A me il ragazzo intervistato dopo gli incidenti di Milano sta simpatico. E’ diventato il simbolo della violenza di Milano, il cattivo, lo stupido, il bastardo da coprire di insulti, il simbolo dei figli di papà “con le Nike” come ha detto Saviano che scendono in piazza a distruggere. C’è anche chi dice che è stato pagato per dire quello che ha detto per gettare discredito sulle proteste anti Expo. 



Nel bellissimo film Fumo di Londra, il primo di cui Alberto Sordi oltre a essere protagonista è anche regista, del 1966, c’è una scena emblematica. Sordi protagonista si trova a passare per un parco di Londra e assiste a uno scontro tra due bande di giovani, i mod e i rocker. Si ammazzano letteralmente di botte. Per nessun motivo particolare, solo la voglia di menare le mani. Assiste inorridito, vicino a lui il classico gentleman inglese che assiste pure lui ma del tutto indifferente. Gli chiede perché lo facciano. L’inglese risponde: nessun motivo particolare, ma noi alla loro età abbiamo fatto di peggio, abbiamo fatto la guerra.



Allora erano solo vent’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, oggi di anni ne sono passati settanta e l’Europa occidentale non ha più mandato i propri giovani a morire in una guerra. I nostri morti in Iraq o in Afghanistan erano truppe di élite, volontari, le morti di alcuni di essi non hanno avuto il minimo impatto sull’opinione pubblica rispetto ai milioni morti nella seconda guerra mondiale, sono stati per lo più ignorati.

Il filosofo colombiano Nicolás Gómez Dávila scrisse anni fa: “Forse il futuro prossimo porterà catastrofi inimmaginabili. Ma ciò che di sicuro minaccia il mondo non è tanto la violenza di moltitudini fameliche quanto la sazietà di masse annoiate”. Profezia incredibilmente realistica e azzeccata.



Probabilmente è tutto qua il motivo di episodi come la devastazione di Milano del primo maggio. Lo vediamo da decenni negli stadi, lo abbiamo visto a Roma quando centinaia di olandesi ricchi e sazi con lo stomaco pieno di birra hanno violato la città santa.

Per quello il ragazzo intervistato a Milano mi è simpatico. Invece delle chiacchiere ipocrite di chi commentava e definiva idioti i black bloc dopo aver alzato le natiche dalle comode poltrone della Scala di Milano per poi tornarcisi a sedere, lui è stato sincero e onesto mostrandosi per quello che è: un orfano. Mi piace far casino, se avevo qualcosa in mano spaccavo tutto anch’io, ha detto. Senza nascondere il volto. Ogni tanto intercalava qualche parolaccia, al che il bravo cronista gli chiedeva di usare altro linguaggio e lui, stupito, gli ha detto, mostrando zero ipocrisia e un barlume di coscienza: scusi per le mie parole, ma quando parlo di argomenti che mi interessano mi scappano le parolacce, se non mi interessasse quello di cui parliamo non le direi. 

E’ incazzato con le banche, dice, e non ha torto. Ma soprattutto, sorridendo sottolinea più volte: mi piace far casino e divertirmi. Il punto è tutto qui e se questo è il livello di divertimento, la colpa non è sua ma di chi lo ha educato al nulla, alla noia, al vuoto. 

Meglio una terza guerra mondiale dove sfogare certi istinti? Ovviamente no. Ma ci sta un commento che è uscito fuori oggi su Facebook al proposito: “Comunque cari signori ultra 40enni che vorreste manganellare quei cretini dei no-expo, sappiate che questi sono figli della vostra generazione e se sono venuti su deficienti sarà l’ora di mettersi una mano sulla coscienza e capire cosa si è sbagliato”.

Appunto. 

Ps: sui social network tutti invocavano la famosa mamma di Baltimora a proposito del giovane di cui all’inizio, quella che ha mandato a casa a schiaffoni il figlio trovato a tirare pietre alla polizia. Il giorno dopo il giovane ha chiesto scusa: “Mi sono accorto solo alla fine di cosa stava succedendo, non sono un violento e non romperei mai una vetrina. I miei genitori si sono arrabbiati moltissimo e sui social network mi prendono in giro, sono pronto a dare una mano a pulire la città. Dopo il casino che ho combinato, basta manifestazioni per me”. Pedagogia militante?