Lo sapevate che la settimana della moda a Parigi è durata 9 giorni mentre a Milano è durata 4 giorni? che le vendite a Milano sono state inferiori alle aspettative? Che la moda italiana è la prima al mondo ma vende a Parigi? Che le vendite a Parigi sono state un successo? Che Dolce e Gabbana, maltrattati da Pisapia sono considerati oggi fra i migliori stilisti del mondo? Che il Museo della moda a Milano non ha saputo contribuire al rilancio di Milano. Ho ascoltato con grande interesse un’intervista di una giornalista che ha spiegato che la moda milanese non ha saputo fare sistema, non hanno avuto l’ambiente cittadino adatto a incontrarsi. Le manovre di collocazione nella città, nei progetti di commercializzazione e di creazione delle direzioni aziendali, hanno fatto una tremenda fatica a realizzarsi. Non c’è stata la proposta del governo cittadino per creare un distretto significativo,  in particolare nella galleria Vittorio Emanuele, la lotta per accaparrare uno spazio ha diviso, come se si dovessero sbranare l’un l’altro. E allora il grande capitale francese è intervenuto, comprando grandi quote dell’alta moda italiana.  E questo fa parte della globalizzazione, ci ricorda che si è aperta una grande partita mondiale sui ruoli dei diversi mercati. Circa 700 milioni di nuovi ricchi, dalla Cina all’India, dal Brasile a Sud-Africa, cercano il consumo di qualità e la bellezza.  Guardate il centro di Milano, pullula di turisti di ogni parte del mondo, ma l’impressione è che nessuno abbia proposto loro un circuito, non ci sono promotori turistici adeguati alla  nuova domanda, anzi non si ha neppure la consapevolezza di Milano città d’arte e di storia. Farinetti nel mondo dell’alimentare ha generato con Eataly una grande iniziativa di promozione della cucina e dei prodotti alimentari di qualità italiani in tutto il mondo . Se è interessato a Renzi, non ha nessuna ragione per essere interessato a Pisapia, non si trova a Milano il clima di dibattito pubblico sui servizi necessari alla promozione del sistema Italia. Tornando alla moda, è veramente un grande danno per la nostra competitività il fatto che la settimana della moda non abbia visto una grande progettualità comune e che neppure la politica si sia interessata a quel che succedeva. Sappiamo che il clima milanese nella politica è ancora di tipo ideologico, nel senso che si vive di schemi astratti, non si ascoltano le forze vive della città, e si procede credendo ancora che sia la politica a dover limitare gli eccessi degli interessi privati. Ovvero non c’è a Milano la flessibilità e la tensione operativa di Renzi. Povera vecchia sinistra milanese, non hanno neppure ereditato il consenso della destra in declino. Ma il centro-destra milanese dovrebbe svegliarsi, bisogna assolutamente andare a intervistare, chiedere incontri, scoprire la città. Non fare la coda in Assolombarda per sentire i burocrati dell’imprenditorialità, non accodarsi al prevalere delle corporazioni chiuse in se stesse, c’è una nuova città all’opera, difendetela ! Meno massoneria e meno riconferme elettive nella casta politica, non cercate il potere che distribuisce i posti , non asservitevi al proprietario del consenso, andate a produrre il consenso!



Leggi anche