine: «la qualità del trasposto pubblico si aggancia alla possibilità di rilancio del Paese. Le risorse investite nel settore mettono in moto le aziende che producono macchine e tecnologie. Un lavoro di qualità, in sostanza, consentirebbe di attrarre investimenti e rilanciare l’economia».
(Paolo Nessi)