La trattativa fatta dal Comune di Milano con i Cabassi, proprietari della sede del Leoncavallo, è ragionevole, la proprietà privata ha riacquistato dei beni. In cambio ha passato la proprietà di quella sede al Comune .

Avevo fatto questa proposta nel 2004, quando ero assessore ai giovani per Milano. Ma avevo anche fatto chiarezza su quello che doveva succedere dopo. La mia proposta riguardava il metodo di assegnazione della proprietà comunale al Leoncavallo, bisognava fare un regolamento comunale sulle associazioni giovanili, per dire che si potevano dare senza gara, a trattativa diretta, sedi adeguate alle associazioni giovanili attive sul territorio, in modo che potessero continuare ad operare in quel territorio. In tal modo assegnare la sua sede al Leoncavallo non sarebbe stato irregolare ma l’inizio di una norma per tante presenze di vero associazionismo giovanile. 



Questa proposta non andava bene a Farina, il capo del Leocavallo, perché da sempre sostiene che il suo diritto è unico in quanto hanno generato grande presenza significativa nel mondo giovanile, occupando illegalmente sedi diverse con un solo principio: noi siamo i buoni e i giusti. Mentre tante associazioni giovanili non sono buone e giuste in quanto cattoliche o di destra, o semplicemente di lavoro comunitario.



La sfida è rimasta questa per 50 anni, abusivi ma giusti. Abusivi con il diritto di non pagare nessun affitto, di non mettere a norma i locali, di fare eventi di massa in ambienti inadeguati, di vendere birra a fiumi senza rilasciare scontrini, eccetera.

Ma soprattutto il Leoncavallo è stato il prototipo delle altre 30 presenze, con centri sociali insediati  abusivamente,  di gruppi dell’estrema sinistra che sono stati a lungo promotori di tutte le forme di antagonismo sociale. Il tutto con la logica dell’ordine pubblico tipicamente italiana: i centri sociali sono luoghi che si possono tenere sotto controllo da parte della Digos in funzione antiterrorismo.



Incredibile il sistema di protezione su cui ha potuto contare il Leoncavallo: ad ogni scadenza di causa fatta dai Cabassi il magistrato legiferava la sospensione in attesa di decisioni istituzionali. Ricordo nel 2005 che la decisione venne presa perché i graffiti dipinti sui muri del Leoncavallo costituivano un bene artistico.

Ma adesso si deve cambiare discorso. Il Comune di Milano non può permettere l’uso di una sede di sua proprietà senza che sia rispettata la legge, in primo luogo un affitto, poi messa a norma, poi scontrini fiscali e biglietteria negli eventi musicali. 

Io chiedo ai consiglieri comunali di ricordare la mia proposta. 

Per fare un esempio, l’officina dei ragazzi, aperta dall’Amico Charly, a Dergano, è stata assegnata con gara pubblica, l’associazione ha fatto molti investimenti, ma ora rischia di chiudere perché il Comune non lascia subaffittare gli spazi e il centro ha bisogno di presenze paganti, altrimenti non riesce a stare a galla. Se si visita questa sede si trovano locali a norme, ottimi spazi per le attività giovanili ed è una vergogna che non si riesca a favorire la personalizzazione dello spazio. 

Altro esempio a Quarto Oggiaro, ben 12 associazioni giovanili vi operano e bene, ci sono molte attività, ma spazi da sempre richiesti non sono stati concessi in nome della necessità di fare gare.

Insomma, cari consiglieri comunali, dovete introdurre la trattativa diretta per i gruppi di giovani favorendo il pluralismo e le situazioni che operano meglio. Basta con le logiche ideologiche e di parte, applicate per il  bene comune, secondo l’estrema sinistra milanese, che ha sempre preteso regole diverse per se stessa.