E’ polemica a Milano per la decisione dei giudici del tribunale dei minori di concedere a Remi Nikolic, il rom che l’anno scorso uccise un vigile urbano investendolo apposta con la sua vettura, le attenuanti generiche. Il giovane, di cui per lungo tempo non si era saputa la vera età, era stato condannato a 15 anni di detenzione. Fa discutere la motivazione della decisione del tribunale, che ha concesso le attenuanti sulla base “del contesto di vita familiare nel quale è cresciuto, caratterizzato dalla commissione di illeciti da parte di adulti di riferimento e totale assenza di scolarizzazione”. Nikolic era nato in un carcere parigino dove era detenuta al tempo la madre. Protesta l’assessore alla sicurezza della provincia di Milano, che parla di un grave precedente: i clandestini che vengono in Italia a delinquere, ha detto, sapranno che potranno beneficiare delle stesse attenuanti. Ilsussidiario.net ha chiesto un parere a Franco Occhiogrosso, ex presidente del Tribunale dei minori di Bari.
Quale la sua opinione rispetto alla decisione di concedere le attenuanti generiche per quello che di fatto è stato un omicidio volontario, con questa motivazione?
Naturalmente bisognerà leggere bene la sentenza. Possiamo però dire che il contesto familiare è certamente uno degli elementi che ha rilevanza secondo l’articolo 133 del codice penale per formulare sentenze di questo tipo. Il vero problema è però sapere quale siano le reali condizioni di vita di queste popolazioni, per le quali non è che si faccia molto.
Chi contesta questa sentenza dice che può creare un precedente pericoloso.
Credo che il discorso del precedente sia molto discutibile perché in ambito minorile vano verificate le situazioni caso per caso.
Il caso in questione prende però in esame un omicidio “a sangue freddo”, se si può usare questa espressione: il vigile venne investito volontariamente per sfuggire a un normale controllo dei documenti.
Certamente siamo di fronte a un atto molto grave: è un omicidio e come tale va punito in modo adeguato. Tuttavia la condizione per l’intervento penale nei confronti dei minorenni è cosa diversa rispetto a quella prevista per gli adulti. L’istituto minorile prevede istituti come la messa alla prova, singolarmente prevista anche in caso di omicidio. Il fatto stesso che qui non si sia prevista una ipotesi del genere, ma ci si sia limitati a escludere o a concedere le attenuanti generiche è significativo della scelta che i giudici hanno fatto tra le diverse opzioni previste dalla legge. Non definirei questa sentenza esagerata o inadeguata.
I giudici non hanno concesso le attenuanti nella loro massima estensione: cosa significa esattamente?
Le attenuanti nella massima estensione prevedono la riduzione della pena a un terzo del suo totale. In questo caso, per il modo con cui è stata causata la morte del vigile e anche per la latitanza del soggetto dopo il fatto, non sono state concesse. Anche questo è uno spazio di discrezionalità che i giudici possono aver tenuto presente.
L’assessore alla sicurezza contesta oltre al precedente il fatto che sono innumerevoli i casi di persone che vivono in contesti familiari disagiati.
Vorrei ribaltare la sua contestazione e chiedere all’assessore che cosa ha fatto perché queste persone non vivano una vita così disagevole. Non dico tutte le popolazioni emarginate, ma in particolare i rom, che sono lasciati senza alcun tipo di assistenza. Se ci fosse stata una iniziativa di tutela come la creazione di campi nomadi accettabili si potrebbe discutere la sentenza, ma se invece si chiede solo adempimento dei doveri senza riconoscere loro alcun diritto, le sue parole mi paiono eccessive.
In conclusione, è una sentenza che rispetta quanto prevede la legge per i minori, anche in casi estremi come questo?
Direi di sì, tenedo presente che la sanzione penale è anche funzionale alla rieducazione e al recupero. In questo senso senso potrebbe essere utile una previsione di questo genere, che dia una pena senza essere essa una pena esemplare.