“Made of Italians” è il concetto attorno a cui ruota il primo spot televisivo che promuove Expo 2015. La campagna, ideata da 1861united, l’agenzia di Pino Rozzi e Roberto Battaglia, è in onda dal 22 dicembre sulle principali reti nazionali Rai, Mediaset, Sky e La7. Il giudizio che si ricava vedendo i 30 secondi del promo è che, se si parla di cibo, nessuno al mondo è bravo come gli italiani. Avvenire ha attaccato il video sostenendo che “ignora la povertà!…si vedono italiche tavolate e non trova spazio il tema della manifestazione Nutrire il pianeta energia per la vita”. Tema che, secondo il quotidiano dei vescovi italiani, “traina riflessioni non solo sulla qualità del cibo, ma tocca il nodo della condivisione dei beni su scala globale, del diritto alla nutrizione e della sovranità alimentare”. Rossella Citterio, direttore comunicazione di Expo 2015 spa, ha risposto dicendo che si tratta solo di un passaggio, “ai valori sarà dato spazio più avanti”. La società che gestisce l’evento ha inoltre annunciato di avere in programma una nuova campagna che sarà lanciata a un anno esatto dall’inaugurazione dell’esposizione, nel mese di maggio. Per Alberto Contri, esperto di comunicazione e Presidente della Fondazione Pubblicità e Progresso, con quello spot è stato commesso “un errore non da poco. Ci si dimentica che l’Italia è in grave crisi, con 8 milioni di poveri e il 41% di disoccupati tra i giovani: tutta gente che fa letteralmente fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Non fare attenzione al contesto in cui una comunicazione arriva è sempre assai rischioso”.
Avvenire ha sollevato il caso dello spot che promuove l’Expo 2015 evidenziando l’incoerenza con il tema della manifestazione. Anche lei, in qualità di Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, ha espresso alcune perplessità. Ce ne vuole parlare?
La materia è delicata e va trattata con le molle. L’Expo è un evento importantissimo, pertanto qualunque italiano di buon senso non può che fare il tifo per la sua riuscita. Sarebbe quindi assai fuori luogo sollevare obiezioni su aspetti creativi o di gusto estetico, anche perché in questa occasione c’è di mezzo un’agenzia pubblicitaria di grande livello, che si è distinta spesso per una creatività brillante e originale. Ma qui il caso è più complesso.
In che senso?
Nel senso che tutti quelli che si sono espressi – creativi, esperti, docenti, esponenti del mondo del volontariato – hanno fatto notare che la prima uscita importante in comunicazione è apparsa del tutto incoerente con il tema della manifestazione.
In cosa consisterebbe l’incoerenza?
Molti hanno osservato, e a ragione, che il tema “Nutrire il pianeta” è stato una delle chiavi che hanno portato all’assegnazione dell’Expo 2015 a Milano. Trattandosi di un tema di grande sensibilità sociale, ampiamente sottolineata ad ogni occasione nel sito ufficiale, non si può poi dimenticarlo del tutto nella prima comunicazione importante. E addirittura contraddirlo, proponendo l’Expo 2015 come una della tante fiere che si tengono per promuovere comparti industriali e artigianali, parlando di alimentazione in modo edonistico, mostrando una sterminata tavola con migliaia di commensali in festa per l’abbondanza di cibo nei piatti.
I responsabili di Expo si sono difesi sostenendo che l’obiettivo dello spot era convincere gli italiani a partecipare, con un messaggio spiritoso che prende un po’ in giro i difetti nazionali, e che dei valori se ne parlerà in seguito.
Chi segue le attività di Pubblicità Progresso, sa che da anni sosteniamo che una campagna sociale può arrivare meglio al cuore delle persone grazie all’ironia, anche per temi molto “tosti”, come l’AIDS, la disabilità, la donazione degli organi. Ma oltre che nell’esecuzione, che comunque può essere un fatto opinabile, l’errore qui sta altrove.
Dov’è l’errore?
L’errore sta proprio nella decisione di ignorare il tema dell’Expo, ricordando invece agli italiani che, fra i tanti difetti, hanno una dote, quella di intendersi di cibo e di stare volentieri a tavola. E’ un errore non da poco.
Perché?
Perché ci si dimentica che l’Italia è in grave crisi, con 8 milioni di poveri e il 41% di disoccupati tra i giovani: tutta gente che fa letteralmente fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Per non parlare degli 800 milioni di persone nel mondo che soffrono la fame e dei 24mila che ogni giorno muoiono per mancanza di cibo. Non fare attenzione al contesto in cui una comunicazione arriva è sempre assai rischioso.
Cosa si sarebbe dovuto fare, secondo lei?
Innanzitutto considerare che, pur con l’obiettivo di attirare visitatori e affittare spazi, l’argomento si presta a una comunicazione che ha molto a che fare con la CSR, la Responsabilità Sociale dell’Impresa: in questo caso con la CSR del Sistema Italia rappresentato da Expo, che ha deciso di investire enormi risorse in un progetto così sfidante.
In che modo, scusi?
Ogni giorno veniamo bombardati da proclami sulla grande occasione di sviluppo e di lavoro costituita dall’Expo…ma se al primo importante momento di comunicazione, invece di dire “Venite a vedere qual è lo stato dell’arte delle soluzioni di ogni tipo per Nutrire il pianeta, e cosa sta facendo l’Italia in questo campo”, si celebrano le doti di un popolo che sa soprattutto stare a tavola… c’è qualcosa di fortemente stridente.
Stridente con cosa?
Sia con le aspirazioni che con il contesto. Si poteva offrire un momento di speranza e di proposta di soluzioni globali a chi è proprio in difficoltà per il poco cibo a disposizione, invece che far sentire esclusi quelli che non possono sedersi tra i fortunati pasciuti e contenti…
A questo proposito, il Cardinale Scola proprio in un’intervista al Sussidiario, ha messo in guardia da un’interpretazione neo-pagana dei temi dell’Expo.
Condivido al mille per cento. Già ignorare il tema “Nutrire il pianeta” nella prima comunicazione importante è un sintomo significativo di questo approccio. Mi pare poi sinceramente curioso affermare che “dei valori se ne parlerà più in là”. Sarebbe come dire “intanto venite a vedere una fiera mondiale perché noi sappiamo come farla… per vedere cosa, ne parliamo un’altra volta”. Mi è sorta spontanea una battuta
Quale?
Vedendo le migliaia di attovagliati nello spot – come direbbe D’Agostino -, vista la decisione di ignorare il tema e di scegliere una rappresentazione degna di Lucullo, verrebbe da dire che il messaggio di Expo 2015 sia diventato quello contenuto nella famosa, terribile risposta di Maria Antonietta a chi le ricordava che il popolo non aveva da mangiare: “Il popolo non ha pane? Che mangino delle brioches!”. Battute a parte, sono sicuro che non è certamente questa l’intenzione… ma è noto che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. In più…
In più?
Ad aggravare questa sensazione c’è stata la continua promessa, su molti mass media, della riproposta della cultura alimentare italiana che verrebbe fatta dai gourmet all’Expo…Ora con tutto il rispetto, se c’è qualcosa di più lontano dal tema è la proposta di una cucina tanto raffinata quanto costosa…
Non pensa che l’Expo dovrebbe essere un’occasione per promuovere le eccellenze del made in Italy anche in questo campo?
Assolutamente sì! Magari arrivandoci con un percorso che parta dal tema e poi si allarghi in mille rivoli. Altrimenti sembra che il tema sia stato proposto per scaldare i cuori della commissione giudicatrice, per potersi poi concentrare su business di altro genere. Siamo ben coscienti del fatto che l’Expo è una sicura occasione per creare lavoro, dotare un territorio di maggiori infrastrutture, accrescere la reputazione del nostro paese. Non solo
Cos’altro?
Prima che dei gourmet parlerei della grande tradizione della cucina regionale italiana che ci invidiano in tutto il mondo, e che è una cucina estremamente povera (polenta, riso, pasta, pomodoro, erbe aromatiche) ma assai gustosa e in grado di nutrire tutti. Il successo di Eataly insegna… Da lì, si può certamente arrivare anche ai gourmet e all’industria alimentare, ma seguendo un percorso in perfetta sintonia con il tema. La comunicazione questo non può ignorarlo.
Mancano poco più di 15 mesi all’Expo: il tempo per recuperare non manca. La strada tuttavia rimane in salita.
Sappiamo delle mille difficoltà che esistono nel gestire un evento del genere: si sono persi anni in liti per le poltrone, e ora si apprende che le infrastrutture potrebbero non essere quelle promesse… e molto altro ancora. Ma se perdiamo anche l’occasione di rilanciare il tema, rivestendolo di speranze e aspirazioni e facendolo diventare il primo motivo di interesse per i visitatori, avremo perso una clamorosa occasione di intelligenza e di dignità di pensiero. Con in più il rischio – almeno per quello che appare dalla comunicazione – che dell’Expo rimangano costruzioni circondate da erbacce, e la reputazione di popolo pasticcione, caciarone e godereccio, alla faccia dei gravi problemi alimentari del pianeta.