Milano e la giustizia. La città dell’Editto, dell’illuminismo lombardo, di corruzioni vecchie e nuove, dell’innovazione e di quella concretezza del vivere che nutre la voglia di incontro è teatro di un interessante ciclo di incontri dal titolo molto ambizioso: “Che cos’è la giustizia?”.



Il Centro Culturale di Milano lancia in marzo un mese di incontri dietro questo interrogativo, per allargarlo e portare l’attuale crisi di concezione, strumenti, funzionamenti, verso il vasto mondo della giustizia come sete, come esigenza elementare dell’uomo. Arriveremo a porci interrogativi sul soggetto che dà e riceve la giustizia, su quell’uomo che riempie la cronaca di delusioni e aspettative che sembrano non avere più una connessione con la dimensione del dramma e del vero.



Fin dall’immagine dell’invito, tratta dalla storia dell’arte, si capovolge la situazione: la scultura “La Sete” di Arturo Martini, il più grande scultore italiano presente al Museo del Novecento, una donna col bimbo assetato appoggiato sulle spalle. Certamente va a ribaltare le consuete donne bendate o col bilancino, spingendo il tema dalla sete verso quelle donne che sono il volto della carità.

Ci si potrebbe trovare disorientati se lo si affrontasse senzal’aiuto di strumenti adeguati, ma non possiamo negare che è la nostra storia stessa, il passato a fornire un’ipotesi di lavoro. 



La bussola che guiderà questi incontri da “minoranze creative”, come invitava a fare Benedetto XVI proprio su questi temi, sarà il libro Itinerari della giustizia. Appunti per un’antropologia giuridica scritto dal magistrato milanese Guido Brambilla e che reca in quarta di copertina una sintesi proprio del direttore del CMC Camillo Fornasieri.

Come e quanto influiscono i profondi cambiamenti di parole come coscienza, natura, libertà, sul senso della giustizia e sullo stesso concetto di diritto?

La ragione moderna, con le sue radici di autonomia assoluta, di fronte alla giustizia come profondo bisogno dell’uomo ci ha consegnato degli strumenti o ci ha lasciati soli?

Ideato e coordinato da un comitato scientifico composto da Eugenio Borgna, Alberto Sciumè –anche chairman degli incontri —, Lorenza Violini e appunto Guido Brambilla, il ciclo si apre con una testimonianza del procuratore di Torino Armando Spataro su “Storie di uomini, tragedie, pentimento: un’esperienza”.

Come l’autore del libro suggerisce, si terrà conto di quell’irreversibile incontro tra mondo classico, religiosità ebraica e cristianesimo, da cui si è sviluppata una parabola che va dal riferimento a un ordine trascendente alla nascita del diritto “soggettivo”, come lo si intenderà poi nella modernità. 

Ma è il desiderio di incontro con testimoni, con le loro riflessioni e pentimenti, interrogativi e risposte che si intende dare il metodo di ricostruzione di una coscienza giuridica, oggi neppure più trasmessa, tantomeno insegnata, nelle università. Un metodo che si basa sul confronto antropologico, sulla domanda del soggetto moderno dentro i conflitti e quel cedimento delle evidenze dei fondamenti che potrebbe disperdere tutto il senso e la tenuta di ciò che chiamiamo Diritto. Gli incontri vogliono dar voce — anche ed invece — alla ricerca positiva, alle domande inespresse per mancanza di luoghi dove misurarsi, ai giovani. Chissà poi se la politica o “il riformatore” vorrà scendere a questo livello.

Confronti per chi studia, pratica o lavora nel mondo della giustizia e per tutti  coloro che nella società si misurano sulla responsabilità esistenziale che investe il tessuto connettivo della società. Per un’antropologia giuridica che tragga spunti da quell’appassionante o arduo confronto tra la propria esperienza di uomo e la viva materia della giustizia, delle sue regole sino all’esecuzione della pena. 

Sarà il secondo incontro col professor Solimano della Cattolica a introdurre l’affresco dell’itinerario storico e culturale sulle giustizia interrogando e mettendo a confronto autori moderni e contemporanei, da Ricoeur a Hulsman, da Habermas a Benedetto XVI, da Natalino Irti a don Giussani, da Villey a Glendon, gettando luce sulla storia della coscienza dell’uomo moderno e su quanto egli abbia concorso a disegnare il labirinto nel quale sembra essersi bloccato. E con esso il diritto. 

Questa spinta nella direzione di un’assoluta autonomia ha però avuto rilevanti conseguenze: il diritto entra in crisi quando concetti come verità e giustizia sono considerati del tutto inadeguati e tendono a essere sostituiti da concetti ausiliari indirizzati alla risoluzione dei conflitti sociali che entrano in gioco nella genesi dei comportamenti umani; la fuga dalla responsabilità nel diritto penale figlia delle contraddizioni e delle problematiche della nostra epoca. 

Fino ai temi dei “diritti individuali” e quella pressione culturale che pone in essere una visione mutata della comunità umana, tra soggetto e società con il costituzionalista Epidendio che ci dirà come, quanto e perché recepire nuovi status individuali.

Ed è richiamando le parole di Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, che Guido Brambilla conclude il suo libro ed offre il suggerimento metodologico che gli appuntamenti milanesi intendono vivere per uscire dall’impasse: «Nel dialogo con tutti, laici e religiosi, occorre riscoprire le radici profonde dell’esigenza umana della giustizia e rifondarle nella responsabilità della testimonianza in un atteggiamento di dialogo e di apertura alla verità con tutte le religioni e con la stessa cultura laica; un processo virtuoso, quindi, che il Papa descrive di reciproca purificazione e arricchimento».

(Francesco Cividini)