Con l’intervento di ieri della Corte dei Conti che certifica l’efficacia dell’operazione Strade Sicure, con cui l’ultimo governo Berlusconi aveva impiegato l’esercito nelle grandi città al fianco di polizia e carabinieri, torna centrale il tema della sicurezza a Milano. Torna nei termini corretti. “In che senso?”, si chiederà il lettore.
Per rispondere occorre tornare all’indomani della rapina con tanto di bombe molotov alla gioielleria di via della Spiga. «C’è un’emergenza sociale aggravata dalla crisi economica che incide sulla vita di tutti i cittadini. E inevitabilmente anche sulla sicurezza» aveva dichiarato Pisapia su Repubblica, intervistato da Rodolfo Sala. Affermazioni che stridevano con quelle rilasciate contemporaneamente al Corriere online da Miki Banayan, direttore del negozio rapinato: «Da due anni a questa parte, da quando c’è questo sindaco, le cose sono peggiorate. Via Spiga sembra un suk. Mendicanti, venditori abusivi, suonatori, accattoni, truffatori e rapinatori, c’è di tutto senza nessun controllo. Ogni tanto qualcuno di questi prende il cellulare e fa una chiamata. Chi mi dice che non stia dando delle informazioni a chi poi compie i colpi nel quadrilatero?».
Siamo alle solite. Per la sinistra più ideologica il male non è nell’uomo, bensì nella società. Il tema della sicurezza è, così, strettamente legato a quello delle politiche sociali: più il Comune intercetta i bisogni della “povera gente”, più si eliminano le cause esterne che “trasformano le vittime in carnefici”, per usare le parole di Laura Boldrini a proposito dell’autore della sparatoria davanti a Palazzo Chigi.
Ma questa lettura finisce per essere un giustificazionismo inaccettabile, che crea degli alibi per chi è responsabile di efferati delitti. Sono coloro che «godono dell’immunità del prefisso “re-”», disse una volta Alain Finkielkraut, cioè quanti si limiterebbero a re-agire ad un male che rimane esterno a loro e che, di conseguenza, rende questi stessi innocenti. Una simile lettura crea un automatismo tra una presunta causa (la crisi economica) ed un effetto certo (il reato) che elimina la libertà personale di chi commette deliberatamente un crimine. Per fortuna il diritto riconosce ancora la responsabilità individuale e non quella collettiva.
Eppure proprio la supposta esistenza della seconda orienta le politiche della giunta Pisapia, tanto che la delega alla sicurezza si è unita a quella alla coesione sociale e l’assessorato competente è guidato da un ex volontario del Ciessevi, Marco Granelli. Un esempio di questo orientamento sociale nell’affrontare il tema della sicura convivenza in città è rappresentato dal cosiddetto Piano Rom, che vede operare insieme proprio l’assessore Granelli e quello al welfare Pierfrancesco Majorino.
È un dato che nelle zone limitrofe a campi nomadi e stazionamenti di zingari la percezione dei residenti è di una minore sicurezza. Certamente non per ragioni, per così dire, razziali, ma perché quelle popolazioni non stanziali sono più inclini a vivere d’espedienti. Dati non confermati parlano di un aumento dei reati proprio in quelle zone della città dove insistono i campi Rom. È un fatto certificato dalla Prefettura che se nell’ultimo anno sono diminuiti i reati in generale, sono aumentati di mille unità i furti nelle abitazioni, così come quelli con destrezza e nel 2012 si sono verificati circa 400 furti con strappo in più rispetto al 2011. Insomma proprio gli espedienti.
Invece di impegnarsi per un maggior presidio da parte delle forze dell’ordine delle zone interessate, insieme ad una politica che favorisca l’avviamento al lavoro di quei soggetti più esposti al rischio di commettere reati predatori, la giunta Pispia ha scelto un’impostazione assistenziale. Il Piano Rom prevede 1.600.000 euro in politiche abitative a fronte dei circa 400.000 per tentare di recuperare al lavoro chi oggi si dedica all’accattonaggio e alla mendicanza, e magari domani potrebbe godere di un’indipendenza economica e reddituale. Si è preferito garantire la casa, anzichè la possibilità che ci si possa pagare e mantenere un’abitazione. Nei fondi per le politiche abitative sono inclusi 350.000 euro per gli arredi e 8.000 per ogni progetto di autocostruzione. E per concludere la bonifica della palude dell’ingiustizia sociale che trasformerebbe le vittime in carnefici, si impegnano anche 40.000 euro per “rieducare” alla tolleranza i cittadini delle zone limitrofe ai campi nomadi e sensibilizzare all’accoglienza.
Non solo, dunque, è totalmente assente una politica per la sicurezza dei milanesi, ma con la sua lettura sociologica la sinistra di Pisapia genera anche discriminazioni. Nei confronti dei milanesi, però. Perché crea un esercito di assistiti a vita, cui tutto è dovuto in quanto “vittime” della società, ed un altro di gente che tutto deve (anche in termini di tasse) in quanto potenziale minaccia alla giustizia sociale.