Nel cuore della Milano dello shopping e delle sue molteplici attività c’è un piccolo luogo di pace: è la settecentesca chiesa di San Raffaele, da sempre cara ai milanesi perché in essa vi è l’esposizione permanente del Santissimo Sacramento. Proprio a fianco del lusso della Rinascente si aprono le porte lignee che introducono nella chiesa profumata di incenso, in cui le monache vestite di bianco adorano il Signore esposto e a loro si uniscono tante persone che di fretta o con calma strappano alle commissioni un breve tempo di preghiera. Sui gradini di accesso i mendicanti spesso chiedono l’elemosina. Si entra e ci si trova avvolti in una penombra luminosa che ha il suo fulcro nell’ostensorio abitato dal Signore. L’architettura è di Tibaldi e accompagna i passi di chi percorre le tre brevi navate per avvicinarsi all’altare: si respira un clima di armonia, di ordine e di silenzio, che contrasta singolarmente con la dispersione esterna.
In questo Avvento e fino alla fine di gennaio la chiesa di San Raffaele ospita un’opera del pittore William Congdon, una Natività che è tutta luce di angeli su Maria e il Bambino. Un motivo in più per soffermarsi un attimo in questa chiesa del centro di Milano, forse poco conosciuta ma così significativa. Il pittore americano, compagno di Pollock nell’avventura dell’Action Painting, viaggiò molto, visitando i luoghi del dolore umano in Europa, in India, in Africa e infine, convertitosi al cattolicesimo, visse numerosi e attivissimi anni presso il monastero benedettino della Cascinazza, alle porte di Milano, condividendo la vita dei monaci. Egli non aveva mai voluto che un suo quadro fosse esposto in una chiesa; temeva che la sua arte, ancora colma di soggettivismo, contaminasse l’oggettività della preghiera liturgica. Ora invece, a parecchi anni dalla sua morte, una sua opera diventa visibile, seppure temporaneamente, proprio in uno spazio sacro dedicato all’adorazione.
C’è un’altra chiesa a Milano, all’incrocio tra corso di Porta Romana e via Santa Sofia, San Calimero. Essa è aperta nel pomeriggio, tra le 15.30 e le 17.30, ad opera del gruppo degli “Amici di san Calimero”, che ne assicurano la sorveglianza in quelle ore. Di origine tardo antica, rimaneggiata sovente lungo i secoli fino all’ultimo restauro ottocentesco, conserva nella cripta il pozzo dal quale il vescovo Calimero che vi era stato gettato dai briganti sarebbe stato salvato dalle mani degli angeli. Anche questo è uno spazio per una breve riflessione, una preghiera da parte di chi passa e si ferma. Sono molte le persone che entrano; non lontano c’è l’ospedale Gaetano Pini e ciò contribuisce alle frequenti visite di gente che viene da lontano, ma che non rinuncia a una breve visita, proprio come i tanti residenti, dalle mamme con i loro bambini agli anziani di un quartiere del centro di Milano, che ha conservato ancora la sua fisionomia.