“Presidente Maroni uno sforzo in più, un piccolo sforzo per difendere la vita davanti alle sole ed esclusive difficoltà economiche”. Paola Bonzi, fondatrice e direttore del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, è tornata a chiedere a Regione Lombardia di ripristinare Fondo Nasko come era in passato, senza modificarne i requisiti di accesso. “Presidente Maroni, assessore Cantù, non potete passare alla storia come due amministratori della nostra Lombardia che hanno preferito la logica di partito alla vita”.



Il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, inoltre, chiede alla Regione di liberare i finanziamenti stanziati nel luglio 2013 ma non ancora finiti ai destinatari. Per supplire a ciò, da gennaio a marzo 2014 il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli ha erogato, con mezzi propri, 24 sussidi a donne che avrebbero abortito per motivi economici; nello stesso periodo, l’associazione ha potuto fare richiesta di Fondo Nasko per sole 20 utenti. Ogni sussidio erogato dal CAV Mangiagalli è di 200 euro per diciotto mesi, per un importo complessivo per ciascuna donna di 3.600 euro, contro i 3.000 di Fondo Nasko.



“L’annunciato aumento dell’importo del Cresco è senz’altro da valutare positivamente” continua Paola Bonzi, “ma Regione Lombardia sta svuotando il Fondo Nasko del suo significato originario: costituire un deterrente contro l’interruzione volontaria di gravidanza per motivi economici. Cento euro al mese sono davvero pochi per offrire alla donna una reale possibilità di ripensamento e di accettazione della maternità”.

Inoltre i nuovi requisiti proposti dall’assessore Cantù renderanno di fatto il Fondo Nasko inaccessibile a molte donne: le pratiche per ottenere il contributo devono infatti essere espletate entro la dodicesima settimana di gravidanza, ed è impensabile che in tempi così stretti una donna possa ricevere dal Consolato del proprio Paese di origine il documento che attesti la mancanza di redditi.



In più, l’abbassamento della soglia del reddito ISEE esclude le studentesse, per le quali l’ISEE è quello dei genitori e quindi spesso superiore al limite imposto, impedendo così alle giovani donne di poter scegliere liberamente in merito alla propria gravidanza e di poter costruire la propria autonomia.

“Quanto ai cinque anni di residenza” conclude Paola Bonzi “abbiamo più volte affermato come tale criterio sia discriminatorio, e vogliamo ringraziare i consiglieri di Ncd e Pd per la mozione che hanno deciso di presentare oggi al Consiglio Regionale per chiedere di mantenere i requisiti attualmente in vigore. Ci appelliamo nuovamente a Regione  Lombardia: non snaturate il Fondo Nasko, perché farlo vorrebbe dire che la vita di tanti bambini non ha alcun valore. Sarebbe una grande ingiustizia. Siamo vicini alla mobilitazione popolare. Noi del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli rispettiamo la legge 194 e per questo chiediamo anche alle istituzioni di agire secondo le norme vigenti e soprattutto secondo coscienza”.