Diciamolo: queste primarie sono state un successo prepotente, hanno occupato pagine di giornali, ore di interviste e programmi tv, inondato i social, riempito sale, cinema e teatri. Sembravano le elezioni, complice il fatto che, a parte il tenero Passera, dall’altra parte ha prevalso il vuoto pneumatico. Allora vediamo alcune cose che ci sono piaciute e altre che ci hanno fatto sorridere.



I candidati: voto 10 — Caratteri assortiti meglio di una commedia goldoniana, hanno dato vita ad uno spettacolo a metà tra un film di Nanni Moretti e uno dei fratelli Vanzina. La donna moderna, in carriera, che non rinuncia ai figli né alla carriera, androgina nel look e negli interessi, ma sorridente e affabile; il manager di carriera, abituato a decidere da solo, che in qualsiasi circostanza “ci pensa lui”, scaraventato in un mondo di periferie e bar di quartiere, circoli di partito e aree dismesse, che sembra un pesce fuor d’acqua; il giovane scapestrato, con le scarpe logore e la battuta pronta, che piace più alle donne che agli elettori; lo sconosciuto misterioso, di cui ci si ricorda solo quando fa capolino, come quarto, sui cartelloni pubblicitari. Non sono mancate anche le dichiarazioni d’amore (tutte dirette a Majorino, tutte non corrisposte) e i tradimenti (su tutti quelli di Pisapia, che non corre, fa l’arbitro, poi allena una squadra e poi, nemesi, “scende in campo”). Oscar.



I programmi: voto 5 — E’ vero che la politica è possibilità di sognare, ma forse ci siamo fatti prendere la mano. Abbiamo assistito ad una città navigabile, dove i mezzi pubblici sono gratuiti, dove tutti hanno uno stipendio (“di cittadinanza”) e una casa (“social housing”); abbiamo sentito che si può vendere lo stadio, il carcere, le stazioni; abbiamo ascoltato di scuole nuove, linde e pulite, università all’avanguardia, laboratori di ricerca, start up, silicon valley. Abbiamo saputo che tutti potremo partecipare a tutto, andare solo in bicicletta, zero emissioni, tutti accolti, tutti di nuovo amici. Io preferisco ancora Milano. Mirabilia.



I partiti: voto 3 — Quelli che ci sono o si nascondono o non sanno che cosa fare: il Pd, dopo l’esperienza dell’appoggio a Stefano Boeri, naufragato contro la rivoluzione gentile di Pisapia, ha deciso di non schierarsi, di fare la “segreteria organizzativa”, far sparire logo, nome e simbolo. Sel ha cambiato idea più volte di Sandro Bondi, appoggiando tutti e nessuno, partecipando e uscendo. Altri cespugli del centrosinistra non pervenuti. E chi ha bussato, alla porta della coalizione (Ncd, Verdini, i Liberali) è stato cacciato con sdegno: viva la politica!

Giuseppe Sala: voto 7 — Gioca una partita tutta politica, che non è la sua. Si adatta al ruolo, incassa bene, parla un’altra lingua e sa farsi apprezzare. Ha intorno una squadra valente, capace di supplire alle sue mancanze. Non sempre dice la cosa giusta, ma di sicuro promette di pensarci lui. Superbo. 

Pierfrancesco Majorino: voto 9 — Non ha nulla da perdere, e, sembra, tutto guadagnare. Corteggiatissimo dalla Balzani (perché si ritiri) e da Sala (perché rimanga), si gode un posto al sole, ha la battuta pronta e la promessa facile di chi, tanto, non avrà mai l’onere della prova. Fa quello di sinistra perché si è occupato di sociale, senza che nessuno sappia davvero cos’ha fatto. Radicale.

Francesca Balzani: voto 4 — Non riesce ad essere simpatica, né piace la sua competenza. Prova a graffiare, senza essere molto credibile. Promette mezzi gratis dopo aver raddoppiato il biglietto, esulta per sondaggi improbabili dopo aver detto che non li guarda. Del resto, è molto difficile, per un politico, comunicare la propria idea utilizzando il bilancio, come per una donna sedurre il proprio uomo con una calcolatrice. Algida.

Antonio Iannetta: s.v. — Entra, ma non incide. Auguri!