Il Movimento 5 Stelle si fa sostenitore di tutti i gruppi anti sviluppo che lottano contro l’Expo. Gridano contro i palazzi dell’Expo: affermano che si deve fare la difesa del territorio, che verrà rovinato da opere faraoniche che dopo l’Expo non serviranno più. Intanto lanciano i propri slogan: riappropriazione dei diritti, accesso al reddito, ovvero assistere le fasce deboli con processi egualitari.
Chiedono che, in questo periodo di crisi, le risorse vadano investite in servizi pubblici di primaria importanza per la collettività (mobilità, istruzione, casa, sanità, etc.) e in misure di welfare che garantiscano la continuità di reddito per le precarie e i precari.
Come rispondono invece politici e amministrazioni pubbliche? Chiedendo deroghe al patto di stabilità solo in funzione di Expo, ma al contempo insistendo con politiche di austerità. Un interessato regalo agli attori economici legati a Expo e alle opere connesse (ad esempio le tangenziali esterne milanesi, la Brebemi o la Pedemontana) e al crimine organizzato.
Entriamo nel merito dello stato dei lavori per l’Expo.
A 662 giorni dal via l’Expo milanese prende la rincorsa dalla Villa Reale di Monza, da ieri sede ufficiale di rappresentanza dell’evento. I tempi si fanno sempre più stretti e la prospettiva a rischio dell’evento è fotografia dello stato di indebolimento della politica in Italia.
Per questo si è messo in prima persona il presidente della Repubblica a sollecitare un atteggiamento deciso e dinamico nell’avviare le opere. Il presidente Napolitano ha detto che sfide come quelle dell’Expo dimostrano come le forze politiche sappiano mettere in campo una feconda coesione. E deve essere un’occasione per dimostrare che l’Italia non intende ripiegarsi nella crisi. Ha ricordato che «non c’è più un giorno da perdere». Infine ha voluto affermare che questo evento fonda la nostra speranza nella ripresa.
Il capo del Governo, Letta, ha detto che sarà il «cuore della ripresa italiana», perché porterà lavoro, sviluppo, prestigio. E poi sarà il «simbolo vincente dell’unità nazionale» e della coesione istituzionale. Enrico Letta scandisce le parole: «Ma Expo dovrà essere soprattutto l’occasione per uscire dalla cappa di sottovalutazione e autolesionismo».
Ci sono due vicende che preoccupano i vertici di Expo. La prima riguarda la sospensiva del Tar per l’affidamento dei lavori del Padiglione Italia. Un’azienda, arrivata terza, ha fatto ricorso alla giustizia amministrativa in quanto ritiene che il progetto vincitore fosse riconoscibile. Il Tar ha accolto la sospensiva e ha rimandato al 16 luglio il giudizio di merito. Per adesso i tempi sono ancora rispettati. Ma se la sospensiva dovesse essere confermata, anche un mese di ritardo potrebbe mettere in enorme difficoltà la realizzazione del padiglione italiano che dovrebbe essere completato per marzo 2015.
L’altra questione riguarda invece la possibilità per Expo di introdurre delle forme di flessibilità in deroga ai contratti nazionali. Ma l’iniziativa del governo ha subìto uno stop. I sindacati non hanno gradito e anche Palazzo Marino ha posto una serie di obiezioni chiedendo una maggiore condivisione sul territorio. Per questo motivo, la palla adesso passa al tavolo, già aperto, tra le parti sociali per il lavoro in Expo. La deroga richiesta sulla flessibilità del lavoro, che vede Pisapia contrario, dimostra che la corsa è drammatica e non tutti convergono nella collaborazione.
Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, ha detto che l’Expo 2015 sarà un evento «mafia-free». E ha aggiunto che Lombardia farà ogni sforzo perché lo spirito di collaborazione che oggi lega tutti i livelli di governo – nazionale, regionale e comunale – possa assicurare la migliore riuscita dell’Expo. E’ uno spettacolo vedere l’uomo della macroregione del Nord sostenere che la collaborazione con il Governo è buona. Ottimista sul ruolo di Expo come volano per far ripartire l’economia anche il presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli: «Può aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi, con una produzione di Pil pari a 25 miliardi di euro, di cui 10 miliardi e mezzo resteranno nelle tasche di imprese, lavoratori e investitori». Quanto ai nuovi posti di lavoro, le stime si aggirano intorno alle 200mila unità. Tra gli asset decisivi, il turismo. Motivo per cui Sangalli ha esortato tutte le regioni ad aderire alla società, creata con Expo e Regione Lombardia, per gestire il sistema integrato del settore turistico. Si prevedono 20 milioni di visitatori. E ci saranno tutti i temi dell’alimentazione esposti al massimo livello delle capacità produttive italiane ed estere.
Ma alla Villa Reale domenica sono arrivati anche i cortei dei manifestanti contrari all’Expo. E i grillini cavalcano questi movimenti attaccando l’Expo come spreco di denaro e come evento non utile al nostro Paese. Chi capisce le ragioni di costoro ci aiuti, perché io davvero non capisco. Se la questione è quella di aderire alle caratteristiche del nostro Paese mi sembra che il tema dell’alimentazione sia nostro. Se la questione è di non sprecare denaro pubblico mi sembra che si tratti prevalentemente di opere per la viabilità e le strutture di servizio. Se la questione è che non si devono fare autostrade e tangenziali, perché si favorisce l’uso delle automobili, si dica apertamente che i giovani eredi dei soldi di papà vogliono vivere in un mondo bucolico, con biciclette e tanto verde. Se poi il Paese si impoverisce, per questi che vivono di rendita è finalmente un mondo più pulito.
Che cosa possiamo dire? Speriamo che si riesca a realizzare al meglio l’Expo! Ma quanta fragilità della nostra vita pubblica!