Per un provvedimento dell’Europa, 2500 persone rischiano di essere mandate a casa. Si tratta dei lavoratori di Sea Handling, l’operatore di assistenza aereo controllato da Sea, la società pubblica che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate. Secondo la Commissione europea, infatti, la società dovrà restituire, con gli interessi, i 360 milioni di euro ricevuti tra il 2002 e il 2010. Per Sea, si è trattato di un aumento di capitale, per l’Ue, di un aiuto di Stato illegale. I sindacati e i lavoratori sono sul piede di guerra e chiedono alla Regione e al Comune di intervenire per tutelare l’occupazione. E’ evidente, infatti, che se la misura diventasse operativa, l’azienda rischierà la chiusura. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Roberto Zucchetti, presidente e amministratore delegato della società di ricerca economica Gruppo CLAS di Milano.
Come valuta la vicenda?
Abbiamo purtroppo molte aziende pubbliche che sono strutturalmente in perdita. Il ragionamento dell’Ue è che nessun imprenditore privato potrebbe continuare a resistere in condizioni simili per molto tempo. Se l’attività è in deficit perenne, o cessa o si chiede ai clienti di pagare di più. Altrimenti, significa che l’azienda pubblica fa prezzi più bassi rispetto a quelli che dovrebbe fare per riuscire a ripianare i costi. Ora, siccome il capitale è pubblico, l’aumento per coprire le perdite diventa un aiuto di Stato.
Perché un’azienda pubblica non dovrebbe ricevere aiuti dallo Stato, che è pur sempre il suo maggior azionista?
Perché si tratterebbe di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori del settore. Tanto più che, in questo caso, non si tratta certo di un’attività riservata allo Stato, come la giustizia o la difesa, quanto di una che, semplicemente, andrebbe gestita nel migliore dei modi possibili.
L’Ue non ha tenuto conto dei 2500 occupati?
Evidentemente, ha ritenuto che se la società esiste, ci sarà pur sempre bisogno di persone che svolgano questa attività. Se non se ne occuperà la Sea Handling, lo farà qualcun altro. Forse, non serviranno tutte le persone che sono attualmente occupate. Questo è un altro dei problemi tipico delle nostre aziende pubbliche che, spesso, si sono caricate di personale in eccedenza per diversi motivi, dal clientelismo o per implementare forme celate di ammortizzazione sociale. Certo, bisogna ammettere che ancora una volta l’Ue ha agito duramente, affermando che se lo Stato vuole aiutare i propri cittadini deve farlo in altro modo.
Posto che astrattamente il principio sia giusto, non trova che la dinamica (di fatto si è applicata la retroattività della norma) sia stata cieca rispetto agli effetti che avrebbe provocato?
Indubbiamente, questo modo di procedere, è parecchio scomposto. Sanzionare così duramente un singolo caso dà il sapore del “summum ius summa iniuria”. Tanto più che di aziende che versano in simili condizioni, è piena l’Europa. Di fronte a qualcuno si è rigorosissimi, di fronte ad altri, no. Sarebbe, effettivamente, più sensato, di fronte a tali problemi, assumere un approccio più pragmatico. Posto che la violazione ci sia stata, si può fare in modo che, in futuro, essa non si verifichi più.
I sindacati e i lavoratori chiedono l’intervento di Comune e Regione. La politica sarà in grado di trovare una soluzione?
Credo che, anzitutto, serva una buona reazione di natura giuridica. Se l’Ue afferma che c’è stata una violazione, credo che l’Italia possa dimostrare che le cose stiano diversamente. Comune e Regione possono, dal canto loro, mettere in atto delle iniziative per far sì che, se c’è un’eccedenza di personale, sia destinato altrove affinché l’azienda diventi più competitiva.
(Paolo Nessi)