“C’è una grande sintonia tra quanto propone Giorgio Vittadini per Milano e quanto intende attuare Giuseppe Sala. In teoria anche Stefano Parisi potrebbe essere d’accordo con questi valori, ma c’è una differenza. Da una parte c’è una coalizione di centrosinistra compatta, dall’altra ci sono Lega nord e Fratelli d’Italia che su determinate politiche sono pronti a farsi sentire”. E’ l’analisi di Gianpietro Borghini, ex governatore della Lombardia dal 1990 al 1992, sindaco di Milano fino al 1993, quindi assessore alle Opere pubbliche della giunta Formigoni e direttore generale del Comune di Milano sotto la giunta Moratti. Nel suo editoriale su ilsussidiario.net e su Avvenire, Giorgio Vittadini ha osservato: “La sinistra deve decidere se rimanere ancorata a schemi ideologici o se riconoscere la capacità di rispondere ai bisogni che è presente nella società”. Sempre su Avvenire, Giuseppe Sala gli ha risposto: “Non posso naturalmente rispondere per la sinistra in generale, ma per quanto riguarda una mia eventuale giunta la risposta è certamente sì”.



Borghini, che cosa ne pensa dei due interventi su Avvenire di Vittadini e Sala?

Sono entrambi due interventi davvero di grande livello, che hanno il pregio di far fare alla campagna elettorale un salto di qualità. Finora si era parlato soltanto dei conti dell’Expo, mentre si parla molto poco dei grandi temi che la città ha di fronte a sé. Il pregio dell’articolo di Vittadini è proprio quello di mettere al centro i temi di fondo: dove sta andando Milano e che cosa si pensa di fare per il futuro della città. Al di là del merito, già solo il fatto di avere sollevato questi argomenti è un fatto importante.



Sala dice di essere d’accordo con Vittadini, ma la sua coalizione è davvero pronta a seguirlo?

Sui temi posti da Vittadini, Sala ha quantomeno con sé l’intero Pd e la sua stessa lista, e probabilmente anche qualche altra frangia della coalizione. Non credo quindi che Sala possa essere condizionato rispetto alla volontà di andare nella direzione che ha esplicitato su Avvenire. Del resto il candidato sindaco fa un’affermazione politica cruciale quando scrive che pubblico e privato hanno ruoli diversi ma uguale valore. Citando Dionigi Tettamanzi e Carlo Cattaneo, dà l’idea di voler andare verso la sussidiarietà e un protagonismo della società. Sala ha maggiori probabilità di reggere su questa linea rispetto a Parisi.



Perché ritiene che Parisi sia più lontano rispetto a quanto proposto da Vittadini?

Non dico questo, anzi penso che il candidato del centrodestra condivida le posizioni di Vittadini. Essendo una persona preparata, Parisi non può che riconoscere una delle caratteristiche essenziali di Milano: la capacità di collaborazione tra pubblico e privato. Poi però bisognerà vedere se alla prova dei fatti Lega nord e Fratelli d’Italia saranno d’accordo.

Che cosa può fare il Comune per dare vita a una città aperta e solidale nei confronti degli immigrati?

Le capacità di accoglienza di Milano sono molto ampie, bisogna chiaramente favorirle attraverso politiche di sostegno per chi ospita. Il Comune ha in mano due leve: da un lato può fornire le condizioni e dall’altra politiche di accoglienza e assistenza utilizzando voucher spendibili. Questo già accade in parte con l’assistenza sociale , ma potrebbe accadere anche con l’accoglienza in fase di emergenza.

 

Come si traduce quanto affermato da Vittadini rispetto alle grandi aziende municipalizzate milanesi?

In particolare per quanto riguarda sport e tempo libero il Comune da solo è in grado di fare poco o niente. Ha bisogno invece di un protagonismo di altri soggetti, altrimenti l’offerta pubblica diventa veramente miserabile. L’altro campo che ha bisogno di grande prospettiva è la casa. E’ qui che la dimensione privata emerge con più forza, mentre il ruolo del pubblico è sempre più quello di regolatore e fornitore di occasioni. E’ finita l’epoca dell’edilizia popolare per i poveri a spese del Comune, ed è iniziata quella dell’housing sociale. In questo ambito il ruolo sussidiario del privato diventa decisivo.

 

In che modo può concretizzarsi questo ruolo?

Nel capoluogo lombardo abbiamo già un’esperienza importante in questo senso. Nel 2004 ho firmato una legge che solo a Milano ha consentito di costruire quasi 25mila appartamenti sulle aree standard. In queste aree si è potuto intervenire con l’housing sociale. I protagonisti sono stati Cariplo e cooperative, mentre i gestori sono le innumerevoli organizzazioni che sono in grado di compiere questo mestiere. Si è quindi rotta la logica delle liste comunali e si è aperta una pagina nuova. A questo livello c’è grande spazio per una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, con il Comune che predispone un piano dei servizi in grado di favorire l’housing sociale.

 

L’housing sociale era previsto anche nel Piano di governo del territorio voluto dalla giunta Moratti e bocciato da Pisapia. Perché?

Più che altro la giunta Pisapia ha scelto di non applicarlo, che è una cosa diversa. Avendo quindi annunciato con un anno di anticipo l’intenzione di non candidarsi, Pisapia ha perso ogni forza politica e non è riuscito a far passare la delibera sugli scali ferroviari. Quest’ultima però aveva al suo interno una proposta importantissima per quanto riguarda l’housing sociale. Stiamo parlando di un’offerta di edilizia da parte di molteplici operatori che si rivolgono al mercato medio sia per la vendita sia per l’affitto.

 

(Pietro Vernizzi)