Ieri sera, al circolo filologico di Milano, ho assistito alla presentazione del libro di Luca Tarantelli, figlio dell’economista Ezio, che è stato ucciso dalle Brigate Rosse il 27 marzo 1985. Non ho avuto modo di leggere il libro, dal titolo “Il sogno che ha ucciso mio padre”, ma ho sentito che è molto documentato e dunque utile per rimandare a questioni culturali del tutto attuali. Tutti gli oratori che lo hanno presentato concordavano nel dire che quella visone riformatrice è attualissima. Ma i presenti erano una sinistra piccola di intellettuali milanesi.



Diverso il valore dell’intervento di Massimo Cacciari, nel suo ragionamento è giunto a mostrare qualcosa che mi ha profondamente colpito: le Brigate Rosse hanno vinto, sono riuscite ad uccidere tutti i professori di sinistra che negli anni ’80 volevano introdurre una visione riformista nelle relazioni sociali. Tutte queste vittime sono dimenticate. Si parla di Falcone e Borsellino perché uccisi dalla mafia, ma senza aderire alla loro visione di magistrati, alla apertura delle capacità di indagine, uscendo da una pratica giudiziale fondata sui teoremi. I teoremi sono le scorciatoie di una magistratura politicizzata, che fissa la figura del colpevole senza bisogno di prove, in tal modo è stato combattuto il terrorismo negli anni ’80. E ancora siamo con la giustizia nelle mani di una magistratura non riformata, che usa teoremi moralistici per condannare.



Ma peggiore è la situazione per quanto riguarda Biagi, D’Antona e Tarantelli e di tutte le altre vittime del terrorismo che erano portatrici di nuova cultura nella sinistra. Improvvisamente ho guardato a questi anni con questa evidenza: è allucinante, effettivamente tutto quel filone culturale è stato ucciso dalle Brigate Rosse. Massimo Cacciari sembra un uomo che grida nel deserto, lui ripete come un mantra il fatto che la sinistra si deve aprire al cambiamento, ma lo dice oggi con parole disperate.

Matteo Renzi è un politico perfettamente consapevole del bisogno di apertura della sinistra, ma si guarda bene da esprimerne il contenuto, conosce questa sinistra e sa che non si aprirà a una nuova visione di cultura politica. Io guardo allo stato disastroso del centrodestra e mi stupisco veramente del fatto che la sinistra non lavori per diventare una maggioranza del Paese. Aprirsi ad una visione riformatrice delle relazioni sociali vorrebbe dire sfidare tutti i centri di potere politico, burocratico, sindacale che la sinistra ha generato. E dunque il Paese ha davanti prospettive veramente drammatiche: non si genera una maggioranza, non si governa con l’autorevolezza necessaria, non si risponde alla crisi e ai cambiamenti divenuti urgentissimi.



Tarantelli venne attaccato per il suo ruolo di consulente CISL nell’accordo tra governo e sindacati sul taglio degli scatti di scala mobile, il sistema di indicizzazione della crescita dei salari attuato in Italia nei primi anni ottanta. Tale taglio dei punti di contingenza si proponeva come deterrente dell’inflazione, e prese forma nel cosiddetto decreto di San Valentino, firmato dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Secondo l’analisi di Tarantelli, i salari non avrebbero dovuto inseguire la crescita dei prezzi al consumo ma piuttosto determinarsi a priori, in un confronto tra parti sociali e governo che tenesse conto delle condizioni reali del mercato, fornendo un segnale chiaro sulla loro crescita in un determinato periodo di tempo e finendo per contribuire in modo determinante a ridurre l’attesa di inflazione.

In questa ottica avvengono gli omicidi di Massimo D’Antona, consulente per il ministero del lavoro, il 20 maggio 1999 e di Marco Biagi, il 19 marzo 2002, rivendicati da parte dei nuclei ricostituiti delle Brigate Rosse nel tentativo di influenzare lo scenario sociopolitico, anche se non più immersi nel clima degli anni di piombo. Ancora oggi Pietro Ichino deve girare con la scorta perché condannato dalle Brigate Rosse. La sinistra si è considerata critico efficace degli anni di piombo, condannando la violenza come progetto politico. Ma la sinistra non ha condannato la violenza usata per impedire il riformismo nelle relazioni sociali. In particolare la CGIL non ha sviluppato la critica di questi delitti. E poi si è visto che questa nuova leva di terroristi avevano ramificazioni nei sindacati. Ed oggi non ci sono le commemorazioni di Taranttelli e Biagi e D’Antona.

Povera coscienza politica di questo Paese, che ha risolto la lotta contro Berlusconi con una condanna esagerata per fatti morali personali, ma che non ha memoria delle sue eroiche vittime.