Sembra che l’azione di Papa Francesco, tra i molti segni e presagi di rinnovamento della Chiesa che sono seguiti alla sua elezione, stia avendo tangibili ripercussioni anche per quanto concerne il riconoscimento dei profili di santità. Diverse cause di beatificazione e canonizzazione, che ristagnavano anche da molto tempo presso gli uffici della Congregazione dei Santi, negli ultimi mesi hanno visto riattivarsi i loro iter, e si può legittimamente parlare di una nuova stagione di promozione dei modelli di vita cristiana da parte della Chiesa, che ci sta riportando rapidamente al clima delle tante proclamazioni avvenute sotto il ministero petrino di Giovanni Paolo II, non a caso lui stesso in prima linea nell’ascesa agli altari.
Tra le figure del Novecento interessate da questa ripresa che hanno indubbiamente inciso e pure prodotto correnti di pensiero, almeno in Italia, vi è quella di Giuseppe Lazzati, noto soprattutto per la sua attività di rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, le cui virtù eroiche sono state riconosciute appena ieri. Dopo una gioventù trascorsa ad animare il movimento cattolico degli anni Trenta e Quaranta, la scelta del ’31 di consacrazione secolare, gli anni della ricostruzione passati al fianco di figure quali Giuseppe Dossetti e Giorgio la Pira ed una breve ma intensa esperienza parlamentare nella prima legislatura, a Lazzati era toccato un rientro nella sua Milano denso di impegni diaconali come la direzione de L’Italia e l’assidua assistenza del laicato, sotto la spinta convinta dell’arcivescovo Montini.
Una sfida assai più delicata sotto il profilo educativo, sociopolitico e culturale gli si prospettò ben presto, quando l’ateneo milanese fondato da padre Gemelli gli venne affidato – sempre con il placet di Montini divenuto papa Paolo VI – dopo lo scoppio della contestazione studentesca del ’68 e la breve e tribolata gestione da parte del cosiddetto “rettore della resistenza” Ezio Franceschini (così almeno nelle aspettative di taluni). Nella nomina di Lazzati erano contenuti presumibilmente anche compiti di “normalizzazione”, in coincidenza con una maggiore attenzione (ed esigenza di controllo) attestata allora dalla Conferenza Episcopale Italiana nei confronti di un fermento sociale ormai ribollente all’interno del movimento studentesco della Cattolica – fissato vividamente nelle memorie di Mario Capanna – di cui preoccupavano in primis gli esiti sul piano culturale, così come su quello ecclesiale.
Il nuovo rettore, con un’azione decisa, volle dare un rinnovato impulso alla sua università, cercando innanzitutto di fornire risposte attuali, sulla spinta del Vaticano II, al suo essere “cattolica”, anche attraverso l’istituzione del dipartimento di Scienze religiose quale possibile preludio ad una facoltà di teologia (che mai avrebbe visto la luce), e soprattutto cercando di dare più intenso vigore alla ricerca, alla formazione permanente e al lavoro culturale.
Il suo progetto di aggiornamento fu indubbiamente vasto e articolato, e suscitò anche critiche da una parte del mondo ecclesiastico e non, soprattutto quando la sua direzione non sembrò ad alcuni sufficientemente ferma nel contrastare gli eccessi di protesta dell’onda lunga del ’68 nell’ateneo cattolico. Una critica a cui sembrarono aderire anche alcuni uomini della Chiesa milanese, ed a cui è stata pure attribuita la fine della sua esperienza rettorale nel 1983.
Lazzati sarebbe sopravvissuto solo altri tre anni dopo la conclusione dell’impegno alla Cattolica, ma il suo lavoro avrebbe continuato ad alimentare una corrente di pensiero che ha espresso diversi protagonisti, animando talvolta anche con toni accesi il dibattito sulla questione dell’essere cattolici nel mondo contemporaneo. La ripresa della sua causa di beatificazione ripropone oggi all’attenzione dei media e della cultura, forse non solo cattolica, un approccio di pensiero apprezzato e in parte anche discusso, che comunque continua a sollecitare risposte urgenti in chi ancor oggi ritiene valido se non addirittura essenziale il contributo della Chiesa nella sua interezza per la crescita sociale e politica della nostra società.