“Ritorno a casa” e “Benvenuto a casa”: due titoli che sembrano assomigliarsi, entrambi mettono a tema la “casa”, la fondamentale e prima estensione spaziale della persona e nello stesso tempo luogo del riposo, della ripresa, in qualche modo della consistenza. Per piccola ed essenziale che sia, capanna o castello, la casa è “il” luogo della persona, entrarvi è essere ammessi nella sua intimità: non per nulla Andrea e Giovanni, incontrato Gesù, gli chiedono “dove abiti?”.
Ecco, anche questa primordiale ed essenziale esperienza può essere fraintesa, camuffata, contraddetta: nel (discutibile) libro di Fabio Volo la “casa” cui si fa “ritorno” è una famiglia che si disfa, una dimora vuota di presente e ingombra di ricordi, di un passato che si vorrebbe superare per un futuro problematico che lascia ognuno, al fondo, solo con se stesso. Viene il dubbio che il titolo sia stato pensato non tanto in relazione al contenuto del racconto, quanto appunto per la suggestione inconscia che il termine “casa” ha nella nostra cultura.
La “casa” di Massimo Camisasca, al contrario, è un luogo che accoglie, una famiglia viva e presente che si apre ad abbracciare la solitudine di chi, appunto, non ha dove stare; è, prima che una dimora di mura, il luogo degli affetti, il cui cuore pulsante sono le relazioni, la quotidianità della convivenza. È un libro che nasce da sette anni di dialoghi con uomini e donne impegnati in esperienze di accoglienza familiare, e che si riconoscono nell’associazione Famiglie per l’Accoglienza; un libro che di questi dialoghi mantiene la freschezza e la spontaneità, senza la pretesa di una preconfezionata sistematicità, ma con la chiara ed evidente preoccupazione di accompagnare e sostenere le difficoltà emerse nel concreto delle vicende. In questo senso è un libro autorevole, con l’autorevolezza che viene all’autore dalla sua esperienza di paternità spirituale nei confronti di tante persone e in particolare dei sacerdoti della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, di cui è stato fondatore e per oltre un ventennio presidente.
Il sottotitolo – “Le ragioni dell’accoglienza” – chiarisce il taglio metodologico della posizione di Camisasca: non consigli su cosa e come fare, ma l’aiuto ad andare al fondo, al senso ultimo delle esperienze di adozione, di affido, di ospitalità, perché è a questo livello radicale che si ritrovano le risorse necessarie, e ne discendono le soluzioni in concreto praticabili. È fondamentale, a questo proposito, una sottolineatura del primo capitolo: “il primo passo per poter amare gli altri è cominciare ad amare se stessi. L’accoglienza degli altri è una dilatazione dello sguardo misericordioso con cui guardiamo al nostro io, limitato eppur esaltante, fragile eppure libero, peccatore eppure destinato alla gloria” (Massimo Camisasca, Benvenuto a casa, San Paolo 2013, pag. 19).
Non c’è moralismo, dover essere, ricette per essere buoni o per una giustizia solidalistica, ma la drammatica e quotidiana fatica di prestare attenzione alla propria esistenza, cioè di essere vero, di essere sempre di più se stesso. Gli altri, tutti gli altri che incontriamo, sono l’occasione, il richiamo a scoprire la nostra originaria “urgenza di reciprocità” (Luigi Giussani, Stefano Alberto, Javier Prades, Generare tracce nella storia del mondo, Milano 1998, pag. 100), che emerge fenomenologicamente nella “primaria, fondamentale attesa della nostra vita… di poter essere amati” (Camisasca, ibidem, pag. 36). E questo perché l’amore è l’essenza stessa dell’Essere, e a Sua immagine anche per noi “il senso della vita è condividere” (Camisasca ibidem pag. 41).
Ultimamente, dunque, accogliere l’altro vuol dire approfondire il senso di sé, accrescere la propria consapevolezza, voler bene al proprio io: l’accoglienza fa bene innanzi tutto a chi la pratica, e le testimonianze raccolte nel libro lo documentano. È un interessante e inconsueto modo di vedere tali tipi di esperienze…
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“Benvenuto a casa. Le ragioni dell’accoglienza” di Massimo Camisasca (San Paolo, 2013) sarà presentato domani, sabato 18 gennaio alle ore 21 nell’Auditorium Giovanni Paolo II in Piazza Santa Maria Nascente (QT8) a Milano. Intervengono Marco Mazzi, presidente di Famiglie per l’accoglienza, e Alda Vanoni, socia fondatrice.