Dal 7 novembre 2015 al 21 febbraio alle Gallerie d’Italia in piazza Scala a Milano sono esposte 120 opere del pittore milanese Francesco Hayez. Hayez è salito agli altari della cultura pop con la sua opera “Il bacio” che è stata in lungo e in largo abusata negli ultimi anni come icona del melenso sentimentalismo postmoderno. Prima di divenire un’icona pop questo artista appartenne al movimento romantico italiano e ne fu forse il maggiore interprete. 



Quando si parla di romanticismo viene sempre spontaneo pensare alle opere dei grandi autori della Romantik tedesca, in primis Friedrich. Questo riferimento spontaneo (chi non ha in mente, appena si sente la parola romanticismo, il Viandante sul mare di nebbia?) ha precise, inconsce, motivazioni storiche, culturali e storico-artistiche. Il culmine del movimento umanista tedesco si ha infatti proprio con la Romantik, la grande reazione sentimentale alle fredde categorie illuministe. Ora, non so se abbiate in mente altre opere di Hayez oltre a Il Bacio, ma non sembrano in alcun modo in relazione con le nebbie di Friedrich, o con il ruinismo, o ancora con i suoi spazi sconfinati. La verità è che il romanticismo tedesco è radicalmente differente da quello italiano e questa differenza non emerge semplicemente nell’arte figurativa, ma in ogni manifestazione artistica in senso lato (basti paragonare i Sepolcri di Foscolo con gli Inni alla notte di Novalis). Scopo principale della Romantik è riguadagnare l’infinito tolto dall’analisi illuminista. Questo è il significato delle nebbie, degli spazi infiniti, delle montagne… in una parola del sublime. Il romanticismo di Hayez non risponde a questa esigenza. Basta guardare le sue opere e se fosse chiesto di fare un accostamento con un artista vicino a lui nel tempo, certamente lo si accosterà più a un David o a un Delacroix che a un Friedrich. I soggetti trattati dal nostro sono infatti storici. 



Il modus operandi di Hayez consiste nel nascondere dietro la maschera della storia dei significati attuali, a lui contemporanei. In quest’ottica diventa incredibilmente fruttuoso il paragone con Ugo Foscolo o ancor più con il Manzoni de I promessi sposi. Per esempio analizziamo ora il Bacio. La cornice del soggetto è medievale e in questa cornice si situa la scena centrale. Un uomo e una donna che si scambiano un bacio appassionato, un bacio d’addio. L’uomo è infatti un milite chiamato alla guerra. Il Bacio dunque non è una manifestazione di sentimentalismo, ma rappresenta la necessità vista da Hayez di intervenire contro il dominio austriaco. Tutta l’opera di Hayez è imperniata sull’unità nazionale italiana. Hayez è in toto un pittore risorgimentale. In questo senso vanno tutti i riferimenti storici della sua opera ed emerge in tutta la sua portata la formazione classicista che egli ottenne a Venezia.



La sua pittura è interessante proprio perché rappresenta un melting pot tra diverse tradizioni pittoriche italiane ed europee e per la straordinaria qualità del disegno. Mutuato dalla pittura della scuola veneta è infatti il colore. Le atmosfere che si creano nei dipinti di Hayez sono infatti estremamente suggestive proprio grazie a questa alternanza tutta veneta di colori tenui e forti. Rimane impressa nella mente la Venezia magistralmente dipinta di sfondo a L’accusa segreta con la cupola di San Marco che si intravede stagliarsi nella leggera nebbia dell’alba lagunare. Incredibile è anche l’attenzione quasi maniacale al dettaglio nel disegno. I temi che il pittore tratta sono quasi un punto di congiunzione tra le grandi scuole romantica e neoclassica: il tema storico tipico della seconda, si sposa con il sentimento nazionale e il soggetto quotidiano che è uno dei tratti caratteristici di un certo romanticismo europeo. Hayez si colloca dunque al centro di questi movimenti artistici che muovono e temprano la temperie culturale del suo tempo e si lancia in una gigantesca e monumentale opera di sintesi. 

Detto questo non sempre la realizzazione di queste premesse si può dire ottimale. Spesso nell’opera di Hayez infatti si trovano esempi di una retorica pittorica esagerata che alla lunga risulta stucchevole. In conclusione si può dire che certamente la pittura di Hayez ha da dire molto più che un semplice contraccolpo sentimentale, come spesso oggi è interpretata. È una pittura che si confronta con un’esigenza politica, un’esigenza di libertà e di impegno civile. Una pittura alta, con un linguaggio spesso aulico che si ritrova perfettamente in linea con i suoi corrispettivi letterari. Una pittura che oggi forse risulta molto meno comunicativa e che ha perso quella freschezza del richiamo all’azione che aveva nella sua espressione iniziale e genuina. Lo attesta in modo innegabile il fatto che i manifesti della mostra in corso a Milano riportino le tre versioni de Il Bacio realizzate da Hayez, come se l’appeal di cui l’autore è capace ancora oggi fosse proprio e solo quello sentimentale. Il raffreddarsi della questione dell’unità nazionale ha come tolto interesse a tutto il secondo piano, che risultava fondamentale per l’interpretazione e per la possibilità di comunicare della pittura di Hayez. Ormai quello che rimane al fruitore è un bel disegno, un’aura mitica o fiabesca alle volte, ma che non ha nulla a che vedere con la profondità dell’esigenza che aveva mosso il pittore alla realizzazione delle sue opere. Anche con la consapevolezza del significato storico delle opere del maestro milanese esse rimangono sicuramente depotenziate.

Detto questo, il biglietto vale sicuramente il suo costo e una visita alle Gallerie almeno una volta ogni tanto è d’obbligo per ogni milanese che si interessi anche solo saltuariamente di arte.

Riccardo Frangi