Una vita finisce e un’altra sta per iniziare: una donna incinta è stata dichiarata morta, ma attaccata alle macchine prosegue la gravidanza. La donna, una milanese di 36 anni, è stata colpita da un’emorragia cerebrale fulminante, mentre si trovava nella sua abitazione. E’ arrivata al San Raffaele martedì scorso, ma il suo elettroencefalogramma è piatto, quindi è clinicamente deceduta. Nonostante ciò lo staff di ginecologi, rianimatori e neonatologi sta cercando di fare crescere il feto nel suo utero. Il piccolo pesa 500 grammi. A 24 settimane comincia a formarsi la corteccia cerebrale ed è possibile la sopravvivenza. La famiglia ha deciso di non staccare quella spina e di tentare a far nascere il piccolo. Così il corpo della mamma è stato trasformato in una sorta di incubatrice: una sonda nell’intestino materno alimenta il feto, la ventilazione artificiale fa arrivare l’ossigeno nel sangue della donna e di lì al feto. Il cuore della donna continua a battere e finché batte il bambino viene tenuto in vita. Ma nel momento in cui il cuore della donna cesserà di battere, i medici dovranno subito procedere con il taglio cesareo. Il corpo della donna si trova in una sala allestita nella Terapia intensiva neurochirurgia, diretta da Luigi Beretta. Questo è un caso con pochi precedenti al mondo. Un precedente caso risale all’agosto del 1993 ed è quello di Trisha Marshall, 28 anni, che è stata dichiarata in stato di morte cerebrale alla 17esima settimana di gravidanza. La donna fu ricoverata all’Highland General Hospital di Oakland, dopo aver subito una rapita, nella quale fu ferita mortalmente e fu tenuta attaccata alle macchine per 105 giorni. (Serena Marotta)