Giuseppe Sala, il soprannominato “mister Expo”, vince le primarie del Pd a Milano e quindi sfiderà l’improvvisato e ancora sconosciuto avversario (Stefano Parisi?) che metterà in campo il centrodestra.
A questo punto tutti i crismi della procedura di nomina e di scelta sono stati rispettati. Il “suggerimento” del segretario Pd e presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è stato onorato. La primarie che sono diventate di moda, dopo il crollo dei partiti, si sono svolte regolarmente, con qualche strascico polemico. Sala se le è aggiudicate, vincendo con il 42,3 percento.
In un panorama politico che appare piuttosto confuso, si può dire che Milano, dopo il successo dell’Expo, sembra la grande città italiana più in linea con la politica di Renzi e dell’attuale Pd.
I ragionamenti che si possono fare intorno ai risultati sono piuttosto complessi e possono apparire anche piuttosto speciosi. Sala vince e batte bene il candidato, Francesca Balzani, suggerito dal sindaco uscente Giuliano Pisapia. La Balzani raccoglie il 34 per cento di coloro che hanno sfidato la cattiva giornata di ieri a Milano per andare alle urne. Il terzo incomodo, Pierfrancesco Majorino, apprezzato assessore alle Politiche sociali ed esponente storicamente più a sinistra del Pd, si ferma intorno al 23 per cento. Solo una presenza quella del quarto candidato di queste primarie, Antonio Iannetta, che è stato votato dall’uno percento del limitato elettorato delle primarie, che dovrebbe essere principalmente costituito dai militanti e dai simpatizzanti più attivi del Pd.
Se il problema di Renzi e dell’ambiente che sta intorno a Sala era quello di spostare al centro il partito a Milano, si può dire che la missione è completamente riuscita. Beppe Sala può andare in giro anche con un megafono reclamando la sua appartenenza di sinistra, ma che si sia “convertito” dopo l’apprendistato con Marco Tronchetti Provera e soprattutto con Bruno Ermolli e come “city manager” della giunta di Letizia Moratti è veramente difficile smentirlo.
Non si sa se questo sia il cammino verso il cosiddetto “partito della nazione”, ma certamente la vecchia sinistra, quella che militava nel vecchio Pci e che ha attraversato il “deserto”, dopo la caduta del Muro di Berlino e l’implosione dell’Urss, verso un cosiddetto “riformismo” è veramente minoritaria attualmente.
Si potrebbe obbiettare a questa analisi improvvisata che sommando i voti della Balzani e quelli di Majorino, caratterizzati più a sinistra, il candidato di Renzi sarebbe stato sconfitto. Ma questo fa parte di discorsi che lasciano il tempo che trovano, perché di fatto questo calcolo era presumibile anche prima dell’apertura delle urne ed evidentemente o c’era un “patto segreto” di uno dei due con Sala, o ci sono due sinistre inconciliabili nell’attuale Pd, oppure i due candidati più a sinistra non si fidano l’uno dell’altro.
Ci sono poi alcune considerazioni da fare su questo tipo di primarie. Colmeranno anche il vuoto della selezione che un tempo avveniva nel partito, ma sono veramente un episodio che dura poco tempo e non si possono certo rapportare alle classiche primarie americane. Meglio non fare confusioni al proposito.
C’è da aggiungere che non fanno bene a queste consultazioni partecipazioni improvvisate, anche se non certo determinanti, di gruppi intruppati di residenti cinesi o di altre etnie con foglietti scritti in mano. Occorre poi ricordare che in questa occasione i partecipanti alle primarie sono stati inferiori per numero a quelli della passata consultazione, quella che designò Pisapia. Si parla di circa 6-7mila persone in meno. Il fatto può dipendere dalla cattiva giornata, oppure dalla disaffezione, o ancora dalla convinzione che il centrosinistra è dato in ogni caso vincente e quindi qualsiasi candidato, nella testa di un militante di centrosinistra, può battere oggi il rivale di centrodestra che appare diviso in mille rivoli.
Tutto è comunque prematuro, in questo momento.
Resta un fatto da chiarire, dopo questo periodo di designazione con strascichi non duri ma abbastanza polemici: qual è il programma di questi candidati? L’aspetto più carente in queste primarie è apparso proprio, se non in alcuni dettagli, una contrapposizione in tema di programmi. Appariva più evidente la conta degli schieramenti. Forse adesso sarà il momento di far capire quale Milano ha in mente il Pd, il partito favorito e che ha nominato Beppe Sala, sull’onda del successo dell’Expo, a candidato sindaco.