Arriverà esattamente un anno dopo l’inizio di Expo. E questo è il primo dato significativo. Papa Francesco arriva a Milano, diocesi più popolata del mondo, ma non arriva più a traino dell’evento che pur ha rilanciato la città. Era stato abbastanza secco il suo rifiuto a far anche involontariamente testimonial di Expo, evento che giustamente riguardava i laici e che per i suoi gusti vedeva forse un po’ troppo dominato dalla presenza delle multinazionali…
Arriva a Milano un po’ inatteso, perché le sue mete italiane sono state, sino ad ora, di stampo molto diverso: Caserta, Campobasso, Lampedusa, Cagliari, Cassano Jonio, Napoli. Poi anche Torino, ma per la Sindone e don Bosco. Prevalenza sud, e prevalenza realtà socialmente povere. Milano al contrario è la città del business, della moda, della finanza: tutti mondi con cui Francesco non ha particolare familiarità né affinità. Arriva nella città che ha il record europeo di nuclei single, che ha indici di secolarizzazione alti come poche altre città in Italia. Insomma tutto lascerebbe pensare che non ci possa essere gran feeling tra Milano e il papa argentino. Ma come si sa, con papa Francesco è meglio lasciar perdere le previsioni: chi pensava ad un viaggio difficile negli Stati Uniti, dove i cattolici sono tendenzialmente conservatori e dove hanno sede le più importanti centrali di comando di quel sistema economico finanziario che con la Laudato Si’ ha duramente condannato, è stato clamorosamente smentito dai fatti. Per papa Francesco il viaggio americano si è trasformato in un imprevedibile successo di popolo, dalle dimensioni addirittura clamorose in occasione della tappa di Philadelphia, città che di fatto ha sospeso tutte le attività per due giorni per dedicarsi all’accoglienza a Bergoglio.
Ormai l’abbiamo imparato: ovunque vada Francesco produce un cortocircuito. È difficile prevedere copioni, perché si rischiano smentite imbarazzanti. Su Milano si può immaginare che qualche punto fermo però ci sia. Ad esempio il riferimento a Martini, gesuita come lui, a cui Bergoglio ha appena dedicato uno scritto come introduzione al primo volume dell’Opera Omnia (edita dalla milanesissima e laica Bompiani). Uno spunto potrebbe ad esempio essere questo, anticipato proprio in quelle righe: «…credenti e non credenti, siamo alla ricerca della verità e non possiamo dare nulla per scontato. Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede: il punto d’incontro è la disponibilità a riflettere sulle domande che tutti ci accomunano». Quindi un punto a capo, in cui i recinti cadono e lasciano spazio a un campo aperto nel quale ci troviamo tutti, più simili tra noi di quanto non pensiamo. Perché «la contrapposizione, che non conduce a nessuna soluzione, pensando piuttosto creativamente in termini di alternative». Quanto ai cattolici la domanda che conta è questa: «In che modo Gesù Cristo, vivente nella Chiesa, è oggi sorgente di speranza?».
È una domanda che costringe, come aveva già detto papa Ratzinger, arrivato a Milano nel 2012, chi crede a guardarsi allo specchio e a chiedersi se oggi la sua immagine non sembri a quella di un clown, che predica cose un po’ folli, a cui qualcuno presta distratta attenzione, a ma cui nessuno poi crede. Milano può essere un buon test, perché nel suo dna ha realismo, e un buon curriculum in quanto a chiesa “in uscita” (don Giussani docet). L’importante però è evitare la retorica e pensare che le tante cose buone del passato siano ricetta sufficiente al presente.
Per il resto si possono ipotizzare appunti sparsi: sul taccuino ci potrebbe essere il Manzoni che Bergoglio ama («I Promessi Sposi sono “il sugo della storia” — un cammino: la storia di un cammino di due ragazzi che crescono»); Caravaggio, che a Milano era nato e aveva formato il suo sguardo. E, perché no?, anche Enzo Jannacci, che in una delle ultime interviste, aveva detto una cosa che, se non ci avvertissimo, ci sembrerebbe presa pari pari da un discorso di Bergoglio: «La “carezza del Nazareno” è quella che si augura chiunque consideri la vita importante, sempre».