«La rapidità delle migrazioni documenta un forte squilibrio nello sviluppo mondiale, che mi auguro diventi uno dei temi centrali di Expo Milano 2015 prendendo ispirazione dalle parole di Papa Francesco». È il commento di Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il Papa inaugurando l’esposizione milanese ha osservato: “Vorrei farmi portavoce di tanti fratelli e sorelle, cristiani e non, che Dio ha amato e per il quale ci ha insegnato a chiedere il pane quotidiano. Il paradosso dell’abbondanza denunciato da Wojtyla nel 1992 alla Fao persiste ancora”.
Come vede la sfida di Expo alla luce delle parole del Papa?
Expo è un’esposizione internazionale che ha come logo identificativo lo slogan “Nutrire il pianeta”. Si riconosce che la crescita della popolazione mondiale è in fase di decelerazione, anche se le stime prevedono che a fine secolo sarà di 10 miliardi di persone. La “capacità di carico” del pianeta, ovvero la capacità di garantire a tutti una vita dignitosa a partire da cibo e sussistenza, è una delle sfide più importanti che oggi si possano immaginare. È legittimo attendersi che nei sei mesi di Expo se ne faccia un tema centrale di dibattito. È importante che ciò avvenga in Italia perché l’immagine nel mondo della qualità del cibo italiano è particolarmente qualificata. Si riconosce al cibo italiano una capacità di nutrimento e una qualità che sono unanimemente apprezzate.
A quali condizioni il fatto di globalizzare la solidarietà non è soltanto uno slogan buonista ma un diverso modello di sviluppo?
La necessità di un diverso modello di sviluppo, pur senza dare a questa espressione un’accezione apocalittica, è documentata dal fatto che in un’epoca di crescente globalizzazione le persone si muovono quasi con la stessa velocità dei beni. Soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni, la possibilità di trovare opportunità di miglioramento del tenore di vita per sé o per i propri figli nei Paesi avanzati è fortissima. Poi, siamo di fronte a un flusso migratorio che in questo periodo è straordinariamente intenso, in particolare dall’Africa verso l’Europa…
Di che cosa sono segno queste migrazioni?
Sono un ambito rispetto a cui i segnali tradizionali di mercato, cioè i soldi, contano poco mentre conta di più la comunicazione verbale e le relazioni individuali che spingono da un lato le persone a venire in Europa e dall’altra l’Europa ad attrarre persone dall’estero. Se tutto ciò avviene secondo le modalità tradizionali genera squilibri elevati.
Per quali motivi?
Il mercato nel senso tradizionale è poco attrezzato a dare risposte equilibrate a problemi di questo genere, soprattutto quando avvengono e si realizzano in periodi di tempo molto veloci. Le modalità del passato sono inadeguate a fornire risposte a milioni di persone che nella loro patria non hanno cibo. Gli aiuti non arrivano, perché i fondi donati sono sperperati in armamenti con una collusione tra i governi locali e i Paesi avanzati, e quindi una parte di questa popolazione pensa di venire in Occidente per soddisfare il suo bisogno di cibo.
Da questo punto di vista Expo colpisce nel segno o è un’occasione persa?
Dire adesso che è un’occasione persa sarebbe fuori luogo, in quanto l’esposizione è appena incominciata. Non possiamo però non riconoscere il fatto che Expo, per come è rappresentato agli alti livelli di governo e dai mass media, è fondamentalmente una vetrina dell’Italia sul mondo. È inoltre un’occasione per gli investimenti e per avere un maggiore flusso di turisti. Tutto questo va bene, ma per poter dire che il bicchiere è pieno siamo solo a un terzo.
Expo può essere un’occasione di traino dell’economia italiana?
Expo rappresenta un’occasione prolungata di turismo dall’estero. Dubito però che bastino sei mesi di incremento dei flussi turistici per rilanciare l’economia italiana.
Può essere anche un momento in cui fare conoscere la nostra industria al mondo?
La nostra industria, quella che conta e che funziona bene, all’estero è già conosciuta senza bisogno di Expo. L’evento milanese è una grande vetrina internazionale per chi è fuori dai circuiti produttivi e un’occasione per affermare o recuperare un ruolo di visibilità internazionale per il nostro Paese. Non riesco però assolutamente a vedere come ciò possa essere un traino per le nostre esportazioni, perché le grandi fiere del passato oggi non ci sono più. Esiste una quantità innumerevole di fiere specializzate per addetti al settore, come per esempio la Fiera del Mobile.
Expo riuscirà a portare imprenditori stranieri in Italia?
Me lo auguro caldamente, ma vorrei capire per quale motivo un imprenditore venga a Expo, a meno ovviamente che lavori nel settore alimentare. Non vedo questo effetto moltiplicatore dal lato delle imprese, se non in misura minore. Ciò che vedo piuttosto è l’opportunità straordinaria di presentare un’immagine migliore e sorridente dell’Italia nel mondo.
(Pietro Vernizzi)