La notizia che la Regione Lombardia vieta il volto coperto negli ospedali e negli uffici pubblici merita una riflessione sul fatto che si toccano in tal modo aspetti di diversità culturale e di tradizione.
Entro il 31 dicembre 2015 — citiamo l’agenzia Ansa — gli ospedali pubblici lombardi e, in generale, le strutture regionali dovranno adottare gli atti dirigenziali necessari per applicare la delibera della Regione Lombardia sul divieto di accesso con volto coperto, e che di conseguenza vieta anche l’ingresso negli ospedali lombardi e nelle sedi della Regione con veli islamici integrali come burqa e niqab, ma anche passamontagna e caschi integrali. “La Regione Lombardia — ha affermato l’assessore regionale Bordonali — si muove in anticipo rispetto al governo italiano e interviene per quanto di propria competenza per garantire la sicurezza di dipendenti, operatori e visitatori esterni”.
Tutto molto ragionevole dal punto di vista della sicurezza e dei controlli antiterrorismo, ma comunque sono anni che alle manifestazioni ci sono gruppi che usano caschi e passamontagna per non essere riconoscibili, eppure non vengono fermati dalla polizia. Le leggi ci sono ma non sono applicate perché non è semplice e si creano non poche implicazioni sulla libertà personale.
Ma occupiamoci dell’aspetto più specifico della delibera promossa da Maroni: vietare la copertura del volto alle donne di fede islamica che provengono da paesi dove la cultura impone questa riservatezza della bellezza femminile. E’ evidente che tocchiamo aspetti relativi alla diversità delle culture. Come ragionare in questo campo?
Ogni uomo viene al mondo dentro il contesto storico di un popolo. E ogni popolo possiede una cultura. E’ con questa riflessione che Julián Carrón apre il capitolo 8 del suo libro La bellezza disarmata. E’ il capitolo dedicato all’ampliamento della ragione. La sua riflessione continua con la domanda: “Che cosa permette che si diventi amici pur essendo storicamente determinati da tradizioni e culture diverse?”. E risponde: “E’ la presenza in ognuno di noi della stessa esperienza elementare… l’esigenza della verità, dell’amore, della giustizia, della felicità”.
Da qui ricavo l’avvertenza a prendere sul serio il problema creato da questa delibera regionale. Non lasciamoci andare alla semplicistica affermazione che le donne che si coprono il volto sono schiave di un integralismo religioso ed è meglio se nel nostro paese le spingiamo a rinunciare alla loro tradizione. In Francia hanno vietato il volto coperto e anche il velo sulla testa, eppure non hanno fatto passi avanti sulla sicurezza.
Il preside di Rozzano che ha fatto escludere il presepe e la festa di Natale dai programmi scolastici lo ha fatto con la mentalità dei francesi: ridurre le diversità identitarie per avere maggiore unità.
Sono contrario a quest’idea di riduzione delle identità culturali e della tradizione. Non è così che si incontrano le persone. Solo culture vissute come intensità del vivere rendono interessanti gli incontri e le amicizie. Per questo guardo con simpatia le donne islamiche che liberamente portano il velo. Mi domando quale esperienza di femminilità vivano, ne sono veramente curioso.
Altra cosa è la sottomissione al maschilismo che spesso si intravede nelle relazioni fra maschi e femmine nel mondo arabo e nelle varie tradizioni nazionali. Sono fortemente critico verso l’umiliazione delle donne che accade in Afghanistan e in altri paesi. E ritengo che la venuta nel nostro paese possa essere l’occasione per molte donne arabe di trovare una maggiore libertà. Per questo dobbiamo essere amici e incontrare davvero, anche se troviamo diversità eccessive, ma l’incontro può cambiare molto, e anche noi abbiamo bisogno di guadagnare un maggior rispetto delle donne, che nella nostra cultura sono fin troppo esposte come immagine di bellezze senza senso, come le anoressiche che fanno le modelle.
Tornando alla delibera di Maroni, non ne critico nulla, ma mi preoccupa la demagogia che sorge nel suo uso politico: “finalmente si agisce contro un certo islam”.
Ho sentito molti giovani affascinati dalle affermazioni di Salvini, convinti che sia veramente un duro contro gli invasori. No, cari ragazzi, provate invece a incontrare e a riconoscere la grandezza umana che ci fa dire “l’altro è una risorsa”. Vi auguro di trovare “una umanità che già vive una ragione allargata e la sperimenta come un bene per sé”.
Non si vive di contrasto con il diverso, non siamo il contrario “di quelli”, siamo uomini veri solo se ci proponiamo per quello che abbiamo sperimentato come corrispondente al vivere meglio che cerchiamo. E lo raccontiamo a tutti, partendo dalle cose belle che vediamo, dal lavoro creativo di molti, e dalla comunità che si genera nella città con la convivenza di chi c’era e di chi è venuto. Proponendo se stessi si affronta anche la politica, cercando quello che diventa buon governo e non quello che fa la guerra.