Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare, si prepara alla cerimonia di chiusura dell’Expo milanese. C’è un sole pallido, autunnale, a Milano. E’ una giornata diversa da quella carica di pioggia del 1° maggio di sei mesi fa, quando l’Expo è cominciata tra applausi ma anche molto scetticismo e, con in più, le manifestazioni e gli incidenti provocati dai “no Expo” nel centro della città.



Non lo dimenticherà facilmente questo mese di ottobre 2015, Lucchini. Il 3 ottobre era a Roma, con quelli del Banco Alimentare ricevuti da Papa Francesco, per festeggiare i 25 anni di attività. Da questa sera per i prossimi 6 giorni, durante le operazioni di smantellamento, il Banco raccoglierà all’Expo circa 60 tonnellate di eccedenze di cibo, dopo averne già raccolte 30 in questi sei mesi di Expo.



Che cosa sta provando in questo momento, Lucchini?

Beh, certamente è un momento di soddisfazione, anche qualche cosa di più per come si è svolta questa grande manifestazione su cui molti scommettevano contro, scommettevano su un fallimento. Invece gli italiani e Milano hanno dimostrato ancora una volta quali risultati riescono a raggiungere quando si impegnano con passione. Questa Expo del 2015 a Milano non riporta solo un bilancio positivo, ma è diventata un successo complessivo anche da un punto di vista umano, per la partecipazione, per le conoscenze che si sono fatte, incontrandosi tra paesi e realtà tanto differenti.



Ma lei, personalmente, non ha mai avuto dubbi su un possibile flop dell’Expo?

Devo dirle, con tutta tranquillità, che fin dal primo giorno, fin dal primo maggio, non ho mai dubitato sul successo dell’Expo. E non mi ha nemmeno scoraggiato o sfiduciato il calo di visitatori nel mese di luglio. C’erano 45 gradi all’ombra! Non era difficile immaginare che era abbastanza problematico venire a visitare l’Expo.

Ma com’è nato e si costruito l’interesse del Banco Alimentare per l’Expo?

Il problema del cibo, come nutrire il pianeta, la lotta allo spreco, la difesa dell’acqua, sono sempre stati temi che ci hanno interessato, da quando 25 anni fa don Giussani e Danilo Fossati hanno fondato il Banco Alimentare. L’Expo è diventata per noi un’occasione, un’opportunità. Ogni giorno, con 140 ristoranti che operavano all’interno della grande rassegna potevamo recuperare del cibo. Lo abbiamo fatto con una cargo bike, tutte le sere, e abbiamo recuperato ben 30 tonnellate. Ovviamente il giorno della conclusione recupereremo tutte le eccedenze rimaste con altri mezzi, ma l’opportunità per noi del Banco Alimentare non si è fermata solo a questo.

Come vi siete inseriti nell’Expo?

Abbiamo fatto una convenzione con Expo e ci siamo messi insieme alla Fondazione Triulza, che riuniva 60 realtà non profit, espressione della società civile. Una presenza nell’Expo non solo statale quindi.

Insomma che cosa le ha dato in più l’Expo oltre al recupero delle eccedenze alimentari?

Il confronto con le realtà di altri Paesi, anche quelli ritenuti poveri e arretrati, è stato fondamentale. Hanno da insegnarci più di quanto noi crediamo e probabilmente in alcuni casi ci hanno già superato. Questo mi sembra un punto fondamentale della manifestazione.

 

Tanti pensavano che una manifestazione di questo tipo non avesse un tema preciso, ma piuttosto generico.

Invece si sono toccati temi fondamentali per la convivenza tra i popoli. Sono emerse conoscenze differenti, si sono fatti paragoni interessanti, con uno spirito di collaborazione che è difficile trovare.

 

Aggiungiamo pure che è una rivincita per Milano.

Non voglio fare nessun discorso campanilistico. Ma certamente il fatto che si parli nuovamente in tutto il mondo del “made in Italy”, che si vedano sui media internazionali le immagini delle code di persone per visitare l’Expo milanese, che Milano ritorni famosa nel mondo, mi ha dato una grande soddisfazione.

 

E’ un peccato che i padiglioni della grande rassegna vengano tutti smontati e che alla fine non resti nulla di questo che si è rivelato un grande appuntamento.

Dispiace a molti, a quasi tutti i partecipanti. Molti dei padiglioni che sono stati creati saranno probabilmente smontati per essere installati e ricostruiti altrove. Anche questo desiderio di continuità spiega il successo e la portata che ha avuto l’Expo di Milano.

 

(Gianluigi Da Rold)

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