È l’unico ciellino candidato nella lista di Beppe Sala, ma lui, Ernesto Sarno, avvocato penalista 48enne nato in Calabria ma trapiantato a Milano dove vive con moglie e due figlie (che frequentano una scuola paritaria), non si sente solo. «Da sempre sono attivo nell’ambito sociale», dice. «Sono portato all’ascolto, al dialogo, trovo il buono nelle idee degli altri, cerco soluzioni. Naturalmente esiste un ”come”, e io credo fermamente che il ”come” sia la sussidiarietà: con l’esperienza di Expo, quindi con i fatti, Beppe Sala ha dimostrato di sapere attivare questa collaborazione con ottimi risultati, riconoscendo al mondo del non profit e del volontariato un ruolo centrale». 



D’accordo, Sarno, ma come spera lei di convincere chi rimane scettico sulla possibilità di votare un sindaco e un’amministrazione che si presenta in qualche modo in continuità con la giunta Pisapia?

Con le mie idee e la mia storia. Tre anni fa sono stato tra i fondatori del “Comitato MI’mpegno”: un gruppo di amici, nato con l’obiettivo di creare un dialogo fra gli amministratori pubblici e la città, in particolare sui temi del lavoro, della sussidiarietà, del territorio, dello sviluppo. Ci hanno definiti “Un ponte tra cittadini e Istituzioni”. Un concetto bellissimo e attuale (”ponti” è una delle parole più usate da papa Francesco, di questi tempi), che vorrei portarmi dietro in tutto ciò che farò. La scelta di candidarmi alle elezioni amministrative è la diretta conseguenza di tutto ciò che ho fatto finora: impegnarmi affinché Milano sia sempre più bella, più giusta, più accogliente e più ricca di opportunità.



Scendiamo su un terreno più concreto. Quali sono le sue priorità? Di che cosa si occuperà se siederà in Consiglio Comunale?

Parto da due temi che conosco bene e che, anzi, vedo come un tema solo: sicurezza e welfare. La sicurezza si persegue con le leggi, con l’operato della magistratura e delle forze di polizia, non ci sono dubbi (sono pur sempre un penalista). Ma anche con l’urbanistica, con i servizi sociali, le opportunità e i sostegni alla famiglia, con la cultura, con il lavoro, con una presenza più capillare del trasporto pubblico. Perché ogni centimetro di spazio pubblico restituito alla socialità dei cittadini è un centimetro di spazio in meno alla criminalità. E per fare questo, la collaborazione fra pubblico, privato e privato sociale è indispensabile: le organizzazioni del privato sociale sono capillari, competenti, non burocratiche, radicate sul suo territorio; conoscono i problemi, li vivono quotidianamente. Il pubblico deve avere la visione d’insieme, la capacità di indirizzo, la strategia.



Questo per quanto riguarda la sicurezza. E il welfare? Lei come vede questo settore così importante anche per le famiglie milanesi?

In questo settore delicatissimo, di cui Milano è stata e continua a essere un vero e proprio laboratorio di innovazione, serve un salto di qualità sul metodo, che io sono convinto debba essere, ancora, la sussidiarietà: non come ricorso all’intervento del non profit che segni il limite dell’efficienza del servizio pubblico, ma come rapporto rinnovato tra pubblico e privato, in cui il privato a pieno titolo contribuisca con l’esperienza sul campo a determinare le strategie per fronteggiare le sfide sulle politiche della famiglia, sulle politiche del lavoro e sul mondo dei giovani. Perché Milano, per esempio, diventi veramente una città in cui essere donna e mamma sia possibile e non costituisca un’obiezione all’efficientismo ma al contrario una ricchezza riconosciuta e pubblicamente sostenuta. Però mi permetta di fare una sottolineatura importante…

 

Prego.

Il welfare deve occuparsi anche dell’educazione. M’impegno a sostenere la libertà di educazione: a mio avviso è necessario continuare a sostenere il settore con finanziamenti a scuole pubbliche e paritarie nel rispetto di un sistema basato sui costi standard. M’impegno quindi a favorire la creazione di un sistema di offerta formativa integrato pubblico privato e per una maggiore integrazione del sistema scolastico con le imprese e con i soggetti privati e non profit. Sono convinto che essere liberi di educare e di trasmettere i valori culturali in cui crediamo, fondativi della nostra comunità ambrosiana, ed essere allo stesso tempo liberi di accogliere la proposta da parte degli istituti e delle opere che da tali valori sono mossi, è fondamentale per la crescita delle generazioni future e delle nostre famiglie.

 

La sua visione è chiara, crede però che potrà essere accettata anche da altre componenti di una futura giunta Sala, cioè dalla sinistra?

Ho l’ambizione di rappresentare il tentativo di un dialogo nuovo e virtuoso fra la sinistra di oggi ed il mondo dei moderati. Io vengo dal mondo cattolico, e la mia convinzione è che in questo momento storico, nel dialogo tra il mondo da cui provengo e la sinistra di oggi ci siano le potenzialità per creare un cambiamento positivo e per fare un salto in avanti. Milano è una città che continuerà a crescere ed a cambiare. Questo è un processo inarrestabile: noi possiamo scegliere di esserne spettatori oppure, come ho scelto di fare io, partecipare attivamente portando in questo processo la visione di comunità con la quale sono cresciuto.