A Milano va di moda dimettersi molto prima di quando si levano le tende. E annunciarlo ai quattro venti, per vedere, come diceva Jannacci, “di nascosto l’effetto che fa”. E’ uno stratagemma che mette in difficoltà chi deve scegliere il successore, che si trova nel tritacarne del dibattito pubblico per un tempo lunghissimo, e deve giocare, suo malgrado, ad un talent show dove tutti sono giudici. E’ successo questo per il direttore del Corriere della Sera, e, lo stesso, per il Sindaco, per cui sono in corso delle “primarie mediatiche”, dove non vale lo schieramento, non ci sono regole di partito o di alleanza e dove tutti vogliono o possono dire la loro.
Il voto a Milano ha sempre anticipato (e a volte bruciato) tendenze politiche poi ripetute a livello nazionale. E’ stato così con i sindaci socialisti negli anni ottanta o con l’avvento della Lega negli anni novanta; ha premiato la nascita e l’ascesa della Forza Italia berlusconiana, e la proposta civica e arancione di Pisapia. Per questo, nonostante le amministrative di fine maggio, che coinvolgeranno 8 regioni e diverse città, l’attenzione sembra calamitata dalla corsa per Palazzo Marino.
Ed allora, avanti con Milano’s got talent, alla ricerca della formula magica, dell’uomo giusto dell’alchimia che possa confermare o capovolgere equilibri e aspettative. Partendo dall’aspirante “partito della nazione”, il PD, che a Milano è guidato da Pietro Bussolati, un renziano ante litteram, sono molti che aspirano alla poltrona di candidato. Ci sono alcuni assessori uscenti, a partire da Pierfrancesco Majorino, eterno giovane della sinistra PD milanese, oggi titolare del Welfare, che garantisce consenso e molte preferenze; ci sta pensando Pierfrancesco Maran, giovane (lui si) cresciuto nello stesso circolo del segretario cittadino, che ben si è distinto nella Giunta Pisapia (da Area C al car sharing), dietro cui molti riconoscono ancora la mano del suo “mentore”, Filippo Penati; Ada Lucia De Cesaris è il vicesindaco e, secondo molti, l’erede designata: entrata in Giunta come indipendente, grazie alla sua militanza come avvocato ambientalista e movimentista, ha governato di fatto Milano, con carattere indocile e piglio deciso, fino all’iscrizione al PD, al sostegno a Bersani e all’approdo sull’affollato carro di Renzi.
Ha voglia di rivincita Stefano Boeri, l’architetto pluripremiato del Bosco Verticale, ma anche del G8 della Maddalena: sconfitto da Pisapia alle primarie e allontanato un anno dopo dalla Giunta, non si è perso d’animo, lavorando su temi come la cultura (sua la battaglia sulla liberalizzazione della musica dal vivo) e l’innovazione. Ha notorietà, fama e cattivo carattere, ma pochi sponsor nel PD: lui dichiara una vicinanza a Renzi, vedremo se sarà sufficiente. Il candidato su cui per ora il partito sta più lavorando è però Emanuele Fiano, onorevole del PD, già consigliere comunale, responsabile sicurezza del partito di largo del Nazareno, non è mai riuscito a sbarcare al Governo. Si vede a Milano dopo anni di assenza, a cercare di riannodare i fili con cui ha lavorato, 8 anni fa, a Palazzo Marino. Ma la carta che qualcuno, anche a Roma, vorrebbe giocare è quella di Giuseppe Sala, plenipotenziaro di Expo 2015, già direttore generale a Palazzo Marino con Letizia Moratti. Proprio il successo dell’esposizione universale, le simpatie del premier, la stima che anche ambienti di centro destra gli riconoscono e la sua caratteristica di “uomo del fare” ne possono fare il candidato che la nuova sinistra renziana cerca per conquistare Milano. Lo ha capito Maroni che gli ha messo, come “cane da guardia” nel CdA di Expo il suo avvocato personale, con il compito, sembra di raccogliere carte e documenti sul suo operato.
Esistono poi, candidati o candidabili “esterni”, civici, sostenuti in modo più o meno diretto da mondi importanti della borghesia o della finanza milanese, da quei “salotti” che spostano pochi voti ma molti quattrini, o da settori accademici o produttivi. Tra questi va annoverato Umberto Ambrosoli, l’avvocato che, pur sconfitto da Maroni aveva fatto il pieno di voti a Milano. Gioca a suo favore il cognome e un certo “senso di colpa” della sinistra per averlo bruciato in una battaglia elettorale che si poteva vincere; a suo sfavore un lavoro non certo da protagonista come leader dell’opposizione a Maroni. Gianfelice Rocca, industriale di successo ai vertici di Assolombarda, a Milano ha fatto molto: l’ultima sua creatura è l’università legata all’Humanitas, un gioiello di sanità e ricerca. Lui ha già “cento progetti” nel cassetto, ma sembra ambire più alla successione di Squinzi che di Pisapia. Claudio De Albertis, a capo dei costruttori lombardi, nonché della Triennale di Milano ci sta facendo più di un pensiero: potrebbe coagulare un consenso vasto, dalla Camera di Commercio del potente Sangalli al mondo produttivo, settori della cultura, del design e della moda. Ha un profilo che lo può portare a guidare un progetto di sinistra, di centro o di destra, e questa, forse è la sua debolezza. Da ultimo non va dimenticato un outsider, Giovanni Azzone, rettore in scadenza (non ricandidabile) al Politecnico di Milano, che potrebbe, sostenuto da colleghi e da certa borghesia accademica, pensare di scendere in campo.
A destra, per ora spopola “l’altro” Matteo, quel Salvini con la felpa che prova, attraverso il proprio carisma personale e il proprio discorso, a muovere coscienze e voti anche laddove il suo partito, la Lega Nord non era mai riuscito a sfondare: la città di Milano. Non nasconde di “sognare” la poltrona di Sindaco, ma, nei fatti, sta giocando una partita solitaria, allergica ad accordi politici, e di certo, nazionale. In quel che resta di Forza Italia, a Milano, va segnalata l’iniziativa solitaria di Giulio Gallera, consigliere comunale e regionale, coordinatore cittadino che ha lanciato con la sua “Milano Merita” una propria candidatura alle primarie del centro destra che tutti continuano ad aspettare ma nessuno ha voglia di fare. Infine quello che desidera vincere il tant show meneghino, e che sarebbe, a detta di tutti “un ottimo Sindaco”: Maurizio Lupi, già assessore all’urbanistica nella prima Giunta Albertini, nativo di Baggio, dimissionario Ministro delle Infrastrutture. Oggi non ha un partito in grado di candidarlo o di portarlo a vincere, ma non è detto che, di qui ad un anno, trovi il modo di tornare in gioco.
Siamo solo al primo giro di tavolo e, già nelle prossime settimane, incontri dibattiti approfondimenti e leopolde cercheranno di definire contenuti, identikit e progetti per le candidature, le squadre e le alleanze. Insomma, siamo ad inizio stagione e, come spesso accade, l’X factor si vede solo alla fine.