“Renzi sta spingendo Pisapia a lasciare esattamente come ha fatto con Lupi, e l’obiettivo è lo stesso: mettere mano tanto sul ministero delle Infrastrutture quanto sul Comune di Milano. A caratterizzare il renzismo del resto è proprio una grande voracità di potere che non lascia passare neanche uno spillo”. Lo sottolinea Ugo Finetti, analista politico e direttore di Critica Sociale. I giochi per Palazzo Marino si sono riaperti dopo che Giuliano Pisapia ha reso noto: “Non sarò candidato a sindaco nel 2016. Come avevo già annunciato nel 2010, durante le primarie. La mia decisione non deriva da stanchezza, ma da coerenza, dalla convinzione che la politica non può essere una professione, ma un ‘mettersi al servizio’ della città. Non sono mai stato attaccato a un posto o a un ruolo, nessuno è indispensabile”.
Che cosa significa per il centrosinistra questa mossa di Pisapia?
Bisogna dar atto che in questi anni Pisapia è stato un sindaco che ha rispettato la città, nel senso che non ha dato vita a un sistema di potere. Il primo cittadino ha lasciato spazio al pluralismo, è stato tollerante e non ha fatto dilagare nella città i suoi uomini di fiducia né ha messo una cappa di piombo. A differenza del renzismo, che è caratterizzato da una fame di potere molto forte.
In che senso?
Renzi ha mandato via Lupi perché voleva mettere le mani sul ministero delle Infrastrutture scegliendo al suo posto un suo luogotenente. E’ esattamente ciò che rischia di avere Milano dopo Pisapia, un luogotenente plenipotenziario del sistema renziano. Pisapia ha subìto un logoramento e getta la spugna perché vede il gelo intorno a sé, in quanto il Pd renziano non ha nemmeno fatto un gesto per chiedergli di rimanere.
Quando parla di Pd renziano a chi si riferisce esattamente?
Mi riferisco allo stesso Renzi che è venuto a Milano, una città che conosce bene senza aver bisogno di intermediari. Il fatto che Pisapia non si sarebbe ricandidato era già nell’aria, ma il premier non ha speso né un gesto né una parola per rincuorare il sindaco. La venuta di Renzi a Milano è stato anzi il colpo di grazia nei confronti di Pisapia, che probabilmente si aspettava quantomeno un cenno di interesse. Il premier invece ha ostentato un’assoluta indifferenza nei confronti del problema. Così come ha fatto con il ministero delle Infrastrutture, Renzi vuole mettere le mani su Milano e di fronte all’eventualità che Pisapia non si ricandidasse non ha nascosto la sua contentezza.
Ci sono altre motivazioni per il logoramento subìto da Pisapia?
Pisapia è espressione di una sinistra arancione che sul tema dell’Expo ha una riserva mentale. Ciò ha pesato sulla sua gestione, in quanto l’Expo non era tra le sue priorità e c’è stata quindi una freddezza da parte sua. Tanto è vero che oggi si parla di Sala come suo successore, che è stato in prima fila per quanto riguarda la gestione dell’Expo rispetto allo stesso Pisapia.
Che cosa rimane di questi anni di Pisapia?
Pisapia si è ripiegato su gesti simbolici, come i matrimoni gay o le biciclette. Da un punto di vista amministrativo sono però risposte di serie B. Alla fine il provvedimento più rilevante della giunta Pisapia è che prima il Comune di Milano aveva l’Imu più bassa e adesso ce l’ha più alta.
Il Pd milanese è sempre stato difficile da gestire. Renzi riuscirà a organizzarlo in vista del voto?
In questa fase il Pd milanese è abbastanza riordinato. Renzi mano a mano lo sta mettendo in riga, e quindi non vedo grandi divisioni. Ci sono possibili candidature come Ambrosoli e Fiano che sono forti e di valore. Da questo punto di vista non c’è un Pd disarmato. Critico il renzismo perché è molto vorace, compatto e possessivo, ma non va sottovalutato perché è in grado di mettere in campo personalità di valore.
Il mondo del centrodestra festeggia, ma ha qualcuno di presentabile e con delle chance di passare?
Il centrodestra a Milano in questi anni si è accartocciato, e non è riuscito né a portare avanti una sua linea politica né a costruire un gruppo dirigente. Berlusconi pensa di essere autosufficiente e quindi non vedo che cosa possa costruire.
Come vede la candidatura di Salvini?
Candidare Salvini vorrebbe dire che la sinistra vincerebbe a prescindere dal nome del suo candidato. Maria Stella Gelmini ha dimostrato di essere una persona molto capace, ha fatto bene il ministro dell’Istruzione ed è una figura equilibrata. La sua è una candidatura forte, anche se è troppo legata a Brescia. Ciò rappresenta un’ipoteca non positiva, e poi bisognerà vedere chi sarà il candidato di centrosinistra. Se la sinistra va su una candidatura di partito, Berlusconi sceglierà una figura più legata alla società civile.
(Pietro Vernizzi)