Il momento più suggestivo è quando si aprono i grandi portoni del Duomo: ne fuoriesce una nuvola densa di incenso e dal buio profondo delle antiche navate emerge la croce, quella croce di San Carlo, quella con il chiodo dell’uomo crocifisso, accompagnata da chierici con lunghe candele accese. Per un momento il tempo è sospeso, il tempo non esiste più, è un momento di tempo nel tempo. Sembra una immagine che arriva dal lontano medioevo, ma non quello folcloristico e molto falso descritto in libri e film di successo “in nome di rose” frutto di mistificazione storica. Il popolo, quel popolo, migliaia di persone giunte da ogni angolo anche il più lontano della diocesi ambrosiana, è lo stesso popolo di mille  e più anni fa, giunto qui per un motivo solo. Ritrovarsi davanti al quel segno di speranza, di  aiuto, di fede umile e profonda che ha segnato i secoli della storia nel silenzio di un popolo che la storia l’ha costruita.



Qui, stasera, c’è davvero un mondo, quello che tutto sopporta e tutto spera e nel silenzio fa la storia. Li ha chiamati l’arcivescovo di Milano per un gesto coraggioso. E che è un gesto coraggioso oggi fare una processione di fede in pubblico lo si capisce dagli stupidi fischi e cori che si avvertono in lontananza, di quelli a cui la croce dà fastidio perché ricorda la loro stessa (e nostra) miseria quotidiana. 



Venite a vedere questo spettacolo è stato l’invito dell’arcivescovo Scola, con le parole dell’evangelista Luca, uno spettacolo che è partecipazione, non qualcosa da ammirare da lontano come ormai siamo abituati nella banalità di spettacoli costruiti per annichilire invece che esaltare il cuore dell’uomo. Uno spettacolo segnato dai ritmi della Passione secondo Luca, a cui hanno fatto contorno attori, giornalisti, scrittori, cantanti. 

Dopo la lettura di due brani dedicati alla città di Milano del giornalista Massimo Bernardini e dello scrittore Luca Doninelli, brani che hanno squarciato la contemporaneità drammatica di Milano, si sono alternati la brava attrice Pamela Villoresi (con un testo di Giovanni Testori)  e l’altrettanto bravo attore Massimo Popolizio. Quest’ultimo, leggendo le immortali pagine dell’incontro tra l’Innominato e il cardinale dai Promessi sposi, ha dato l’impronta più forte alla serata: quel cuore devastato dal male che si squarcia davanti a Dio nonostante tutto. Quel bisogno implacabile di tenerezza, di abbraccio, di perdono che accomuna ogni uomo a ogni latitudine.



L’orchestra giovanile Futurorchesta con il coro Song hanno donato momenti di musica di grande emozione. Ma sicuramente le parole della vedova del commissario Calabresi, Gemma, hanno portato a tutti l’evidenza che anche il male più grande, anche il dolore più devastante, se accolto dall’abbraccio misericordioso della croce, possono essere vissuti come possibilità di perdono e di nuovo inizio. 

Marco Sbarbati in coppia con il tenore Vittorio Grigolò ha eseguito una commovente Hallelujah del poeta e cantautore canadese Leonard Cohen, mentre Davide Van De Sfroos ha portato il dialetto delle terre di provincia di Milano, le stesse di Renzo e Lucia, con una toccante Ninna nanna del contrabbandiere dove anche il malfattore è redento da quella croce che si porta in spalla nelle sue imprese. Il simpatico Giacomo Poretti ha concluso la serata con una recitazione di grande effetto, tra sorrisi mai banali e profonde riflessioni su quella Madonnina che guarda Milano da secoli e sotto la quale troviamo ancora oggi speranza. 

C’era davvero posto per tutti questa sera, santi e peccatori, dubbiosi e credenti. Un popolo, radunato dalla croce e dal chiodo. Alla fine, l’arcivescovo si ferma a parlare con il sindaco di Milano sul sagrato in mezzo alla gente. Due culture e due persone diverse, che si incontrano, si sorridono e si stringono le mani in mezzo alla gente comune senza nascondersi, così diverso dalle urla e dalla rabbia che si sentono sempre quando mondi diversi si incontrano. D’altro canto era proprio questo quello che aveva chiesto l’arcivescovo: un momento in cui in modo pubblico sia dichiarato l’impegno come cristiani per stare con tutti e condividere gioie  e fatiche, speranze e problemi e mostrare come Gesù Cristo è la risposta che trasfigura la vita e come la Croce parli a ogni uomo.

Parlando anche a quel ragazzo rasta dalle lunghissime trecce che a fine serata si scatta dei selfie con l’arcivescovo e il Duomo di Milano dietro di lui. Chissà chi è, ma anche lui stasera è venuto qui. C’erano davvero tutti questa sera in Piazza del Duomo, davanti alla croce e al chiodo.