È stato riconosciuto il suo cadavere, sepolto al cimitero ebraico, ma Alviero Polacco è vivo e sta bene ed è in carcere a Sanremo. La storia che lo vede protagonista è accaduta due anni fa, un errore di persona, non si sa infatti chi sia il senzatetto deceduto in via Brera a Milano, che fu trovato da una turista inglese sabato 12 gennaio 2013. L’uomo morto ai piedi di Palazzo Cusani non aveva documenti in tasca, ma la polizia locale, probabilmente attraverso le impronte digitali, lo ha identificato con certezza in Alviero Polacco, nato a Vevey in Svizzera il 18 giugno 1945. Da qui la prassi: la polizia locale ha informato la Asl, che ne ha certificato il decesso, quindi ha affidato la pratica al Comune, che ha emesso il 13 gennaio il certificato di morte. Quindi il fratello del defunto, Roberto Polacco, 60 anni, è stato chiamato per il riconoscimento all’obitorio. L’uomo però non vedeva il fratello da dieci anni, forse preso dal dolore per quella terribile morte, lo ha riconosciuto, d’altra parte, corporatura, occhi azzurri, lineamenti erano compatibili. Roberto ha descritto il fratello, che aveva fatto perdere le proprie tracce alla famiglia, come un vagabondo innamorato dell’arte. Ma non è finita: il cadavere è stato consegnato al fratello che, come tutta la famiglia è ebreo, quindi la decisione è stata quella di fare un rito religioso. Il rabbino si è accorto però che l’uomo non era circonciso, ma Roberto gli ha detto che potrebbe essere così dal momento che il fratello è nato in Svizzera durante i giorni della caduta del fascismo, quindi è plausibile che i genitori profughi fuggiti dall’Italia, non l’abbiano fatto circoncidere per ragioni di tempo. Si è proceduto quindi alla circoncisione e poi a seppellire il cadavere. Nei mesi che sono seguiti, il fratello Roberto e il figlio di Alviero si sono recati sulla sua tomba a pregare con tutto il dispiacere che ciò comporta. Poi un telegramma svela l’equivoco. In pratica il carcere di Sanremo ha inviato un telegramma a Roberto per conoscere la situazione pensionistica del fratello, che si trova in carcere, detenuto per furto e ricettazione di opere d’arte. Da qui Roberto si è recato in carcere, i due si sono incontrati e Roberto ha raccontato l’assurda vicenda che lo ha visto protagonista. E adesso Roberto ha chiesto giustizia per il danno morale subito. «Abbiamo fatto formale richiesta di accesso agli atti, per capire come una cosa tanto grave sia potuta succedere – dice Domenico Musicco, legale di Roberto Polacco – non escludiamo poi di rifarci, in sede penale o civile, nei confronti del Comune. Il mio assistito ha subito un grave danno morale. È stato erroneamente portato a pensare per due anni che il fratello fosse deceduto». (Serena Marotta) 



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