Soldi ce ne sono pochini e la domanda di welfare vecchio e nuovo aumenta. Come uscirne? Standardizzando le attività sociali? Teoricamente si avrebbe una riduzione dei costi, ma “niente di quello che ha a che fare con gli esseri umani è standardizzabile”, dice sintetizzando Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere non profit e coordinatrice del dibattito che ha raccolto più operatori del settore. Continuare a ridurre i costi? E se invece ci fossero altre risorse da liberare? Risorse che non si trovano nei bilanci ma che esistono, anche in abbondanza e che vanno valorizzate, come sanno bene, ad esempio i tanti milanesi impegnati nelle tante realtà del privato sociale: associazioni, fondazioni, cooperative sociali, il cosiddetto mondo del Terzo Settore, protagonista del welfare “sussidiario”.
E come mostra l’esempio della Cooperativa Martinengo proposto da Suor Fulvia. La cooperativa fa assistenza domiciliare solo nelle zone 4 e 5 di Milano, tiene a precisare, perché penetrare in un territorio è importante e le loro forze permettono di coprire queste zone. Con risultati di tutto rispetto: l’hanno scorso hanno seguito 200 minori con le loro famiglie, 500 malati e famiglie; l’ambulatorio che hanno presso il convento ha erogato circa 600 prestazioni infermieristiche. Dall’intervento di Costantina Regazzo, direttore dei servizi di Fondazione Progetto Arca che gestisce l’hub migranti di Milano, la parola che emerge non è una di quelle che ti aspetteresti: integrazione, sicurezza, sostenibilità, ma condivisione. “Solo nella giornata di oggi”, ha detto, “nel nostro centro sono arrivati 50 nuovi immigrati”. C’è tanto da fare in poco tempo, si può farlo solo con i tanti diversi contributi che portano in tantissimi, tra cui 700 volontari.
Maurizio Ferrera, esperto di politiche sociali, si sofferma innanzitutto sul titolo del convegno, “Città della dignità e della possibilità”, sottolineando che la dignità di ogni persona va riconosciuta, rispettata e messa nelle condizioni di poter contare sul fatto di avere abbastanza per vivere. Come rispondere, quindi, per Ferrera ai bisogni crescenti di welfare? Mettendo in rete le risposte esistenti, pubbliche e private, valorizzando di queste ultime anche gli apporti finanziari; estendendo tali risposte quanto più possibile sul territorio (in senso orizzontale) e in senso verticale, ad esempio imparando ad utilizzare più e meglio le risorse dell’Unione europea.
Un altro modo per Ferrera è facilitare l’accesso al primo welfare. Il nostro welfare di Stato infatti prevede molte possibilità, ad esempio i sussidi di sostegno al reddito, che però non è facile conoscere e a cui non è semplice accedere, soprattutto per le persone ai margini. Alla direttrice del progetto di ricerca “Percorsi di secondo welfare”, Franca Maino, il compito di sottolineare il fatto che sempre di più le amministrazioni locali stanno riconoscendo la necessità e l’importanza di valorizzare i soggetti non pubblici raccogliendo dal territorio esempi di buone prassi.
Sergio Silvotti, Presidente di Fondazione Triulza, dà il senso sintetico al passo che il Terzo Settore dovrebbe fare: “noi del Terzo Settore dobbiamo svegliarci, siamo portatori di risorse e in quanto tale dobbiamo impostare in modo diverso il rapporto con la Pa, negoziando gli obiettivi e gli indicatori con cui valutarli. In una estrema trasparenza e chiarezza dei ruoli”. Il tema del lavoro viene introdotto citando il discorso di papa Francesco ai movimenti popolari in Bolivia: “Non basta lasciare cadere alcune gocce quando i poveri agitano questo bicchiere che mai si versa da solo. I piani di assistenza che servono a certe emergenze dovrebbero essere pensati solo come risposte transitorie, occasionali. Non potrebbero mai sostituire la vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale”.
Per il Segretario confederale della Cisl Gigi Petteni, Milano si trova già al dopo crisi, e questo dà la possibilità di guardare al mercato del lavoro con occhi nuovi, ad esempio, di considerare la formazione continua “il vero articolo 18”, come lui ripete ai suoi figli. Oppure di ripensare qual è il vero ruolo del lavoro e del luogo di lavoro nella vita di una persona, dando alla parola flessibilità un contenuto diverso, se è vero che una recente indagine rivela che le persone preferirebbero avere più tempo a disposizione per sé che un aumento in busta paga. Una strada ancora tutta da tracciare, nuova, come nuove sono tutte le strade con cui si affrontano i bisogni umani.