A Milano c’è un sindaco in cerca di identità, lo ha mostrato domenica in tre passaggi. 

1. Il segretario del sindaco, Paolo Limonta, noto frequentatore del Leoncavallo, si è visto negare il visto per andare negli Usa. Il sindaco non si scompone e dice che è una figura istituzionale, dunque come tale deve essere accolta negli Usa. Non si pone il problema che forse questo personaggio mostra il volto di rottura del contesto democratico.



Limonta  spiega che «oggi, in ambasciata, una simpatica funzionaria mi comunica che la mia richiesta di visto non è stata accettata e, incredibilmente, chiede a me di spiegarle le ragioni di questo rifiuto. Le ho suggerito di verificare se, per caso, alla base della non concessione del visto, ci potesse eventualmente essere il fatto che ho difeso e difendo i diritti di molti popoli oppressi come i kurdi, i palestinesi, gli iracheni e continuerò a farlo». Ma Limonta aggiunge che la causa del diniego potrebbe essere dovuta al fatto che «la mia crescita umana e politica sia stata indelebilmente segnata dai golpe avvenuti in Sud America e che la mia critica alla politica statunitense in quell’area sia stata costante nel nome di tutte le centinaia di migliaia di donne e uomini innocenti imprigionati, torturati o uccisi».



2. Pisapia dichiara che potrebbe anche votare per Matteo Renzi alle primarie. Ma ricordiamo che Pisapia non è del Pd. La sua dichiarazione serve solo a dire che Renzi, se smette di fare il rottamatore, è il portatore di una visone etica e di giustizia che diventa l’alternativa alla coalizione del governo Letta. «Credo che Renzi abbia la capacità e la possibilità di fare il candidato dell’intera coalizione, ma questo – ha detto il sindaco di Milano – non può far sì che il candidato della coalizione sia automaticamente il segretario del Pd». «Non ho mai pensato che fosse troppo di destra. Penso che sulla giustizia lui abbia una visione come quella che ho io – ha detto Pisapia – e cioè che non ci deve essere un pregiudizio ma un giudizio. Sul altri temi ci sono differenze forti, ma è il bello di una coalizione unita e unitaria».



3. Infine la dichiarazione fatta a La7, dicendo che in autunno si rischia di avere rivolte di massa provocate da una crisi economica non affrontata con la spesa pubblica. Insiste nel dire che si rischia la sollevazione popolare. Agosto è il termine ultimo per le scelte del Governo. 

Allora qual è la vera identità di questo sindaco? Quella di chi pretende di sfidare gli Usa sull’accettazione delle posizioni estremiste? Oppure di chi pensa a un governo Renzi che sia di sinistra ma nel senso dell’etica come politica e della centralità della magistratura? Oppure quella di chi sta contro il governo Letta e minaccia rivolte di massa, pur sapendo che la spontaneità dal basso, fatta da gente bisognosa, non esiste? Ci vuole, infatti, il soggetto capopopolo che trascini le masse… 

L’impasto politico che ci prefigura il sindaco di Milano è bruttino e semplicistico. 

Non credo che Renzi voglia l’immagine tracciata da Pisapia. Credo che Pisapia debba cambiare il suo collaboratore cercando davvero una figura istituzionale. Ma ancora di più credo che non sia buona cosa paventare le rivolte di massa. 

La crisi non è un’ingiustizia commessa verso alcuni, che dovrebbero ribellarsi. La crisi è l’allargarsi di un bisogno di adesione al cambiamento necessario, comprendendo che ci sono settori e iniziative positive e altri che non possono rilanciarsi se non inventano nuovi ruoli. Quello che urge è il sostegno alle buone pratiche, anche di chi è in cerca di lavoro. Sostegno al rapporto con le agenzie di collocamento, sostegno alle iniziative di riqualificazione, sostegno al credito e alla solidità delle imprese meritevoli. 

Di cosa parla Pisapia quando minaccia le rivolte dicendo che entro agosto il governo deve affrontare la situazione? Non sarà il solo governo a fare da volano. Occorrono tutte le energie presenti nella società: Milano ha un grande arco di presenze positive e il sindaco dovrebbe raccontare la città reale, le sue forze dinamiche, mostrarle a banche e istituzioni, affinché si raccordino tutti i tratti della ripresa. Se uno fosse a capo della città, e non facesse in modo fazioso il capopolo. Ecco un suggerimento relativo all’identità del sindaco.