È tutto pronto anche in Regione Lombardia per l’avvio di Garanzia Giovani, il programma voluto dall’Unione europea per alleviare la disoccupazione giovanile. Youth Guarantee si rivolge a tutti i giovani perché entro quattro mesi dalla conclusione dei percorsi formativi o scolastici abbiano una opportunità di lavoro, apprendistato e tirocinio compresi. Si doveva partire il primo maggio, ma le regioni stanno arrivando in ordine sparso. In Lombardia, Garanzia Giovani rappresenta una modalità di attuazione di Dote unica lavoro, lo strumento di politiche attive della Lombardia che eredita i principi chiave del sistema-dote avviati a suo tempo dalle prime giunte Formigoni. La Dote a guida Maroni ha permesso di avviare al lavoro, da ottobre 2013, quasi 7mila giovani, di cui il 23% con contratto a tempo indeterminato. Ora la Regione ci prova non solo con i Neet, ma con tutti i giovani, laureati compresi, che escono da un programma formativo, e concede fondi non solo alle agenzie tradizionali di incontro domanda-offerta, ma anche a università, poli tecnico-professionali, Its, enti di formazione professionale se entro 4 mesi documenteranno l’avvio di un rapporto di lavoro, di apprendistato, di tirocinio, di continuazione degli studi. Il sistema educativo, gli accreditati al lavoro (soggetti pubblici e soggetti privati) e le imprese sono destinatari di 178 milioni di euro per il biennio 2014-15, ma riceveranno i soldi solo a risultati raggiunti. Ilsussidiario.net ne ha parlato con l’assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro Valentina Aprea, che coordina il progetto e che oggi, a Palazzo Lombardia, presenterà ufficialmente Garanzia Giovani Lombardia alla presenza dei ministri Poletti e Giannini.
Assessore Aprea, come mai questo ritardo? Sareste dovuti partire il 1° gennaio…
La Lombardia è partita ben prima, a ottobre 2013, con Dote Unica Lavoro che si basa sui medesimi principi fondamentali che ha poi mutuato Garanzia Giovani: l’orientamento al risultato, l’utilizzo dei costi standard, la concorrenza tra operatori pubblici e privati accreditati. A gennaio il Governo era ancora indietro: aveva ripartito le risorse tra le Regioni chiamate ad attuare il programma nazionale ed aveva appena iniziato il confronto per l’attuazione degli interventi, che si è dilungato: la Lombardia si è mossa tempestivamente chiedendo al Governo l’esclusione dei finanziamenti dal patto di stabilità (che il Governo non ha poi concesso), le modalità operative di accesso dei giovani e la definizione delle fasce di aiuto, l’integrazione dei sistemi informativi.
L’accordo tra Stato e Regioni sui flussi dei dati è stato sottoscritto solo il 20 febbraio scorso.
Appunto. Vi sono stati poi ritardi legati al cambio del governo. In Lombardia tuttavia il nostro sistema era già attivo e ben funzionante, perciò sono inutili le polemiche sugli aspetti burocratici preliminari, come la firma della convenzione con il Governo. Teniamo invece monitorati i concreti risultati occupazionali, perché su questo si misurerà la buona riuscita di Garanzia Giovani e i migliori modelli organizzativi per supportare le persone alla ricerca del lavoro. Contano i risultati. E vedrà che ci saranno, perché il nostro modello è unico in Italia. Anzi: ci auguriamo che possa essere esportato.
I giovani che non studiano e non lavorano sono un allarme sociale. Come pensate di affrontarlo?
Intanto, la nostra offerta non è rivolta soltanto ai Neet (che con i giovani disoccupati costituiscono lo “stock”, formato da coloro che attualmente sono in cerca di lavoro) ma spazia a 360 gradi, comprendendo anche il “flusso”, ossia coloro che hanno completato gli studi da non più di 4 mesi. Per i primi il risultato è atteso entro 30 giorni, per i secondi entro 4 mesi dal titolo.
Garanzia Giovani Lombardia si può considerare un’attuazione della Dote unica lavoro. In che cosa l’attuale Garanzia si differenzia rispetto al vecchio sistema dotale targato Formigoni?
Abbiamo garantito un’evoluzione di quel sistema rafforzando i punti di eccellenza e correggendo quelli di criticità. Il sistema che abbiamo ereditato era critico nella frammentazione dei bandi, che costringeva gli operatori del lavoro a spendere il loro tempo più negli uffici della Regione che presso le agenzie di matching. Erano poi servizi molto più orientati al processo che ai risultati, più a favorire la riqualificazione e la formazione che l’ottenimento di un lavoro. Non che fosse sbagliato. Ma se prima bastava fare formazione, la crisi ha cambiato tutto, ha reso tutto più drammatico, e oggi formare non basta più.
Quindi?
Abbiamo unito la politica della dote a quella a risultato. Ogni persona titolare di dote non solo entra nel programma e fruisce di servizi, ma non le si può non garantire un esito occupazionale. Diversamente, i fondi non vengono erogati.
Torniamo alla platea di interessati ai quali la Garanzia dovrebbe offrire un’opportunità.
Anche qui, come dicevo, Regione Lombardia opera diversamente. Il sistema nazionale punta soprattutto al recupero dei Neet, che certamente non possono non fare parte di Garanzia Giovani; però, in questo modo, quel sistema appare più volto a creare una sorta di ammortizzatore sociale, invece che a sviluppare una autonomia dei soggetti. Regione Lombardia da una parte chiede agli operatori del lavoro di creare una corsia preferenziale per i giovani più esposti, ma dall’altra ha inteso il suo modello di Garanzia come un’opportunità per tutti i giovani, che devono poter trovare lavoro, maturare, fare tirocinio, apprendistato o continuare gli studi.
È su questo che si basa la differenza tra stock e flusso?
Sì. Questa offerta a 360 gradi implica che debbano rientrarvi tutti i giovani del flusso, ossia quelli che ogni anno si diplomano o ottengono la laurea, mentre a livello nazionale l’attenzione è andata ai giovani dello stock, quelli che non lavorano e non studiano. Noi finanziamo orientamento e ricerca di opportunità per 260mila giovani dello stock più 70mila giovani del flusso.
Questo cosa cambia?
In Lombardia abbiamo ammesso ai finanziamenti di Garanzia Giovani non solo i 723 sportelli accreditati a fornire lavoro, ma anche le università, gli enti di istruzione e formazione professionale, gli Its, le istituzioni scolastiche e formative.
Questi enti che parte hanno?
Avranno accesso ai finanziamenti (178 milioni in 2 anni) se riusciranno far avere ad una parte dei loro studenti sotto i 29 anni esperienze di lavoro entro i 4 mesi dal conseguimento del titolo. In questo modo è premiata la spinta culturale delle agenzie formative, che devono farsi carico, oltre che dell’istruzione, anche di un primo inserimento lavorativo. Un modo per far sì che il flusso possa avere esperienza di lavoro senza diventare stock.
L’orientamento, come è noto, è una delle chiavi per arginare la dispersione.
Infatti noi, coinvolgendo in Garanzia Giovani gli enti di formazione, potenziamo anche l’orientamento. Legando i fondi al placement, indirettamente rafforziamo anche il servizio legato all’orientamento.
Che cosa distingue la vostra Garanzia dal quella delle altre regioni?
Indubbiamente, una maggiore libertà. Si legge in giro che la Toscana – per fare solo un esempio – ha già fatto i colloqui con i destinatari del servizio. Questi, però, sono stati spediti tutti ai centri pubblici per l’impiego! Da noi invece i giovani possono scegliere l’operatore dal quale vogliono andare, pubblico o privato, senza essere dirottati automaticamente sul settore pubblico. Non è poco. Inoltre in Lombardia non dovremo costruire altri bandi o altre procedure, perché utilizzeremo il medesimo sistema di Dote Unica Lavoro. Questa è la forza di un sistema amministrativo unitario, aperto ed efficace. Inoltre vogliamo evitare che i giovani si trovino a vagare tra un ufficio e l’altro e sospesi dopo un primo colloquio di selezione: in Lombardia l’operatore che prende in carico il giovane lo accompagnerà in tempi rapidi ad un’opportunità occupazionale.