È venuto il tempo per noi di lavorare insieme. Questo è ciò che porto a casa oggi dal sagrato del Duomo davanti ad un popolo di genitori, studenti, insegnanti, dirigenti, istituzioni civili e religiose. Una festa, molti colori, un appuntamento quello dell’“Andemm al Domm” importante non solo per Milano ma per tutto il nostro Paese. Siamo in un momento storico molto delicato e difficile, occorre imparare a lavorare insieme scuole statali e scuole paritarie, partendo dagli studenti e dal loro diritto ad avere una scuola bella, competente e qualificata che li introduca alla realtà attraverso la fatica dell’imparare vissuto con gioia e passione.



Non è momento di contrapporci ma anzi di costruire ponti, aperture di credito e stima in un sistema scolastico italiano vecchio e ingessato. C’è bisogno di sperimentare, di lasciar parlare i nostri ragazzi, gli insegnanti più intraprendenti che hanno voglia di rischiare mettendo in atto spazi di autonomia. Le scuole paritarie, numericamente senz’altro meno rappresentative rispetto alle statali, hanno qualcosa da proporre, ma hanno anche molto da imparare. Occorre fare “un’associazione ideale” tra scuole statali e scuole paritarie, un’associazione in cui ognuno porti la sua parte, un’associazione che metta al centro lo studente e il suo desiderio di imparare. 



Non c’è differenza allora tra questi  ragazzi: seduti accanto l’uno all’altro potrebbero imparare a confrontarsi e arricchirsi a vicenda. Investire nel futuro, per un Paese come il nostro, vuol dire mettere in moto queste piccole rivoluzioni. La scuola paritaria non vuole e non ha nessun progetto di egemonia, vuole crescere in armonia con la statale nella casa comune che è il sistema nazionale di istruzione. Il cardinale Scola con voce tonante ha affermato che non è pubblico solo ciò che è statale e che la libertà di educazione, come qualsiasi altra libertà, o si realizza o genera pericolosamente un malessere di civiltà. La sfida è delicata, il nostro momento storico sembra evidenziare solo malumori e inganni. C’è in gioco un sistema malato e occorrono rimedi importanti. Non si tratta di trovare nuovi finanziamenti, occorre collaborare, cooperare, non lasciare che ciascuno per il compito che ha, sia la misura di se stesso e non cura del bene degli altri. 



La piazza questa mattina gridava questo: noi ci stiamo, lavoriamo come genitori con gli altri genitori della scuola statale, alla pari, con pazienza, attraverso un sereno dialogo che metta però al centro le questioni vere e non quelle ideologiche come troppo spesso avviene. Partiamo dai nostri studenti e chiediamo allo stato italiano che riconosca finalmente l’uguaglianza dei finanziamenti tra un ragazzo della scuola statale e quello della scuola paritaria. È un primo passo, può essere graduale ma occorre farlo e farlo presto.

Le famiglie italiane sono preoccupate perché il problema scuola ed educazione dopo il lavoro è senz’altro una priorità nello scenario familiare. Un Paese che non si preoccupa del futuro delle nuove generazioni è un Paese vecchio, senza speranza, quella vera di cui ci parla Papa Francesco.

L’Europa è in travaglio, la crisi economica è causa ed esito di questo travaglio, senza educazione e libertà di educazione non usciremo da questa crisi.

Investire in educazione fa bene non solo alla scuola ma a tutto il Paese.