“Io mi auguro che alle primarie vengano a votare in molti. E mi farà particolarmente piacere se verranno in molti del centro-sinistra che non sarebbero venuti se non mi fossi candidato io. Da quando mi sono candidato ho incontrato migliaia e migliaia di milanesi che non conoscevo prima e che non conoscevano me: è stata una grande esperienza, spero che alle primarie ci siano tutti. Ma continuerà anche dopo”. Giuseppe Sala è molto fiducioso in vista della consultazione che fra domani e domenica individuerà il candidato sindaco del Pd per il Comune di Milano. “Sia chiaro che chi vince alle primarie avrà poi l’appoggio di tutti”, sottolinea subito in questa conversazione con ilsussidiario.net. Però è chiaro che quando ripete “se sarà sindaco di Milano” intende esattamente “sindaco della città”, anzi di una città metropolitana di tre milioni di milanesi-lombardi-italiani, meglio ancora, di una zona del Paese che “detto senza arroganza, si misura ancora in una fascia d’eccellenza in Europa”.
Lei ha lavorato a lungo alla Pirelli: una grande azienda che ha costruito il suo successo a Milano e ha contribuito alla competitività del sistema-Milano lungo tutto il ventesimo secolo...
La Pirelli è stata una delle prime multinazionali italiane: giocava nel mondo e il mondo sapeva cos’era Pirelli e che era a Milano. Il gruppo ha sempre fatto molto sperimentazione, molta innovazione: tecnologica, ma anche sociale, ci è passata parecchia storia della città, anche un po’ di storia italiana. Ecco: per me Milano deve continuare a essere innovativa e globale, a far testo in Italia. Può farcela, ce la sta già facendo anche nel ventunesimo secolo e non penso solo all’Expo. Penso a tutta la milanesità che nell’Expo ha trovato la sua sintesi e la sua vetrina: le università, l’industria culturale, i poli sanitari, lo stesso terzo settore e molto altro.
Milano è impresa, lavoro. Lei continua a dire che le interessano soprattutto i milanesi più giovani: che sono fra i tanti italiani che sono senza spesso lavoro e senza alcun aiuti nelle iniziative imprenditoriali.
La municipalità di Santiago del Cile ha messo in bilancio 30 milioni di dollari e ne ha raccolti attorno altri 130 per stimolare l’imprenditorialità dei giovani in città. Io penso che non sarebbe difficile creare un fondo del genere a Milano. E poi il Comune dispone già di molte aree in zone decentrate, spesso non utilizzate: perché non immaginiamo di farne delle piattaforme per i giovani imprenditori milanesi? Dei “parchi” per gli startupper, per chi ce la fa da solo e magari crea posti di lavoro per gli altri. Però Milano non è solo impresa. Milano è una città di persone e il Comune è un’agenzia di servizi per tutte le persone che abitano in città.
I servizi sociali assorbono il 30% del budget di Palazzo Marino. E’ uno stanziamento destinato ad aumentare?
La spesa sociale a Milano è sempre stata fondamentale: nessun arretramento. Per me il punto è massimizzare la creazione di valore sociale di questa spesa. E la sussidiarietà a Milano è già un’esperienza consolidata, di cui un sindaco eletto nel 2016 non può non tenere conto. Faccio un esempio: il doposcuola a Milano ha una tradizione radicata. E’ socialità fra i ragazzi, è welfare tangibile per le famiglie dove entrambi i genitori lavorano. Ora se un sindaco si ritrova in città realtà come L’Amico Charlie o Portofranco secondo me non può non ragionare in termini di gestione sussidiaria dei servizi alla persona. Ma tutti gli ambiti della vita milanese sono ricchi di terzo settore. Se il Comune riesce a fare da cabina di regia della sussidiarietà, a integrare i servizi pubblici con il terzo settore i risultati possono essere davvero all’altezza delle attese legittime di Milano. Fra l’altro è il terreno su cui i cattolici milanesi e la Chiesa ambrosiana sono in perenne movimento: dalla Caritas al Banco Alimentare al Don Gnocchi, a quello che fa don Colmegna a tanti altri. Ne ho avuto l’ultima testimonianza durante l’Expo. Le opere dei cattolici ambrosiani sono un pilastro della milanesità.
Lei è stato il city manager di palazzo Marino con il sindaco Letizia Moratti: come mai nel 2016 si candida sindaco con il centro-sinistra?
Con l’amministrazione Moratti, per un anno, ho svolto un incarico tecnico, manageriale. Nella mia vita professionale ho sempre gestito grandi organizzazioni: l’ultima è stata l’Expo. Ma politicamente mi sono sempre sentito a casa mia nel campo progressista: nel centro-sinistra, nella sinistra progessista. Lo avrebbe potuto chiedere anni fa, fin di tempi dell’Ulivo, a Romano Prodi, Pierluigi Bersani o Enrico Letta: le avrebbero confermato che Giuseppe Sala è di centro-sinistra.
Lei ha già più volte prospettato una giunta comunale aperta a figure che possano dare apporti reali all’amministrazione. Ci saranno assessori non Pd?
Io ho già annunciato che se sarò il candidato sindaco, sarò alla guida di una lista civica con il mio nome. Ho deciso di partecipare alle primarie del Pd perché mi riconosco nel riformismo di centro-sinistra. Se sarò eletto sindaco, come candidato del Pd, credo sarà mio dovere garantire a una città come Milano la miglior giunta possibile.
(Antonio Quaglio)
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