Attuando una decisione cui già si era orientato il suo predecessore, l’altro ieri Enrico Letta ha annunciato a Milano la nomina a commissario unico del governo per Expo Milano 2015 dello stesso Giuseppe Sala, l’amministratore delegato della società incaricata di edificare e di gestire il sito ove l’Esposizione avrà luogo. Il manager prende il posto dei due precedenti commissari, che erano rispettivamente Roberto Formigoni e Giuliano Pisapia. È stato così lodevolmente semplificato un vertice che fino ad allora, essendo bicipite, aveva perciò grossi problemi di funzionamento. La soluzione prescelta, che è limpidamente tecnocratica, mette però ulteriormente in ombra la questione fondamentale della “filosofia” del grande evento in programma a Milano nel 2015. Se si è deciso di fare un canale senza dubbio la prima cosa è farlo realmente, ma poi non è secondario occuparsi di che cosa vi scorrerà dentro.



Non a caso tale questione fondamentale fu sul tappeto sin dall’autunno del 2006, quando le maggiori istituzioni titolate a prendere tale impegno, ossia il Comune di Milano e la Regione Lombardia, proposero al governo di candidare la metropoli lombarda a sede dell’Esposizione Universale del 2015 indicando come suo tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Si trattava inevitabilmente di scegliere se lasciar imboccare al progetto la via più ovvia e facile, lasciando che si trasformasse in una fiera internazionale della sicurezza alimentare e della certezza dell’alimentazione; oppure se puntare un po’ più in alto, mirando piuttosto alla convivialità come essenziale esperienza umana (da cui ovviamente discendono anche la sicurezza alimentare e la certezza dell’alimentazione, ma solo come seppur primarie conseguenze). In tale spirito il governo regionale lombardo del tempo mise all’opera dei gruppi di studiosi di scienze umane di vario orientamento, ma tutti concordi nel non apprezzare l’eventuale deriva tecnocratica e anti-umanistica della prospettata Expo Milano 2015. 



È in larga misura grazie al prevalere della “filosofia” elaborata in tali sedi che la candidatura di Milano prevalse infine su quella di Smirne. Accogliendo la proposta di Milano e della Lombardia, e quindi scegliendo quale tema dell’Esposizione Universale del 2015 “Nutrire il pianeta/energia per la vita”, l’Assemblea generale del BIE riunita a Parigi il 31 marzo 2008 gli diede anzi ipso facto ancor maggiore significato. L’intuizione all’origine di tale formula si caricò infatti del valore di tutte la varie esperienze di storia e di cultura che in quella assemblea planetaria erano rappresentate fino a configurarsi in una “piattaforma” più tardi in buona parte confluita nel Documento strategico dell’Esposizione Universale di Milano, 2015, un testo pubblicato nello scorso ottobre 2012 che è da considerare attentamente. Rimandando ad esso chi voglia averne dettagliata conoscenza, riprendo qui di seguito per punti la “piattaforma” di cui si diceva:



1. Per l’uomo, unico pure in questo fra tutti gli esseri viventi, il nutrimento è anche convivio. 

Unico anche in questo fra tutti gli esseri viventi, l’uomo vive la necessità di nutrirsi non soltanto come reazione a un istinto ma anche come esperienza di convivialità. Nell’uomo la natura diventa cultura perché, a differenza di ogni altro essere vivente, egli interpreta i propri bisogni immediati e li riferisce al proprio desiderio di andare oltre la loro semplice soddisfazione per raggiungere uno stato di pienezza, di convivenza, di armonia ideali. Nella tradizione occidentale il Simposio platonico e l’Agape cristiana ne sono i due prototipi, beninteso molto diversi tra loro ma concordi nell’attribuire alla convivialità significati che vanno oltre il semplice gesto di nutrirsi. In particolare nelle culture di tradizione cristiana la convivialità giunge fino alla commensalità e di qui alla comunione: un’esperienza che trova la sua suprema espressione artistica nel “Cenacolo” di Leonardo da Vinci dipinto e da sempre custodito a Milano. E in ogni caso gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo hanno attribuito e attribuiscono valore simbolico e talvolta valore sacro al mangiare insieme. Perciò sarà tra l’altro di grande interesse vedere a Expo 2015 come la convivialità viene pensata e vissuta nelle varie tradizioni e culture del mondo.

2. Esposizioni Universali: dalla celebrazione di una presunta potenza illimitata dell’uomo alla riscoperta del limite, da assumere però come volano  di sviluppo 

In ultima analisi il tema di tutte le Esposizioni Universali precedenti, e in particolare di quelle dei secoli XIX e XX ma non solo, è stato la celebrazione di una presunta capacità illimitata dell’uomo di trasformare il mondo. In questo secolo XXI noi e i nostri discendenti siamo e saremo invece sempre più chiamati a riscoprire il limite come elemento-chiave della condizione umana, assumendolo però come volano di sviluppo. 

Beninteso, senza un’idea di futuro e di progresso un’Esposizione Universale non ha senso. D’altra parte richiamare l’attenzione sul ruolo cruciale del limite non significa affatto sostenere che futuro e progresso siano due realtà che si stanno allontanando l’una dall’altra. È esattamente il contrario. Riconoscere il valore del limite equivale ad aprirsi alla prospettiva della diversità degli approdi possibili nonché dell’apertura di nuovi orizzonti dentro una crisi che va intesa non come perdita ma soprattutto come transizione. In questo quadro il tema di Expo Milano 2015 è più che mai opportuno: la questione del cibo e quindi della coltivazione della terra è in stretto e necessario rapporto con la cura per l’ambiente, la salvaguardia della salute, la tutela e anzi l’accrescimento della bellezza della natura.

 3. Il pianeta Terra, dimora dell’uomo, è fertile. Se rispettosamente coltivato, dà alla vita tutta l’energia di cui ha bisogno

Nei 30-40mila anni della sua presenza sulla Terra l’uomo ha sempre trovato in essa di che nutrirsi, sussistere e svilupparsi via via scoprendo risorse (come ad esempio gli idrocarburi) che dalla più remota antichità erano per così dire in attesa di venire da lui reperite e utilizzate. Il Pianeta fornisce insomma energia per la vita in un ciclo sin qui dimostratosi perenne. Più volte nella storia si è temuto che tale ciclo si interrompesse, ma ciò non è mai accaduto. Talvolta e in aree relativamente limitate si è registrato uno squilibrio temporaneo tra popolazione e risorse che però successivamente è sempre venuto meno. Con l’aumento del potere dell’uomo sull’ambiente e sulla natura tuttavia aumenta anche la sua capacità di evitare o mitigare tali temporanei squilibri, e quindi la sua responsabilità in materia.

4. L’enorme potere dell’uomo moderno sulla natura: un grande pericolo o piuttosto una grande e  affascinante responsabilità?

Oggi il potere dell’uomo nei confronti della natura è più ampio di quanto mai prima sia stato. Ciò è un grave pericolo o piuttosto una grande e affascinante responsabilità? Ecco un quesito cruciale cui ci si deve attendere che i Paesi partecipanti all’Expo 2015 diano delle loro risposte portando così alla ribalta dell’Esposizione Universale scienze e sapienze umane attinte a tutte le tradizioni e a tutte le culture di ogni parte del mondo.  

5. La trasformazione del mondo in una sola enorme città è un processo irrefrenabile o si può puntare a un intreccio di meta-città e meta-campagne le une e le altre radicalmente diverse dalle città e dalle campagne d’un tempo?

Oggi larga parte della superficie emersa del pianeta è urbanizzata. La Terra sta davvero diventando quella “gran città del genere umano” di cui scriveva il grande filosofo Giambattista Vico. Città, meta-città e megalopoli sono i contesti generali dell’interazione e della convivenza. Si deve accettare che il mondo diventi una sola enorme città oppure si può e si deve puntare a un intreccio di meta-città e meta-campagne le une e le altre radicalmente diverse dalle città e dalle campagne di un tempo? Dai vari paesi e continenti ci si deve attendere che possano venire a confrontarsi all’Expo 2015 esperienze e riflessioni sul cambiamento in atto del tradizionale rapporto città/campagna: un processo destinato ad avere conseguenze cruciali con riguardo alla questione messa a tema dall’Expo 2015.

6. Quali risposte dare al problema del rapporto tra l’uomo, unica presenza consapevole sulla faccia della Terra, e il resto della natura? Come evitare che la cooperazione sia equa e non si risolva in un neo-colonialismo?

In quale misura l’uomo, unica presenza consapevole sulla faccia della Terra, è signore e in quale misura è custode della natura? Come questi suoi due ruoli s’intrecciano e si contemperano? Nello spazio e nel tempo l’uomo ha dato risposte diverse a questo fondamentale quesito, e ciò non solo in sede di riflessione teorica ma prima ancora con i suoi modi di coltivare, di produrre, di relazionarsi con l’ambiente. L’illustrazione della specifica esperienza in materia del proprio rispettivo Paese, della propria rispettiva cultura può essere un tema interessante, importante e in cui ciascuno ha comunque qualcosa di suo da proporre. Posta dentro questo orizzonte la questione della cooperazione internazionale è messa al riparo da ogni rischio di neo-colonialismo sia economico che culturale. Che cosa per motivi di giustizia è dovuto alle società, ai Paesi che si trovano in condizioni di serio svantaggio? Che cosa altrettanto per motivi di giustizia si deve evitare di proporre e magari anche di imporre a queste società e questi Paesi?

7. La sicurezza alimentare alla prova della necessità di non sacrificare l’agricoltura autenticamente contadina, le produzioni agro-alimentari a valore identitario, i prodotti a filiera corta sull’altare della grande industria agro-alimentare.  

Senza negare il loro legittimo ruolo all’agricoltura industriale e alla grande industria agroalimentare, emerge tra l’altro e si afferma a questo punto la necessità di riconoscere il ruolo dei  contadini e dei nuovi spazi che si aprono e devono aprirsi: alle produzioni agro-alimentari a valore identitario, ai prodotti a filiera corta; ai sistemi di certificazione auto-organizzata, ai meccanismi di garanzia basati sul rapporto diretto tra produttore e consumatore; alla vendita diretta sia a corto raggio tramite mercati locali e sia a lungo raggio tramite i moderni sistemi di telecomunicazione e di spedizione. Un insieme produttivo che in molte parti del mondo è l’unico possibile motore di reale sviluppo. Expo 2015 può diventare una straordinaria piattaforma di confronto tra esperienze in materia da ogni parte del mondo. Occorre vigilare perché il problema della sicurezza alimentare non venga affrontato con metodi e con procedure che di fatto penalizzino l’agricoltura contadina.

La crisi economico-finanziaria internazionale sopravvenuta – osserviamo concludendo − ha caricato l’ormai prossima Esposizione Universale di Milano di nuovi significati e di nuove speranze. Non si deve pensare che si tratti perciò di un evento superfluo. Un’Esposizione Universale è una potente macchina comunicativa che se ben gestita può liberare la ribalta culturale planetaria da luoghi comuni che giocano in modo potente contro l’uscita dalla crisi. Perciò la posta in gioco è di un rilievo che va ben oltre la pur indiscutibile urgenza pratica di realizzarne come si deve la struttura.

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