Caro direttore,
forse non tutti, oggi, hanno avuto l’opportunità di leggere, sulle pagine del Corriere della Sera, de la Repubblica e de Il Fatto Quotidiano, alcuni articoli sulle indagini legate a Infrastrutture lombarde e ai suoi responsabili. Vi anticipo che non vi siete persi nulla! Con mio enorme stupore, infatti, i giornali hanno messo in risalto, senza ragione, alcune mie relazioni con i due avvocati citati nei pezzi, Carmen Leo e Fabrizio Magrì, con i quali, come tante altre società e studi milanesi e italiani, intrattengo o ho intrattenuto dei normali rapporti di lavoro. 



Con mio rammarico sono stato, inopinatamente, coinvolto in questioni relative a una società con la quale non ho alcuna connessione. Scorgo nei contenuti una violenza gratuita che sfocia, a mio avviso, anche in un chiaro tentativo di diffamazione da parte degli autori. Questi ultimi hanno dimostrato, questa mattina, di non applicare la verità alla vita. Questa circostanza mi stupisce: tre giorni fa sulle pagine dei loro quotidiani è stato dato ampio spazio all’appello lanciato da Papa Francesco e destinato ai media: «Per me i peccati dei media più grossi sono quelli che vanno sulla strada della bugia e della menzogna [… ] Ma la disinformazione è il peccato peggiore, perché è dire solo la metà delle cose, quella che è più conveniente. Così con quello che vedi in tv o senti alla radio, tu non puoi farti un giudizio». 



Vorrei, in tal senso, condividere con voi la tristezza e l’amarezza di chi, come me, lavora quotidianamente per cercare di costruire qualcosa per il Paese, per i miei collaboratori e per la mia famiglia. Concludo dicendo che continuerò a impegnarmi ispirandomi alla prima ragione di vita. Mi riferisco alla volontà di affermare e di testimoniare la passione per l’uomo con l’obiettivo di costruire una civiltà a dimensione umana. Questa forza, che mi è stata concessa per Grazia, costituisce il cuore del mio ideale cristiano, che è esperienza di vita.
Un caro saluto
Antonio Intiglietta

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